«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

Massima

La sez. I Milano, del TAR Lombardia, con la sentenza 19 maggio 2022 n. 1158, legittima la possibilità di avvalersi di consulenti esterni alla Commissione di gara, quale supporto tecnico a fronte dell’emersione di criticità, non certo per supplire il processo valutativo che rimane di esclusiva competenza dei suoi membri.

L’esperienza degli esperti

In effetti, l’esperienza dei componenti del seggio di gara (specie per gli affidamenti da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa), esigerebbe una composizione fatta da soggetti esperti nell’area di attività in cui ricade l’oggetto del contratto, ma non necessariamente in tutte e in ciascuna delle materie tecniche e scientifiche o addirittura nelle tematiche alle quali attengono i singoli e specifici aspetti presi in considerazione dalla lex specialis di gara ai fini valutativi[1].

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Consulenti esterni in Commissione di gara

Consulenti esterni in Commissione di gara

Massima

La sez. I Milano, del TAR Lombardia, con la sentenza 19 maggio 2022 n. 1158, legittima la possibilità di avvalersi di consulenti esterni alla Commissione di gara, quale supporto tecnico a fronte dell’emersione di criticità, non certo per supplire il processo valutativo che rimane di esclusiva competenza dei suoi membri.

L’esperienza degli esperti

In effetti, l’esperienza dei componenti del seggio di gara (specie per gli affidamenti da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa), esigerebbe una composizione fatta da soggetti esperti nell’area di attività in cui ricade l’oggetto del contratto, ma non necessariamente in tutte e in ciascuna delle materie tecniche e scientifiche o addirittura nelle tematiche alle quali attengono i singoli e specifici aspetti presi in considerazione dalla lex specialis di gara ai fini valutativi[1].

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La sentenza

La sez. III del TAR Veneto, con la sentenza n. 939 del 7 giugno 2022, interviene nell’affermare la piena legittimità di un’ordinanza sindacale con la quale si delimitava l’orario di apertura delle sale gioco, rilevando il motivato corredo istruttorio (apporto accertativo, tecnico e fattuale) a sostegno del provvedimento le cui premesse “politiche” fondavano sulla volontà di ridurre da una parte, il fenomeno del “gioco d’azzardo patologico” (GAP, con conseguenze sul disfacimento dei rapporti familiari/sociali)[1], dall’altra, i pregiudizi estremi dell’alimentare l’usura (o altra attività criminosa)[2].

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Limiti all’orario di apertura delle sale giochi

Limiti all’orario di apertura delle sale giochi

La sentenza

La sez. III del TAR Veneto, con la sentenza n. 939 del 7 giugno 2022, interviene nell’affermare la piena legittimità di un’ordinanza sindacale con la quale si delimitava l’orario di apertura delle sale gioco, rilevando il motivato corredo istruttorio (apporto accertativo, tecnico e fattuale) a sostegno del provvedimento le cui premesse “politiche” fondavano sulla volontà di ridurre da una parte, il fenomeno del “gioco d’azzardo patologico” (GAP, con conseguenze sul disfacimento dei rapporti familiari/sociali)[1], dall’altra, i pregiudizi estremi dell’alimentare l’usura (o altra attività criminosa)[2].

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La sez. I del TAR Veneto, con la sentenza 19 maggio 2022 n. 758, interviene per delimitare il potere sindacale in materia di viabilità, precludendo al Sindaco (organo elettivo) di istituire un divieto di circolazione su una strada comunale, essendo questo potere in capo all’organo tecnico, pur vigendo una previsione di legge da interpretarsi alla luce dei principi di separazione tra “politica” e “amministrazione” e della successione delle leggi[1].

Il pronunciamento avviene (nella sua essenzialità) a seguito di ricorso avverso un’ordinanza sindacale di divieto di transito (da parte di alcuni mezzi) in una strada comunale, impedendo l’accesso alla clientela di un’azienda agricola, ritenuta affetta da una molteplicità di vizi, quale quello dell’incompetenza.

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Il Sindaco privo di potere sindacale in ambito viabilistico

Il Sindaco privo di potere sindacale in ambito viabilistico

La sez. I del TAR Veneto, con la sentenza 19 maggio 2022 n. 758, interviene per delimitare il potere sindacale in materia di viabilità, precludendo al Sindaco (organo elettivo) di istituire un divieto di circolazione su una strada comunale, essendo questo potere in capo all’organo tecnico, pur vigendo una previsione di legge da interpretarsi alla luce dei principi di separazione tra “politica” e “amministrazione” e della successione delle leggi[1].

Il pronunciamento avviene (nella sua essenzialità) a seguito di ricorso avverso un’ordinanza sindacale di divieto di transito (da parte di alcuni mezzi) in una strada comunale, impedendo l’accesso alla clientela di un’azienda agricola, ritenuta affetta da una molteplicità di vizi, quale quello dell’incompetenza.

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La sentenza

La sez. I del TAR Marche. con la sentenza 4 maggio 2022, n. 272, interviene per chiarire le operazioni di verbalizzazione di una Commissione di gara, qualora un proprio componente intenda dissentire rifiutandosi di sottoscrivere il verbale.

Il verbale

È noto che il verbale redatto da una Commissione non è atto collegiale, ma solo un documento che attesta, con le dovute garanzie legali, il contenuto della volontà dell’organo, rilevando che:

  • non deve necessariamente contenere la descrizione minuta di ogni singola modalità di svolgimento, ma deve riportarne soltanto gli aspetti salienti e significativi, tali da riscontrare la correttezza delle operazioni eseguite;
  • non tutte le operazioni compiute ed i fatti accertati devono essere necessariamente documentati, ma solo quelli che, secondo un criterio di ragionevolezza, assumono rilevanza proprio in relazione alle finalità cui l’attività di verbalizzazione viene effettuata;
  • l’attività certificativa insita nel verbale rimarcata dal regime di fidefacienza[1] che presidia la valenza dimostrativa dell’atto[2];
  • sono mere irregolarità formali non invalidanti la mancata indicazione del verbalizzante o della data di verbalizzazione, che può essere diversa dalla data della seduta, quest’ultima da riportare necessariamente[3];
  • la mancanza di firma da parte di uno dei commissari, ove non sia determinata dalla mancata partecipazione di questi alla seduta, non inficia la validità del verbale ma concreta una mera irregolarità sanabile[4];
  • l’efficacia probatoria qualificata deve essere contestata con il ricorso al rimedio tipico della querela di falso (e non con una semplice esternazione di invalidità)[5]: l’esame di ogni questione concernente l’alterazione nel verbale della realtà degli accadimenti e dell’effettivo svolgersi dei fatti va contestata con formale denuncia[6];
  • il verbale (delle Commissioni di gara/concorsuale) costituisce un atto pubblico (ex 2700 del cod. civ. dispone che l’atto pubblico fa piena prova, sino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti), che è assistito da fede privilegiata, facendo prova sino a querela di falso di quanto in esso attestato[7];
  • il verbale di una procedura amministrativa – a differenza di quanto avviene, ad esempio, per l’atto pubblico notarile – non richiede in linea di principio di essere redatto a pena di invalidità con forme e menzioni particolari, sicché chi ne contesta la legittimità non può limitarsi a dedurre in proposito solo la mancata menzione a verbale della regolarità delle operazioni in ogni loro singolo passaggio, ma ha l’onere di provare in positivo le circostanze e gli elementi idonei a far presumere che una qualche irregolarità abbia avuto luogo con pregiudizio nei suoi confronti (quando manca tale prova, si può desumere che le operazioni non descritte nel verbale si siano svolte secondo quanto le norme prevedono)[8].

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Verbalizzazioni e rifiuto alla sottoscrizione del verbale di gara

Verbalizzazioni e rifiuto alla sottoscrizione del verbale di gara

La sentenza

La sez. I del TAR Marche. con la sentenza 4 maggio 2022, n. 272, interviene per chiarire le operazioni di verbalizzazione di una Commissione di gara, qualora un proprio componente intenda dissentire rifiutandosi di sottoscrivere il verbale.

Il verbale

È noto che il verbale redatto da una Commissione non è atto collegiale, ma solo un documento che attesta, con le dovute garanzie legali, il contenuto della volontà dell’organo, rilevando che:

  • non deve necessariamente contenere la descrizione minuta di ogni singola modalità di svolgimento, ma deve riportarne soltanto gli aspetti salienti e significativi, tali da riscontrare la correttezza delle operazioni eseguite;
  • non tutte le operazioni compiute ed i fatti accertati devono essere necessariamente documentati, ma solo quelli che, secondo un criterio di ragionevolezza, assumono rilevanza proprio in relazione alle finalità cui l’attività di verbalizzazione viene effettuata;
  • l’attività certificativa insita nel verbale rimarcata dal regime di fidefacienza[1] che presidia la valenza dimostrativa dell’atto[2];
  • sono mere irregolarità formali non invalidanti la mancata indicazione del verbalizzante o della data di verbalizzazione, che può essere diversa dalla data della seduta, quest’ultima da riportare necessariamente[3];
  • la mancanza di firma da parte di uno dei commissari, ove non sia determinata dalla mancata partecipazione di questi alla seduta, non inficia la validità del verbale ma concreta una mera irregolarità sanabile[4];
  • l’efficacia probatoria qualificata deve essere contestata con il ricorso al rimedio tipico della querela di falso (e non con una semplice esternazione di invalidità)[5]: l’esame di ogni questione concernente l’alterazione nel verbale della realtà degli accadimenti e dell’effettivo svolgersi dei fatti va contestata con formale denuncia[6];
  • il verbale (delle Commissioni di gara/concorsuale) costituisce un atto pubblico (ex 2700 del cod. civ. dispone che l’atto pubblico fa piena prova, sino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti), che è assistito da fede privilegiata, facendo prova sino a querela di falso di quanto in esso attestato[7];
  • il verbale di una procedura amministrativa – a differenza di quanto avviene, ad esempio, per l’atto pubblico notarile – non richiede in linea di principio di essere redatto a pena di invalidità con forme e menzioni particolari, sicché chi ne contesta la legittimità non può limitarsi a dedurre in proposito solo la mancata menzione a verbale della regolarità delle operazioni in ogni loro singolo passaggio, ma ha l’onere di provare in positivo le circostanze e gli elementi idonei a far presumere che una qualche irregolarità abbia avuto luogo con pregiudizio nei suoi confronti (quando manca tale prova, si può desumere che le operazioni non descritte nel verbale si siano svolte secondo quanto le norme prevedono)[8].

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L’art. 54 del d.lgs. n. 274/2000, consente al giudice di pace, su richiesta dell’imputato, di poter applicare la sanzione penale sostitutiva con il lavoro di pubblica utilità (LPU), consentendo una modalità diversa di scontare la pena, con riflessi diretti dell’Amministrazione pubblica (ovvero, presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o gli enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato) la quale può utilizzare i soggetti autorizzati per alcune attività di proprio interesse.

In effetti, ai fini del computo della pena, un giorno di lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione, anche non continuativa, di due ore di lavoro.

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Convenzione per lavori di pubblica utilità

Convenzione per lavori di pubblica utilità

L’art. 54 del d.lgs. n. 274/2000, consente al giudice di pace, su richiesta dell’imputato, di poter applicare la sanzione penale sostitutiva con il lavoro di pubblica utilità (LPU), consentendo una modalità diversa di scontare la pena, con riflessi diretti dell’Amministrazione pubblica (ovvero, presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o gli enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato) la quale può utilizzare i soggetti autorizzati per alcune attività di proprio interesse.

In effetti, ai fini del computo della pena, un giorno di lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione, anche non continuativa, di due ore di lavoro.

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Il pronunciamento

La sez. II Lecce, del TAR Puglia, con la sentenza 27 aprile 2022, n. 676, interviene per delimitare la richiesta risarcitoria a fronte dell’inerzia dell’Amministrazione nell’adottare un’ordinanza di rimozione rifiuti, in assenza di una preventiva messa in mora del silenzio, ex art. 2 della legge n. 241/1990.

Tutela a fronte del silenzio della PA

È noto affinché possa configurarsi il silenzio inadempimento contestabile, ai sensi del combinato disposto dell’art. 2, Conclusione del procedimento, della legge cit. e degli artt. 31, Azione avverso il silenzio e declaratoria di nullità, e 117, Ricorsi avverso il silenzio, c.p.a., occorre che sussista un obbligo di provvedere e che, decorso il termine di conclusione del procedimento, non sia stato assunto alcun provvedimento espresso, avendo tenuto l’Amministrazione procedente una condotta inerte.

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Nessun risarcimento del danno in mancanza della c.d. pregiudiziale attenuata

Nessun risarcimento del danno in mancanza della c.d. pregiudiziale attenuata

Il pronunciamento

La sez. II Lecce, del TAR Puglia, con la sentenza 27 aprile 2022, n. 676, interviene per delimitare la richiesta risarcitoria a fronte dell’inerzia dell’Amministrazione nell’adottare un’ordinanza di rimozione rifiuti, in assenza di una preventiva messa in mora del silenzio, ex art. 2 della legge n. 241/1990.

Tutela a fronte del silenzio della PA

È noto affinché possa configurarsi il silenzio inadempimento contestabile, ai sensi del combinato disposto dell’art. 2, Conclusione del procedimento, della legge cit. e degli artt. 31, Azione avverso il silenzio e declaratoria di nullità, e 117, Ricorsi avverso il silenzio, c.p.a., occorre che sussista un obbligo di provvedere e che, decorso il termine di conclusione del procedimento, non sia stato assunto alcun provvedimento espresso, avendo tenuto l’Amministrazione procedente una condotta inerte.

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