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Articolo Pubblicato il 29 Febbraio, 2016

Commissioni di gara e conflitto di interessi

Commissioni di gara e conflitto di interessi

Le commissioni di gara, al pari delle commissioni di concorso, hanno l’obbligo di essere composte da commissari che dichiarano l’assenza di ogni conflitto di interesse o coinvolgimento nella definizione dell’oggetto di gara, corollario delle regole della trasparenza, con il fondamentalmente scopo di eliminare i rischi di favoritismo e arbitrarietà nei confronti di taluni offerenti o di talune offerte.
La sussistenza di una situazione di incompatibilità dei membri della commissione di gara, tale da imporre l’obbligo di astensione, deve essere valutata ex ante, in relazione agli effetti potenzialmente distorsivi che il sospetto difetto di imparzialità è idoneo a determinare in relazione alla situazione specifica, ma anche con estrema cautela in relazione alla sua portata soggettiva, onde evitare che la sussistenza dell’obbligo di astensione possa essere estesa a casi e fattispecie in alcun modo contemplate dalla normativa di riferimento.
La giurisprudenza comunitaria dichiara che il conflitto d’interessi comporta il rischio che l’amministrazione aggiudicatrice pubblica si lasci guidare da considerazioni estranee all’appalto in oggetto e che sia accordata una preferenza a un offerente unicamente, perfezionando la violazione dell’articolo 2 della Direttiva n. 18/2004.
L’approdo del conflitto di interessi comporta uno sviamento dalle regole della concorrenza, trattando gli operatori economici su piani diversi, in contrapposizione ai diktat sulla parità di trattamento, sulla non discriminazione, sulla libertà di stabilimento; ne discende che alle regole per vietare il conflitto di interessi è attribuito un ruolo attivo nell’applicazione dei sopra menzionati principi di aggiudicazione degli appalti pubblici.
Non vi è alcun dubbio, allora, che si è in presenza di piena incompatibilità quando un componente di una commissione di gara opera rispetto all’esercizio di poteri amministrativi nei confronti di alcuni soggetti che, in quanto con lui interessati all’esito di altri procedimenti amministrativi e contenziosi, si sia trovato come parte essendo con loro cointeressato in rapporti professionali di un certo rilievo: quando si concreta un rapporto professionale stabile e continuativo, tra il componente della Commissione di gara ed un concorrente, sussiste la presenza del conflitto di interessi.
In merito a tale orientamento giurisprudenziale, va precisato il suo contenuto nel senso che gli interessi economici comuni che integrano posizioni di incompatibilità, non devono essere né formalizzati né necessariamente stabili o continuativi, purchè in concreto esistenti e rilevanti: il corretto esercizio di poteri pubblici in ogni loro forma di esercizio non può soffrire limitazioni in forza di elementi estranei (la natura e la stabilità dei rapporti tra il soggetto chiamato ad esercitare funzioni pubbliche ed il destinatario dell’azione amministrativa posta in essere con il suo concorso).
Acclarato il “conflitto di interessi”, risulta doveroso procedere in autotutela con l’annullamento della procedura di gara, motivando la determinazione dall’acquisizione di notizie dalle quali si desume con “certezza e serietà” di intercorrenti rapporti di conoscenza e professionali, nonché interessi economici comuni tra un componente della commissione e la ditta aggiudicataria.
In presenza di un sodalizio professionale (magari consolidato nel tempo) o di dipendenza si deve dar corso all’avvio del procedimento demolitorio, a seguito della compromissione delle operazioni di gara; venendo meno l’obbligo di astensione vengono meno le indefettibili garanzie della imparzialità e della terzietà dell’organo valutativo, impedendo in tal modo la realizzazione piena dei principi della concorrenzialità e della par condicio dei concorrenti: l’esercizio dell’autotutela non può, pertanto, determinare alcun danno “ingiusto” ma rappresenta un’attività dovuta a presidio della legalità.
È altrettanto legittimo, il provvedimento di annullamento in autotutela dell’aggiudicazione di una gara, motivato con riferimento alla sussistenza di una situazione di incompatibilità di un membro della commissione giudicatrice e, in particolare, alla sussistenza di un vincolo di parentela (affine di secondo grado di uno dei partecipanti) tra detto membro ed un componente del gruppo di professionisti risultato aggiudicatario provvisorio; oppure, nel caso in cui sia stata accertata la sussistenza di un rapporto di parentela tra progettista – direttore lavori e socio accomandatario della società aggiudicataria dei lavori stessi (nella specie, si trattava di padre e figlio).
La posizione soggettiva, come previsto dal comma 46 dell’articolo 1 della Legge n. 190/2012, impedisce di ricoprire il ruolo di componente delle commissioni concorsuali e di gara (lettera c) comma 1) in presenza di una condanna non definitiva; ma, pur tuttavia, di fronte un giudicato di “non doversi procedere per intervenuta prescrizione” (ai sensi dell’art. 529 c.p.p.) che non può essere considerata sentenza di condanna, ciò non impedisce che precedenti condanne, venute meno per intervenuta prescrizione, possano assumere rilievo, per ragioni di opportunità e cautela, per quanto riguarda l’affidamento di particolari compiti e funzioni in commissioni di gara: tale conclusione non contrasta con il principio costituzionale di presunzione di innocenza, perché viene in discussione non una ipotesi di assoluta incompatibilità, ma una valutazione di funzioni comunque affidabili al soggetto che ha riportato la precedente condanna.

(Estratto, Principi comuni degli obblighi di astensione e conflitto di interessi nelle commissioni di concorso e di gara alla luce della Legge n.190/2012, L’ufficio tecnico, 2016, n. 1-2)