«Libero Pensatore» (è tempo di agire)
Articolo Pubblicato il 7 Settembre, 2013

Il diritto allo studio non va discriminato

Il T.A.R. Lazio – Roma, sez. III bis, con la sentenza 2 settembre 2013 n. 8061 interviene per dichiarare l’annullamento del rigetto della richiesta di assegnazione di un insegnante di sostegno ad un minore (in situazione di gravità ai sensi dell’art. 3, comma 3, della Legge 104/1992), imponendo alla P.A. di attivarsi con ogni mezzo per garantire il diritto del minore all’insegnamento di sostegno per un orario adeguato.

È noto che “l’istruzione dell’obbligo per i portatori di handicap deve ormai avvenire non più con gli strumenti delle classi differenziali, ma nelle classi normali della scuola pubblica, salvo ipotesi residuali ed eccezionali di sezioni staccate della scuola statale in centri di degenza e ricovero. A tal fine, per agevolare l’attuazione del diritto allo studio e la promozione della piena formazione della personalità (come diritto primario della persona senza distinzioni, argomentando dagli artt. 2, 3, 34, primo comma, e 38, terzo comma, della Costituzione), sono previste forme di integrazione e di sostegno a favore degli alunni portatori di handicap con impiego di docenti specializzati (sentenza n. 215 del 1987). I particolari titoli di specializzazione per l’adempimento delle ineliminabili (anche sul piano costituzionale) forme di integrazione e di sostegno a favore dei suddetti alunni costituiscono un requisito per l’utilizzazione dei docenti in tali funzioni, con conseguente obbligo per l’Amministrazione di provvedersi degli insegnanti di sostegno forniti di idonei titoli di specializzazione” (Corte Cost., sentenza n.52 del 2000).

 

L’articolo 34 comma 1, della Costituzione Italiana stabilisce che “La scuola è aperta a tutti”.

Nella sua semplice e chiara enunciazione il comma manifesta una conquista dello “Stato sociale”, assicura alla generalità degli individui il diritto (allo studio) di ricevere un’adeguata istruzione, riconosce in “via generale l’istruzione come diritto di tutti i cittadini, pone un principio nel quale la basilare garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo “nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità” apprestata dall’art. 2 Cost. trova espressione in riferimento a quella formazione sociale che è la comunità scolastica. L’art. 2 poi, si raccorda e si integra con l’altra norma, pure fondamentale, di cui all’art. 3. secondo comma, che richiede il superamento delle sperequazioni di situazioni sia economiche che sociali suscettibili di ostacolare il pieno sviluppo delle persone dei cittadini. Lette alla luce di questi principi fondamentali, le successive disposizioni contenute nell’art. 34 palesano il significato di garantire il diritto all’istruzione malgrado ogni possibile ostacolo che di fatto impedisca il pieno sviluppo della persona” (Corte Cost., 3 giugno 1987, n. 215).

Il Tribunale si richiama al proprio precedente (decisione n. 3298 in data 25 ottobre 2010) con le seguenti linee interpretative:

a. l’art. 38, comma 3, Cost., disponendo che “gli inabili e i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale”, dà concretezza ai principi generalissimi che, in relazione ai “diritti inviolabili dell’uomo”, esprime l’art. 2 Cost. e, in relazione alla “pari dignità sociale”, esprime l’art. 3 Cost., quando esige che il principio di eguaglianza sia modulato in funzione anche delle “condizioni personali”;

b. la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 215 del 1987, ha affermato che “la partecipazione del disabile al processo educativo con insegnanti e compagni normodotati costituisce un rilevante fattore di socializzazione e può contribuire in modo decisivo a stimolare le potenzialità dello svantaggiato”; dal che il dovere dello Stato (art. 38, comma 4, Cost.) di rendere concretamente fruibile il diritto all’istruzione attraverso “misure di integrazione e sostegno idonee a garantire ai portatori di handicaps la frequenza degli istituti di istruzione”;

c. la Legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha espressamente riconosciuto al disabile (art. 12) il diritto soggettivo all’educazione ed all’istruzione dalla scuola materna all’università, prevedendo che la fruibilità di tale diritto sia assicurata, tra l’altro, con il ricorso a personale docente specializzato di sostegno;

d. la Legge 27 dicembre 1997, n. 449 ha previsto la possibilità di assumere con contratto a tempo determinato insegnanti di sostegno in deroga al rapporto alunni – docenti stabilito in via generale (art. 40, comma 1);

d. l’art. 2, commi 413 e 414, della Legge 24 dicembre 2007, n. 244, aveva inciso sulle norme da ultimo ricordate fissando rigidamente un limite al numero degli insegnanti di sostegno e sopprimendo radicalmente la possibilità di assumere con contratti a tempo determinato altri insegnanti, in deroga al rapporto docenti-alunni pur se in presenza di disabilità particolarmente gravi;

e. le norme della Legge n. 244 del 2007 (sopra citate) sono state dichiarate costituzionalmente illegittime dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 80 del 26 febbraio in quanto contrastanti con il “quadro normativo internazionale (Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità adottata dall’Assemblea Generale dell’ONU il 13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva con legge 3 marzo 2009, n, 18), costituzionale e ordinario, nonché con la consolidata giurisprudenza di questa Corte a protezione dei disabili”.

– la Corte (sentenza sopra citata) ha osservato che “la scelta … di sopprimere la riserva che consentiva di assumere insegnanti di sostegno a tempo determinato” incide sul nucleo indefettibile di garanzie costituente il limite invalicabile all’intervento normativo discrezionale del legislatore, in quanto “detta riserva costituisce uno degli strumenti attraverso i quali è reso effettivo il diritto all’istruzione del disabile grave… la possibilità di stabilire ore aggiuntive di sostegno appresta una specifica forma di tutela ai disabili che si trovino in condizione di particolare gravità…. (e) non si estende a tutti i disabili a prescindere dal grado di disabilità, bensì tiene in debita considerazione la specifica tipologia di handicap da cui è affetta la persona de qua”.

Appare evidente che il diritto allo studio deve essere garantito a tutti i minori, senza alcuna discriminazione; anzi – annota il G.A. – “nonostante l’handicap del minore sia qualificato grave ai sensi dell’art. 3, comma 3, legge n. 104 del 1992, l’amministrazione dichiara l’impossibilità di garantirgli assistenza di sostegno per un numero di ore pari almeno ad un’intera cattedra, ma solo 14 ore di sostegno settimanali, con motivazioni sostanzialmente calibrate sulla non sufficienza nell’organico della scuola di insegnanti di sostegno”.

In questa ultima osservazione, si potrebbe argomentare che a fronte di un conclamato accertamento tecnico non risulterebbero margini di apprezzamento da parte della P.A.; accertamento (rectius esercizio della discrezionalità tecnica) che priverebbe ogni ulteriore meccanismo di valutazione, essendo in presenza di una condotta vincolata direttamente dal Legislatore che, a fronte di una situazione specifica, autorizza ex lege una deroga alla regola generale (di contenimento della spesa pubblica).

L’esiguità dell’organico non è condizione sufficiente per pregiudicare il diritto fondamentale all’istruzione, dovendo riaffermare che l’Istituzione Scolastica è tenuta (un obbligo di legge) a soddisfare la richiesta dell’insegnante in deroga al rapporto docenti – alunni ordinario – attraverso contratti a tempo determinato con insegnanti di sostegno (già previsti della Legge n. 449 del 1997).

Tale dovere giuridico di provvedere trova conferma anche dalla disciplina sul contenimento della spesa pubblica (vedi l’art. 9, comma 15, del D.L. 31 maggio 2010 n. 78, convertito in legge dalla Legge n. 122/2010, ulteriormente ribadito dall’art. 19, comma 11 del D.L. n. 98/2011 convertito in Legge n. 111/2011) che fa “salva l’autorizzazione di posti di sostegno in deroga al predetto contingente da attivarsi esclusivamente nelle situazioni di particolare gravità di cui all’art. 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104”.

Dal quadro complessivo, il diktat giudiziale impone alle amministrazioni scolastiche di avviare e perfezionare (ergo stipulare un contratto) – con ogni tempestività – l’assunzione “in deroga su posti di sostegno, comprese tutte le iniziative necessarie per assicurare l’adeguata integrazione dell’organico del personale di cui trattasi in relazione al concreto fabbisogno della Istituzione scolastica, avuto riguardo alla domanda presentata”.

La sentenza, nella sua essenzialità, esprime in modo concreto il principio della “sicurezza sociale” garantito dalla Costituzione attraverso l’attuazione di misure idonee ad assicurare il diritto allo studio, impedendo la violazione al pieno godimento dei diritti civili e politici (diritti irripetibili, imprescrittibili, indisponibili, non assoggettabili a misure cautelari o espropriative o di compensazione, impignorabili e insequestrabili).

(pubblicato su Segretarientilocali.it, 9 settembre 2013, anno 13, n.65)