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Articolo Pubblicato il 1 Agosto, 2018

Piena legittimità alle videoriprese del consiglio comunale

Piena legittimità alle videoriprese del consiglio comunale

Processi evolutivi della trasparenza e videoriprese del consiglio comunale

La trasparenza è un principio cogente su cui regge l’intera azione amministrativa, costituisce livello essenziale delle prestazioni (c.d. LEP) erogate dalle amministrazioni pubbliche, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, corollario diretto dell’accesso ai documenti amministrativi al fine di diffondere forme diffuse di controllo sociale sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche (ex art. 1 del d.lgs. n. 33/2013, c.d. decreto trasparenza).

Traslando tali profili di libertà nel sistema delle “Autonomie Locali” non possiamo non rilevare (ex art. 43 del d.lgs. n. 267/2000, c.d. TUEL) che tra i diritti dei consiglieri comunali vi è quello «di iniziativa su ogni questione sottoposta alla deliberazione del consiglio… e di presentare interrogazioni e mozioni» nonché quello «di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge».

Il diritto di accesso, nella più lata accezione(1), potrà avvenire in modalità analogica o, più in generale, in modalità digitale atteso che le Amministrazioni «assicurano la disponibilità, la gestione, l’accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell’informazione in modalità digitale e si organizzano ed agiscono a tale fine utilizzando con le modalità più appropriate e nel modo più adeguato al soddisfacimento degli interessi degli utenti le tecnologie dell’informazione e della comunicazione» (ex art. 2, comma 1 del d.lgs. n. 82/2005, recante il c.d. Codice dell’amministrazione digitale, CAD).

Il Consigliere comunale ha diritto, pertanto, di poter accedere alle informazioni in libertà, senza interferenze interne, e in relazione del doveroso approntamento e del costante adeguamento delle tecnologie informatiche in modalità digitale(2), visto che per “documento amministrativo” deve intendersi «

T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, del 26 ottobre 2018, n. 2408

», ai sensi dell’art. 22, comma 1, lettera d) della legge n. 241/1990.

Vi è da dire che l’esercizio del munus pubblicum non può essere ostacolato – da richieste degli uffici – di motivare le istanze informative e/o per ragioni di riservatezza e/o per essere già stato accordato ad altro soggetto (il diritto conoscitivo), atteso che da una parte, il diritto di accesso è “individuale”, dall’altra parte, il consigliere comunale è tenuto a mantenere il segreto sulle informazioni di cui viene a conoscenza nell’esercizio del potere connesso al ruolo(4), riflettendosi nelle sue doti di libero svolgimento di una funzione pubblica, normativamente protetta, soprattutto nella sua funzionalizzazione all’interno del Consiglio comunale.

In questo contesto argomentativo, risulta altrettanto evidente che la partecipazione del consigliere comunale all’attività del consiglio comunale è un momento vitale per i lavori e il dibattito consiliare, la sua assenza reiterata ne può comportare la decadenza(8), evidenziando che gli interventi attivi del consigliere assumono un ruolo ex se di valutazione motivazionale degli atti assunti dal consiglio, riassumibili a verbale, e la loro documentazione non è indifferente ai fini di comprendere l’iter decisionale e gli effetti voluti sul contenuto finale, identificando individualmente l’apporto del singolo consigliere con il voto espresso.

La discussione e gli interventi sono, entrambi, elementi fondamentali dei diritti dei consiglieri comunali, parte redazionale del verbale, momento di enunciazione delle singole posizioni, apparato istruttorio motivazionale; diversamente opinando sarebbe incomprensibile capire l’attività esercitata e il voto espresso, oltre ovviamente le regole minimali di democrazia, qualora non sia garantito il dibattito e il diritto di parola(10).

In definitiva, la verbalizzazione può essere in grado di integrare la motivazione, e anche se non vi è ragione per derogare dal principio generale secondo il quale gli apprezzamenti dei componenti dell’organo sono destinati ad essere assorbiti nella decisione collegiale finale, costituente momento di sintesi della comparazione e composizione dei giudizi individuali, il verbale di seduta non è altro che “la forma” attraverso la quale si estrinseca la deliberazione che ne costituisce il contenuto(11).

Volendo trasferire in questo dibattito la trasparenza nella sua più estesa definizione, appare evidente che la verbalizzazione degli atti consiliari, e la riproduzione integrale degli interventi dei consiglieri comunali rappresenta la massima espressione della partecipazione degli stessi ai lavori consiliari, al punto che se la verbalizzazione per sintesi degli argomenti svolti da presenti è pienamente legittima sotto il profilo documentale, l’inserimento di dichiarazione sotto dettatura, qualora gli interessati intendano chiedere la riproduzione dei propri interventi in forma integrale e completa, si può ammettere, sostiene la giurisprudenza amministrativa(14), quando gli stessi siano già dotati del proprio testo scritto, che verrà inserito nel verbale esclusivamente in forma di allegato, di cui devono fornire copia al verbalizzante (Segretario comunale) contestualmente o dopo l’avvenuta lettura dello stesso.

Per ovviare a tali limitazioni di natura pratica, la riproduzione sonora o la videoripresa dei lavori consiliari può legittimamente rappresentare la verbalizzazione completa e integrale del dibattito consiliare, e può legittimamente costituire documento amministrativo in qualità di allegato(15), specie quando tali modalità operative sono state recepite in sede regolamentare.

Con questo si può già dichiarare che la verbalizzazione mediante videoripresa assolve nella sua pienezza lo scopo informativo/conoscitivo del verbale, riproducendo fedelmente tutti gli accadimenti e le dichiarazioni dei consiglieri comunali nel momento stesso della loro rappresentazione, con una funzione di prova certa, espandendo al massimo il c.d. interesse pubblico alla conoscenza.

È giusto rammentare che per la riproduzione o la diffusione o portare a conoscenza del pubblico le dichiarazioni dei consiglieri comunali nell’esercizio delle loro funzioni istituzionali (in seduta pubblica nel corso dei lavori consiliari) non è necessario l’acquisizione del consenso degli autori, attesa l’assenza del “carattere confidenziale” delle dichiarazioni, non rientrante nemmeno nell’alveo dell’“intimità della vita privata”, sicché le valutazioni espresse di carattere politico e il loro pronunciamento ad una numero indeterminato di soggetti escludono ogni forma di autorizzazione preventiva sul trattamento dei dati personali, essendo prevalente l’interesse pubblico e il diritto di cronaca(18).

L’analisi anteposta rileva che la trasparenza ha lo scopo di rendere partecipi i cittadini all’attività amministrativa dell’Ente locale, garantendo forme diffuse e generalizzate di controllo sull’organizzazione e sull’utilizzo delle risorse pubbliche, il consigliere comunale ha pieni diritti di intervento nell’attività consigliare, la verbalizzazione del consiglio comunale ha lo scopo di rappresentare i fatti di rilievo avvenuti durante il dibattito consiliare, garantendo al consigliere comunale il pieno diritto a vedersi riportati in forma integrale i propri interventi.

La videoripresa dei lavori consiliari sottende la volontà immanente del consiglio comunale di rappresentare – in forma integrale – la discussione e il dibattito dei consiglieri comunali, che può estrinsecarsi in una diretta streaming, garantendo la partecipazione del pubblico on line in un concetto di trasparenza digitale (democrazia partecipativa, secondo il modello “Freedom Of Information Act”) mediante l’eliminazione di ogni limite fisico, potendo assistere ai lavori in qualsiasi luogo possibile purchè dotato di una linea di trasmissione dati, dall’altro, rappresenta e assolve compiutamente ad una funzione certificativa e documentale che viene ad integrare validamente la verbalizzazione dei lavori consiliari, certificata dalla sottoscrizione elettronica (avanzata, qualificata, digitale)(1) del file video/audio della seduta (con marcatura temporale)(2), allegato al provvedimento consiliare dematerializzato, ex art. 1, comma 1, lettera p) del d.lgs. n. 82/2005, oltre ad assolvere compiutamente il diritto di accesso(3).

In questo processo virtuoso e di semplificazione, sovviene l’art. 3 del CAD che attribuisce a chiunque il diritto di usare, in modo accessibile ed efficace, le soluzioni e gli strumenti di cui al cit. Codice nei rapporti con la P.A., anche ai fini dell’esercizio dei diritti di accesso e della partecipazione al procedimento amministrativo, incentivando le Amministrazioni pubbliche all’uso della telematica, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati per conseguire maggiore efficienza nella loro attività, ex art. 3 bis della legge n. 241/1990.

Il perimetro normativo suggerisce, quindi, che la videoripresa della seduta dell’organo consiliare costituisce una forma di documentazione delle modalità di esercizio del munus di ciascun consigliere comunale e sostanzia un interesse in capo ai consiglieri comunali a veder diffusa nella collettività l’attività da loro svolta, sia nella sua modalità di visione diretta che in differita, nella visione dell’accesso agli atti consiliari, essendo il file un allegato al provvedimento deliberativo(4).

Tale diffusione oltre ad essere garantita alla collettività mediante la diretta e il diritto di accesso civico generalizzato, va garantita allo stesso modo senza discriminazioni di sorta a ciascuno degli eletti, potendo come chiunque poter visionare i filmati delle precedenti sedute consiliari, ribadendo che la video ripresa costituisce un supporto documentale utile per richiamare alla memoria il contenuto di precedenti dibattiti, ovvero di decisioni già assunte, rendendo in tal modo più agevole lo svolgimento del mandato ricevuto dal corpo elettorale(5).

Il Garante per la protezione dei dati personali(6) si è espresso da tempo sulla possibilità delle riprese e della diffusione televisiva delle riunioni del consiglio comunale, anche al di fuori dell’ambito locale e con le opinioni e i commenti del giornalista, purché i presenti siano stati debitamente informati dell’esistenza delle telecamere e della successiva diffusione delle immagini, avendo cura di prevenire l’indebita divulgazione di dati sensibili, evitando – in ogni caso – di diffondere informazioni sulle condizioni di salute, divieto esteso, indipendentemente dal caso di specie, a tutte le discussioni e testi redazionali all’interno dei provvedimenti amministrativi.

In dipendenza di ciò, si potrebbe collocare in via permanente nell’aula del consiglio comunale, e nelle sue immediate vicinanze, e comunque, prima dell’area interessata dalle riprese, un’apposita “informativa” sulle modalità di videoripresa, sul trattamento dei dati raccolti, sul periodo di conservazione, rendendo palese la funzione divulgativa e partecipativa della videoripresa; ovvero, del fatto che le sedute possono essere riprese da terzi presenti in aula, nel rispetto delle indicazioni previste nella citata informativa: la lettura dell’informativa da parte di terzi (di coloro che effettuano la videoripresa tra il pubblico o gli stessi consiglieri) implica – in via esplicita – l’osservanza delle modalità prescritte, anche in assenza di un’adesione formale (si pensi, ad esempio, ai segnali stradali che dispongono ordini e divieti)(7).

Il presidente del consiglio comunale in assenza di una disciplina di dettaglio regolamentare dovrà consentire (condotta vincolata) le videoriprese da parte di terzi (compresi i singoli consiglieri comunali), senza discriminazione alcuna, avendo l’onere di informare i presenti dell’effettuazione delle riprese e della loro possibile diffusione, non potendo inibirle sulla base di una presunta violazione alle norme sulla tutela dei dati personali, atteso che – è giusto ribadirlo – qualora in sede di discussione emergessero profili di riservatezza, la seduta non potrebbe proseguire se non a porte chiuse.

Ne consegue che la ripresa video/audio assolve pienamente alla funzione di liceità della seduta, garantendo la legittimità nello svolgimento dei lavori del Consiglio comunale, escludendo oggettivamente che le operazioni avvengano “a porte chiuse”(14).

In presenza di una norma regolamentare restrittiva che impedisca al pubblico, alla stampa e al consigliere comunale di riprendere le sedute del consiglio comunale, una volta reso edotto il consiglio, mediante comunicazione al suo Presidente, di tali riprese e adottate le misure a tutela del trattamento dei dati personali (per evitare una illecita diffusione di dati) appare quanto mai discutibile impedire tali riprese, rilevando che non possa sussistere un eventuale bilanciamento del controinteressato (i componenti del Consiglio comunale), ai sensi dell’articolo 5 bis, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013, rivestendo ed esercitando una funzione pubblica con la loro presenza nel plenum del Consiglio comunale(17).

Il diritto all’informazione, già presente nell’art. 21 Cost.(21), è generalizzato e la regola generale è la trasparenza mentre la riservatezza e il segreto sono eccezioni: la lettura non può che essere in chiave “dinamica” (accountability – total disclosure), una trasparenza che non è concessa dall’alto, ma è la sostanza stessa del rapporto di fiducia instaurato tra cittadini – politica – pubblica amministrazione: la trasparenza consente una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale e garantisce una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico: la politica di trasparenza contribuisce a rafforzare i principi di democrazia e di rispetto dei diritti fondamentali sanciti dall’articolo 6 del Trattato UE e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea(22).

Le videoriprese dei lavori consiliari costituiscono ormai patrimonio culturale e modalità redazionale dei testi deliberativi, delle verbalizzazioni, inserendo i relativi file nei documenti pubblicati nell’albo pretorio on line e nelle apposite sezioni di “Amministrazione Trasparente” dei siti istituzionali, realizzando compiutamente quella “trasparenza amministrativa” tanto invocata negli innumerevoli processi di riforma della Pubblica Amministrazione.

Pretendere di limitare le videoriprese o le dirette streaming in assenza di uno strumento di proprietà dell’Amministrazione per tale scopo, in presenza di apparati tecnologici ormai diffusi nella totalità dei casi (i c.d. smartphone), sia tra il pubblico che tra i consiglieri comunali, sarebbe incomprensibile e inadeguato nell’era della digitalizzazione e delle dirette facebook/instagram quando ormai l’identità digitale è entrata nel patrimonio giuridico dell’ordinamento nazionale, comunitario (globale, e gli esempi non mancato)(23).

Si potrebbe argomentare sul punto che attraverso le videoriprese o dirette si possa arginare, o almeno limitare, le fake news, rallettando la creazione di notizie false che sembrano verosimili o la c.d. disinformazione, fenomeno che allontana la partecipazione e genera l’apatia della realtà, spingendo l’“opinione pubblica” ad abbandonare la ricerca del vero: le fonti informative che sono, in una scala di valori, la prima regola della democrazia.

Diversamente opinando, tutto questo sarebbe un nonsense, quando l’acquisizione delle informazioni viaggia in rete, e la rete si alimenta di dati, anche e soprattutto acquisendo le informazioni direttamente alla fonte (senza ostacoli), nei limiti della continenza verbale (correttezza espressiva), della continenza sostanziale (verità dei fatti), della rilevanza sociale delle dichiarazioni, rispetto allo status del dichiarante (consigliere comunale) e alla sua platea di riferimento (la Comunità, o, più amabilmente, il pubblico interesse) nella sua versione di rappresentazione della discussione consiliare (la c.d. diretta).

L’estrema diffusione dell’uso dei social network, la proliferazione di tool informativi, l’interesse crescente per i post, il profilo pubblico dei dati e delle informazioni in “Amministrazione Trasparente” mediante link, lo sbarco massiccio on line e l’estrema valorizzazione della digitalizzazione della P.A., non sono questioni che esulano dall’argomento trattato ma accrescono il convincimento che limitare le videoriprese, sotto ogni forma o con un solo mezzo o negarle al consigliere comunale, costituisce una violazione alle regole generali della trasparenza amministrativa che, nel caso di specie, non necessita di intermediazione regolamentare o di autorizzazione quando l’interesse pubblico è prevalente o non sussistono ragioni di tutela dei dati personali, essendo la discussione “a porte aperte”, nella sede istituzionale del consiglio comunale, e non in seduta segreta.

Discutere ancora se il presidente del consiglio comunale possa o meno autorizzare le videoriprese e limitare la libera informazione mediante gli strumenti digitali appare una vera complicance o una significativa divergenza con il tessuto normativo vigente (non una semplice mancanza di appeal), ponendo l’Amministrazione civica e coloro che la rappresentano al di fuori del tempo, violando palesemente una serie articolata di norme giuridiche, di orientamenti giurisprudenziali, o più semplicemente il diritto di essere informati che trova fondamento nell’art. 21 della Costituzione e, prima ancora, nell’art. 15 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 26 agosto 1789: «La società ha il diritto di chiedere conto della sua amministrazione ad ogni pubblico funzionario».

(Estratto, Processi evolutivi della trasparenza e videoriprese del Consiglio comunale, La Gazzetta degli enti locali, 30 – 31 luglio 2018)