«Libero Pensatore» (è tempo di agire)
Articolo Pubblicato il 17 Luglio, 2012

Separazione di poteri tra organi elettivi e gestionali

Premessa introduttiva

L’amministrazione (rectius l’organizzazione) pubblica è retta da principi che trovano il proprio riferimento normativo direttamente nell’articolo 97 della Costituzione, dove si postula che nell’agire pubblico deve sempre essere assicurato “il buon andamento” e “l’imparzialità” (1): pilastri del sistema ordinamentale (diritto positivo) (2) nell’assicurare il perseguimento dell’interrese pubblico senza particolarismi: un’azione proiettata a garantire al meglio e alla pari i diritti di “cittadinanza” degli amministrati e l’utilizzo accorto delle risorse collettive.

I pubblici poteri, secondo il c.d. principio di legalità, devono tutelare gli interessi generali al fine di porre su un piano d eguaglianza (ex art. 3 Cost.) coloro che sono destinatari finali degli atti e provvedimenti amministrativi, esercizio del potere attraverso la predeterminazione di criteri, modalità e regole consentendo la partecipazione procedimentale da parte di coloro che sono portatori di interesse, ovvero incisi dal provvedimento (il giusto procedimento).

La realizzazione del fine pubblico viene affidato, nei sistemi democratici, agli organi elettivi (con compiti di rappresentanza diretta degli elettori), mentre la materiale esecuzione degli obiettivi (la gestione) è di competenza degli apparati organizzativi (tecnostruttura).

L’articolo 4, del d.lgs. n.165 del 2001 (“Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”) sintetizza questo rapporto tra “politica e amministrazione”, enunciando che “gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico – amministrativo, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, e verificano la rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti” (3).

In particolare, agli organi elettivi spetta “la definizione di obiettivi, priorità, piani, programmi e direttive generali per l’azione amministrativa e per la gestione” e “ai dirigenti spetta l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane (4), strumentali e di controllo”.

Riserva di competenza

Si tratta di una “riserva di competenza” che comporta in capo alla dirigenza (5) una responsabilità “in via esclusiva dell’attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati” non ammettendo alcuna ingerenza da parte degli organi elettivi giacché l’attività di indirizzo, riservata agli organi elettivi o politici del comune, si risolve nella fissazione delle linee generali da seguire e degli scopi da perseguire con l’attività di gestione (6).

Questo principio organizzativo viene trasfuso nell’articolo 107 (7) del t.u.e.l. attribuendo “ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti” che si devono uniformare “al principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo”.

La “riserva di competenza” assegna ai dirigenti “tutti i compiti, compresa l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico – amministrativo degli organi di governo dell’ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale” (8), delineando un confine tra attività politica e attività gestionale nell’intento di evitare indebite commistioni tra due distinti soggetti: uno di estrazione politica ed elettiva, l’altro titolare di un potere tecnico – gestionale avulso da valutazione che non siano fondato su regole di legittimità (9).

In dipendenza di ciò, in base al principio di separazione tra “politica ed amministrazione” negli enti locali, una responsabilità dell’organo politico di vertice è configurabile solo in presenza di specifiche condizioni, correlate alle attribuzioni proprie di tale organo: e, cioè, quando si sia al cospetto di violazioni derivanti da carenze di ordine strutturale, riconducibili all’esercizio dei poteri di indirizzo e di programmazione; ovvero quando l’organo politico sia stato specificamente sollecitato ad intervenire (in primis, dallo stesso funzionario preposto, il quale abbia segnalato difficoltà od ostacoli di natura economico-finanziaria che solo gli organi politici potrebbero affrontare e risolvere); ovvero ancora quando sia stato a conoscenza della situazione antigiuridica derivante dalle inadempienze dell’apparato competente, e abbia ciò nondimeno omesso di attivarsi, con i suoi autonomi poteri, per porvi rimedio (10).

(estratto, La Gazzetta degli enti locali, 3 luglio 2012)