«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La sez. III Napoli, del TAR Campania, con la sentenza 25 ottobre 2023, n. 5817, interviene per rimarcare una connotazione speciale, quasi universale, di determinati luoghi e tradizioni, dove l’identità del presepe (la sua realizzazione) costituisce un patrimonio unico che va tutelato in ogni forma, estendendo una valorizzazione culturale e religiosa, a fronte della dilagante cancel cuture (fenomeno di “pentimento” di importazione USA) nella sua apoteosi liquida di omogeneizzazione del c.d. pensiero unico.

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Elogio all’identità del presepe

Elogio all’identità del presepe

La sez. III Napoli, del TAR Campania, con la sentenza 25 ottobre 2023, n. 5817, interviene per rimarcare una connotazione speciale, quasi universale, di determinati luoghi e tradizioni, dove l’identità del presepe (la sua realizzazione) costituisce un patrimonio unico che va tutelato in ogni forma, estendendo una valorizzazione culturale e religiosa, a fronte della dilagante cancel cuture (fenomeno di “pentimento” di importazione USA) nella sua apoteosi liquida di omogeneizzazione del c.d. pensiero unico.

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La sez. II del TAR Toscana, con la sentenza 24 ottobre 2022, n. 1192, conferma che il requisito della vicinitas, in materia edilizia riconosce al confinante il diritto di conoscere e di accedere agli atti riferiti ad un intervento urbano in adiacenza con i propri beni immobili, ovvero alle attività commerciali insediate nella zona di confine con il proprio abitat (ossia, quello scelto per la propria vita).

Fatti

Nella sua essenzialità, il proprietario di un immobile in adiacenza con un soggetto che somministrava alimenti e bevande (pizzeria) si vedeva dinegare, da parte del SUAP di un Comune, l’accesso alla pratica autorizzatoria dell’attività, invitando lo stesso a rivolgersi agli organi di controllo, ritenendo i fatti di doglianza (le immissioni) non dimostrati (insufficienza degli elementi di prova del danno patito).

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Il diritto di accesso del confinante all’attività commerciale

Il diritto di accesso del confinante all’attività commerciale

La sez. II del TAR Toscana, con la sentenza 24 ottobre 2022, n. 1192, conferma che il requisito della vicinitas, in materia edilizia riconosce al confinante il diritto di conoscere e di accedere agli atti riferiti ad un intervento urbano in adiacenza con i propri beni immobili, ovvero alle attività commerciali insediate nella zona di confine con il proprio abitat (ossia, quello scelto per la propria vita).

Fatti

Nella sua essenzialità, il proprietario di un immobile in adiacenza con un soggetto che somministrava alimenti e bevande (pizzeria) si vedeva dinegare, da parte del SUAP di un Comune, l’accesso alla pratica autorizzatoria dell’attività, invitando lo stesso a rivolgersi agli organi di controllo, ritenendo i fatti di doglianza (le immissioni) non dimostrati (insufficienza degli elementi di prova del danno patito).

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Il regime dei beni pubblici

L’occupazione con un chiosco di un’area demaniale richiede un atto autorizzatorio, essendo il bene destinato ex lege all’uso collettivo (senza possibilità di sottrazione dalla destinazione), ed avendo caratteri propri, quale l’inalienabilità e non potendo formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano (ex art. 823 c.c.).

Non del tutto dissimile è il regime dei beni che fanno parte del patrimonio indisponibile che non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano (ex art. 828, comma 2, c.c.)[1].

Si comprende che il mutamento del regime giuridico di un bene, da patrimonio indisponibile a patrimonio disponibile, presuppone che il bene abbia subito una immutazione irreversibile, tale da non essere più idoneo all’uso della collettività, senza che a tal fine sia sufficiente la semplice circostanza che detto uso sia stato sospeso per lunghissimo tempo[2], confermando i caratteri dei beni pubblici.

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Concessione dell’occupazione del patrimonio indisponibile con un chiosco

Concessione dell’occupazione del patrimonio indisponibile con un chiosco

Il regime dei beni pubblici

L’occupazione con un chiosco di un’area demaniale richiede un atto autorizzatorio, essendo il bene destinato ex lege all’uso collettivo (senza possibilità di sottrazione dalla destinazione), ed avendo caratteri propri, quale l’inalienabilità e non potendo formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano (ex art. 823 c.c.).

Non del tutto dissimile è il regime dei beni che fanno parte del patrimonio indisponibile che non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano (ex art. 828, comma 2, c.c.)[1].

Si comprende che il mutamento del regime giuridico di un bene, da patrimonio indisponibile a patrimonio disponibile, presuppone che il bene abbia subito una immutazione irreversibile, tale da non essere più idoneo all’uso della collettività, senza che a tal fine sia sufficiente la semplice circostanza che detto uso sia stato sospeso per lunghissimo tempo[2], confermando i caratteri dei beni pubblici.

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La prima sez. Brescia del T.A.R. Lombardia, con la sentenza n. 45 del 20 gennaio 2020, definisce le modalità per la concessione del servizio di gestione bar – ministore (idem per la concessione di spazi per macchine distributrici di alimenti e bevande) distinguendolo dalla mera locazione dello spazio adibito al servizio.

I motivi del ricorso:

  • assenza dei requisiti di idoneità professionale (iscrizione nel Registro delle Imprese per attività inerenti l’oggetto dell’appalto)[1];
  • attività prevalente e principale dell’aggiudicataria sarebbe quella inerente il servizio di vigilanza privata non armata, di guardiania, portierato e sorveglianza, con una parte residuale nell’attività di somministrazione alimenti e bevande, gestione bar, rivendita riviste e giornali;
  • costo medio del personale significativamente inferiore rispetto a quello indicato dalle tabelle ministeriali di riferimento.

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Affidamento in concessione di spazio per la distribuzione di coffe

Affidamento in concessione di spazio per la distribuzione di coffe

La prima sez. Brescia del T.A.R. Lombardia, con la sentenza n. 45 del 20 gennaio 2020, definisce le modalità per la concessione del servizio di gestione bar – ministore (idem per la concessione di spazi per macchine distributrici di alimenti e bevande) distinguendolo dalla mera locazione dello spazio adibito al servizio.

I motivi del ricorso:

  • assenza dei requisiti di idoneità professionale (iscrizione nel Registro delle Imprese per attività inerenti l’oggetto dell’appalto)[1];
  • attività prevalente e principale dell’aggiudicataria sarebbe quella inerente il servizio di vigilanza privata non armata, di guardiania, portierato e sorveglianza, con una parte residuale nell’attività di somministrazione alimenti e bevande, gestione bar, rivendita riviste e giornali;
  • costo medio del personale significativamente inferiore rispetto a quello indicato dalle tabelle ministeriali di riferimento.

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