«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La sez. III Civ. della Cassazione, con la sentenza 28 agosto 2019 n. 21757, interviene per definire la responsabilità dei danni provocati dalla fauna selvatica che ricade in capo all’Autorità Amministrativa a cui è affidata la vigilanza.

Va premesso, in linea generale, che qualora si intenda gravare di responsabilità un soggetto (deputato alla cura e vigilanza) per aver omesso di adottare misure idonee ad evitare che la fauna selvatica arrecasse danni a terzi, è indispensabile allegare precisi profili di colpa, dimostrando la responsabilità afferente al soggetto in termini di custodia (rectius vigilanza o controllo).

Tale allegazione (le prove), in sede di giudizio, sono necessarie, ai sensi dell’art. 2043 c.c., essendo il danneggiato dalla fauna selvatica gravato dall’onere di provare non solo il danno ma anche il concreto comportamento colposo ascrivibile al soggetto tenuto, ex lege (al controllo e) alla vigilanza della fauna[1].

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Responsabilità in capo alla Provincia dei danni causati dalla fauna selvatica (cinghiali)

Responsabilità in capo alla Provincia dei danni causati dalla fauna selvatica (cinghiali)

La sez. III Civ. della Cassazione, con la sentenza 28 agosto 2019 n. 21757, interviene per definire la responsabilità dei danni provocati dalla fauna selvatica che ricade in capo all’Autorità Amministrativa a cui è affidata la vigilanza.

Va premesso, in linea generale, che qualora si intenda gravare di responsabilità un soggetto (deputato alla cura e vigilanza) per aver omesso di adottare misure idonee ad evitare che la fauna selvatica arrecasse danni a terzi, è indispensabile allegare precisi profili di colpa, dimostrando la responsabilità afferente al soggetto in termini di custodia (rectius vigilanza o controllo).

Tale allegazione (le prove), in sede di giudizio, sono necessarie, ai sensi dell’art. 2043 c.c., essendo il danneggiato dalla fauna selvatica gravato dall’onere di provare non solo il danno ma anche il concreto comportamento colposo ascrivibile al soggetto tenuto, ex lege (al controllo e) alla vigilanza della fauna[1].

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Il T.A.R. Calabria, sez. Reggio Calabria, con la sentenza 2 aprile 2019, n. 209, interviene per confermare i diritti del consigliere comunale a fronte (si ipotizza solo) del venire meno delle proprie prerogative inerenti lo status di amministratore pubblico.

Il caso vede dei consiglieri comunali di minoranza che impugnano alcune deliberazioni di natura finanziaria che garantiscono la funzionalità e la tenuta dell’Ente (ex artt. 175, comma 5 e 8, 193 del D.Lgs. n. 267/2000, c.d. TUEL):

  • delibera di Consiglio Comunale, relativa all’assestamento generale del bilancio di esercizio;
  • delibera della Giunta Municipale, con la quale fu approvata una variazione urgente al bilancio dell’ente, e la successiva deliberazione dell’organo consiliare di ratifica.

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Legittimazione dei consiglieri comunali a tutela dei propri diritti

Legittimazione dei consiglieri comunali a tutela dei propri diritti

Il T.A.R. Calabria, sez. Reggio Calabria, con la sentenza 2 aprile 2019, n. 209, interviene per confermare i diritti del consigliere comunale a fronte (si ipotizza solo) del venire meno delle proprie prerogative inerenti lo status di amministratore pubblico.

Il caso vede dei consiglieri comunali di minoranza che impugnano alcune deliberazioni di natura finanziaria che garantiscono la funzionalità e la tenuta dell’Ente (ex artt. 175, comma 5 e 8, 193 del D.Lgs. n. 267/2000, c.d. TUEL):

  • delibera di Consiglio Comunale, relativa all’assestamento generale del bilancio di esercizio;
  • delibera della Giunta Municipale, con la quale fu approvata una variazione urgente al bilancio dell’ente, e la successiva deliberazione dell’organo consiliare di ratifica.

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La presentazione di un’istanza finalizzata all’acquisizione di un titolo edilizio (permesso di costruire o autorizzazione), oltre a rispettare i requisiti richiesti dalla disciplina urbanistica in generale (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, ex D.P.R. n. 380/2001 e norme tecniche interne alla singola Amministrazione) richiede che la documentazione sia corrispondente alle reali situazioni di fatto e che sia formulata da un soggetto proprietario del terreno, o suo legittimato.

Va preliminarmente osservato, su questo ultimo aspetto, che in termini generali nella materia edilizia, la rilevanza dei rapporti tra i privati ricorre nei limiti in cui sia ictu oculi percepibile dall’Amministrazione procedente, richiedendo una verifica sulla legittimazione del soggetto, ovvero una dimostrazione della proprietà (o il dominio indiretto) su cui insiste il bene da edificare o manutentare: «Il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo» (ex art. 11, comma 1 del D.P.R. n. 380/2001).

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Effetti dell’errata rappresentazione dei luoghi e dei titoli di proprietà in ambito edilizio

Effetti dell’errata rappresentazione dei luoghi e dei titoli di proprietà in ambito edilizio

La presentazione di un’istanza finalizzata all’acquisizione di un titolo edilizio (permesso di costruire o autorizzazione), oltre a rispettare i requisiti richiesti dalla disciplina urbanistica in generale (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, ex D.P.R. n. 380/2001 e norme tecniche interne alla singola Amministrazione) richiede che la documentazione sia corrispondente alle reali situazioni di fatto e che sia formulata da un soggetto proprietario del terreno, o suo legittimato.

Va preliminarmente osservato, su questo ultimo aspetto, che in termini generali nella materia edilizia, la rilevanza dei rapporti tra i privati ricorre nei limiti in cui sia ictu oculi percepibile dall’Amministrazione procedente, richiedendo una verifica sulla legittimazione del soggetto, ovvero una dimostrazione della proprietà (o il dominio indiretto) su cui insiste il bene da edificare o manutentare: «Il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo» (ex art. 11, comma 1 del D.P.R. n. 380/2001).

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La quinta sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza 9 aprile 2019 n. 2327, conferma la condotta legittima di un’Amministrazione civica, capoluogo di regione, che ha negato l’affissione di manifesti pubblicitari contenenti la promozione dell’obiezione di coscienza in ambito sanitario, riformando il pronunciamento del giudice di primo grado nella sua neutralità di pensiero (come si ha avuto modo di riferire in sede di analisi giuridica della sentenza della seconda sez. del T.A.R. Liguria, n. 174 del 4 marzo 2019)[1].

L’Amministrazione civica impugnava la sentenza del Tribunale di prime cure di accoglimento del ricorso avverso il diniego di affissione di centotrenta manifesti della campagna informativa nazionale «Non affidarti al caso», in tema di obiezione di coscienza in ambito sanitario.

In premessa, viene analizzata la motivazione del diniego alla pubblicazione dei manifesti in considerazione che gli stessi presenterebbero «una possibile violazione di norme vigenti in riferimento alla protezione della coscienza individuale (artt. 2, 13, 19 e 21 della Costituzione; Sentenza della Corte Costituzionale n. 467/1991; premessa e art. 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo; artt. 9 e 10 della Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo) e al rispetto e tutela dovuti ad ogni confessione religiosa, a chi la professa e ai ministri di culto nonché agli oggetti che formano oggetto di culto (artt. 403 e 404 c.p.; art. 10, comma 2 del vigente Piano generale degli Impianti del Comune…; artt. 10 e 11 del vigente Codice di autodisciplina della Comunicazione Commerciale dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria)».

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Diniego di affissione di manifesti pubblicitari sull’obiezione di coscienza in ambito sanitario, condotte discriminatorie e diritto di critica

Diniego di affissione di manifesti pubblicitari sull’obiezione di coscienza in ambito sanitario, condotte discriminatorie e diritto di critica

La quinta sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza 9 aprile 2019 n. 2327, conferma la condotta legittima di un’Amministrazione civica, capoluogo di regione, che ha negato l’affissione di manifesti pubblicitari contenenti la promozione dell’obiezione di coscienza in ambito sanitario, riformando il pronunciamento del giudice di primo grado nella sua neutralità di pensiero (come si ha avuto modo di riferire in sede di analisi giuridica della sentenza della seconda sez. del T.A.R. Liguria, n. 174 del 4 marzo 2019)[1].

L’Amministrazione civica impugnava la sentenza del Tribunale di prime cure di accoglimento del ricorso avverso il diniego di affissione di centotrenta manifesti della campagna informativa nazionale «Non affidarti al caso», in tema di obiezione di coscienza in ambito sanitario.

In premessa, viene analizzata la motivazione del diniego alla pubblicazione dei manifesti in considerazione che gli stessi presenterebbero «una possibile violazione di norme vigenti in riferimento alla protezione della coscienza individuale (artt. 2, 13, 19 e 21 della Costituzione; Sentenza della Corte Costituzionale n. 467/1991; premessa e art. 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo; artt. 9 e 10 della Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo) e al rispetto e tutela dovuti ad ogni confessione religiosa, a chi la professa e ai ministri di culto nonché agli oggetti che formano oggetto di culto (artt. 403 e 404 c.p.; art. 10, comma 2 del vigente Piano generale degli Impianti del Comune…; artt. 10 e 11 del vigente Codice di autodisciplina della Comunicazione Commerciale dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria)».

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La sez. IV Milano, del T.A.R. Lombardia, con la sentenza 5 dicembre 2018, n. 2737, stabilisce che non può essere escluso un concorrente ad una procedura di gara (concessione d’uso di varie unità immobiliari), per ritardo nella consegna del plico rispetto al termine di scadenza di presentazione dell’offerta, quando la responsabilità sia imputabile alla stazione appaltante.

È noto che la concessione di beni pubblici va disposta con il preventivo esperimento di una procedura di evidenza pubblica: le concessioni demaniali, in quanto concernenti beni economicamente contendibili, devono essere affidate mediante procedura di gara, compresa le locazioni di beni, pena l’attivazione di un procedimento di autotutela e l’annullamento dell’assegnazione (Cons. Stato, sez. V, 11 giugno 2018, n. 3588).

È noto, altresì, che nelle gare di appalto il termine ultimo di presentazione delle offerte non è un valore in sé ma è, al contrario, funzionale e strumentale, da un lato, alla tutela delle esigenze di trasparenza, efficacia, economicità e speditezza dell’azione amministrativa e, dall’altro, del primario criterio della par condicio fra i concorrenti (T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 6 marzo 2015, n. 626).

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Il ritardo non imputabile all’operatore economico non è causa di esclusione dalla gara

Il ritardo non imputabile all’operatore economico non è causa di esclusione dalla gara

La sez. IV Milano, del T.A.R. Lombardia, con la sentenza 5 dicembre 2018, n. 2737, stabilisce che non può essere escluso un concorrente ad una procedura di gara (concessione d’uso di varie unità immobiliari), per ritardo nella consegna del plico rispetto al termine di scadenza di presentazione dell’offerta, quando la responsabilità sia imputabile alla stazione appaltante.

È noto che la concessione di beni pubblici va disposta con il preventivo esperimento di una procedura di evidenza pubblica: le concessioni demaniali, in quanto concernenti beni economicamente contendibili, devono essere affidate mediante procedura di gara, compresa le locazioni di beni, pena l’attivazione di un procedimento di autotutela e l’annullamento dell’assegnazione (Cons. Stato, sez. V, 11 giugno 2018, n. 3588).

È noto, altresì, che nelle gare di appalto il termine ultimo di presentazione delle offerte non è un valore in sé ma è, al contrario, funzionale e strumentale, da un lato, alla tutela delle esigenze di trasparenza, efficacia, economicità e speditezza dell’azione amministrativa e, dall’altro, del primario criterio della par condicio fra i concorrenti (T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 6 marzo 2015, n. 626).

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L’Amministrazione pubblica, negli appalti segretati (intercettazioni telefoniche), ha ampi margini di discrezionalità nel valutare le singole offerte, con lo scopo di accertare nel concreto ed effettivamente l’affidabilità dell’offerente, specie quando l’interesse sotteso è rilevante sotto i profili della sicurezza dei dati sensibili trattati e raccolti.

La prima sez. Milano del T.A.R. Lombardia, con la sentenza n. 2408 del 26 ottobre 2018, si pronuncia sulla legittima esclusione di un operatore economico fondata sull’esiguo fatturato che non consente una sicura identificazione del titolare effettivo.

Il ricorso contro il provvedimento di rigetto della Procura della Repubblica, sull’istanza della ditta di accreditamento per la fornitura del servizio intercettazioni telefoniche – telematiche – ambientali, si incentra sui requisiti di ammissione della lex specialis:

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La fiducia nell’operatore economico non può prescindere dalla dimensione organizzativa, specie nelle intercettazioni telefoniche

La fiducia nell’operatore economico non può prescindere dalla dimensione organizzativa, specie nelle intercettazioni telefoniche

L’Amministrazione pubblica, negli appalti segretati (intercettazioni telefoniche), ha ampi margini di discrezionalità nel valutare le singole offerte, con lo scopo di accertare nel concreto ed effettivamente l’affidabilità dell’offerente, specie quando l’interesse sotteso è rilevante sotto i profili della sicurezza dei dati sensibili trattati e raccolti.

La prima sez. Milano del T.A.R. Lombardia, con la sentenza n. 2408 del 26 ottobre 2018, si pronuncia sulla legittima esclusione di un operatore economico fondata sull’esiguo fatturato che non consente una sicura identificazione del titolare effettivo.

Il ricorso contro il provvedimento di rigetto della Procura della Repubblica, sull’istanza della ditta di accreditamento per la fornitura del servizio intercettazioni telefoniche – telematiche – ambientali, si incentra sui requisiti di ammissione della lex specialis:

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