«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La sez. giurisdizionale Valle D’Aosta, della Corte dei conti, con una serie di sentenze (gemelle) nn. 1, 2, 3, 4 e 5 del 15 marzo 2024, esclude la colpa grave a fronte della reiterazione di contratti a termine (causa del c.d. danno comunitario)[1]: la colpa grave viene meno in presenza di un quadro normativo e interpretativo giurisprudenziale incerto, di indicazioni ministeriali favorevoli dalla presenza di assunzione mediante procedure selettive.

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Niente colpa grave per la reiterazione dei rapporti di lavoro a termine

Niente colpa grave per la reiterazione dei rapporti di lavoro a termine

La sez. giurisdizionale Valle D’Aosta, della Corte dei conti, con una serie di sentenze (gemelle) nn. 1, 2, 3, 4 e 5 del 15 marzo 2024, esclude la colpa grave a fronte della reiterazione di contratti a termine (causa del c.d. danno comunitario)[1]: la colpa grave viene meno in presenza di un quadro normativo e interpretativo giurisprudenziale incerto, di indicazioni ministeriali favorevoli dalla presenza di assunzione mediante procedure selettive.

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Inquadramento

Il regime vigente, codificato dall’art. 53, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (TUPI), pur individuando, al primo comma, situazioni di incompatibilità assoluta (sancite dagli artt. 60 e seguenti del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 per lo svolgimento di attività imprenditoriali, commerciali, libero-professionali, ed altri lavori pubblici o privati e per cariche sociali in società), il cui espletamento porta alla decadenza dall’impiego previa diffida, prevede anche, al comma 7, che l’attività occasionale espletabile dal dipendente pubblico sia preceduta da una previa autorizzazione datoriale ed anche le attività c.d. “liberalizzate” (ovvero, liberamente esercitabili senza previa autorizzazione, in quanto espressive di basilari libertà costituzionali, ex art. 53, comma 6, d.lgs. n. 165), esigono l’assenza del conflitto di interessi, anche potenziale (nei termini che seguiranno).

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Part time e incarichi esterni nella PA

Part time e incarichi esterni nella PA

Inquadramento

Il regime vigente, codificato dall’art. 53, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (TUPI), pur individuando, al primo comma, situazioni di incompatibilità assoluta (sancite dagli artt. 60 e seguenti del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 per lo svolgimento di attività imprenditoriali, commerciali, libero-professionali, ed altri lavori pubblici o privati e per cariche sociali in società), il cui espletamento porta alla decadenza dall’impiego previa diffida, prevede anche, al comma 7, che l’attività occasionale espletabile dal dipendente pubblico sia preceduta da una previa autorizzazione datoriale ed anche le attività c.d. “liberalizzate” (ovvero, liberamente esercitabili senza previa autorizzazione, in quanto espressive di basilari libertà costituzionali, ex art. 53, comma 6, d.lgs. n. 165), esigono l’assenza del conflitto di interessi, anche potenziale (nei termini che seguiranno).

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Assistiamo con una certa frequenza ad aggressioni all’interno della scuola, da un collaboratore scolastico picchiato, davanti agli studenti, per un parcheggio[1], ad un insegnante aggredito dal padre di uno studente[2], rendendo sempre più animata la cronaca da fatti che non si vorrebbe sentire.

Incipit: ogni ambiente di lavoro presenta dei rischi, tuttavia, a volte, evitabili.

Le responsabilità del datore di lavoro

Senza andare oltre, la Corte d’Appello di Venezia, sez. Lav., con la sentenza del 19 ottobre 2023 (RG 370/2020) analizza un caso di violenza da parte di un minore (alunno) verso l’insegnante, condannando l’istituzione scolastica di inerzia nell’aver omesso di intervenire con adeguato supporto alle richieste di un sostegno per assistere quelle situazioni di “disagio” («i testi escussi in primo grado hanno riferito di essere stati loro stessi colpiti con pugni e calci dal ragazzo il quale aveva avuto comportamenti similari anche con compagni di scuola») che esigono la dovuta attenzione: messa in atto di programmi/azioni, utili strumenti di prevenzione da una parte, di ausilio dell’alunno, dall’altra parte, quale risposta al rischio di infortunio da parte degli insegnanti e alunni.

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La tutela della classe insegnante

La tutela della classe insegnante

Assistiamo con una certa frequenza ad aggressioni all’interno della scuola, da un collaboratore scolastico picchiato, davanti agli studenti, per un parcheggio[1], ad un insegnante aggredito dal padre di uno studente[2], rendendo sempre più animata la cronaca da fatti che non si vorrebbe sentire.

Incipit: ogni ambiente di lavoro presenta dei rischi, tuttavia, a volte, evitabili.

Le responsabilità del datore di lavoro

Senza andare oltre, la Corte d’Appello di Venezia, sez. Lav., con la sentenza del 19 ottobre 2023 (RG 370/2020) analizza un caso di violenza da parte di un minore (alunno) verso l’insegnante, condannando l’istituzione scolastica di inerzia nell’aver omesso di intervenire con adeguato supporto alle richieste di un sostegno per assistere quelle situazioni di “disagio” («i testi escussi in primo grado hanno riferito di essere stati loro stessi colpiti con pugni e calci dal ragazzo il quale aveva avuto comportamenti similari anche con compagni di scuola») che esigono la dovuta attenzione: messa in atto di programmi/azioni, utili strumenti di prevenzione da una parte, di ausilio dell’alunno, dall’altra parte, quale risposta al rischio di infortunio da parte degli insegnanti e alunni.

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In caso di infortunio sul luogo di lavoro[1] accorso ad un dipendente pubblico si rende immediato verificare da una parte, la corretta presenza delle misure di sicurezza (la c.d. valutazione dei fattori, quanto meno quelli afferenti all’art. 15 del d.lgs. n. 81/2008), ovvero l’idoneità dei luoghi privi di rischi per il personale in servizio (secondo il documento di valutazione dei rischi)[2], dall’altra parte, accertare le (eventuali) responsabilità in capo al soggetto tenuto (il datore di lavoro) ad adottare le misure e a vigilarne (assicurare) l’adeguatezza[3]: un obbligo di prevenzione.

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La nomina a responsabile della sicurezza esenta il Sindaco da responsabilità

La nomina a responsabile della sicurezza esenta il Sindaco da responsabilità

In caso di infortunio sul luogo di lavoro[1] accorso ad un dipendente pubblico si rende immediato verificare da una parte, la corretta presenza delle misure di sicurezza (la c.d. valutazione dei fattori, quanto meno quelli afferenti all’art. 15 del d.lgs. n. 81/2008), ovvero l’idoneità dei luoghi privi di rischi per il personale in servizio (secondo il documento di valutazione dei rischi)[2], dall’altra parte, accertare le (eventuali) responsabilità in capo al soggetto tenuto (il datore di lavoro) ad adottare le misure e a vigilarne (assicurare) l’adeguatezza[3]: un obbligo di prevenzione.

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La sez. I giur. centrale d’Appello, della Corte dei Conti, con la sentenza n. 252 del 1° giugno 2023, riconferma l’esigenza di un titolo di studio per ricoprire l’incarico dirigenziale, la cui mancanza rende del tutta inidonea la prestazione.

La vicenda

La questione erariale è riferita alla copertura di tre incarichi dirigenziali (presso distinte Amministrazioni e ruoli, quello oggetto di appello è riferito ad un incarico c.d. 110 (comma 2) del TUEL, dirigente extra organico, assegnato in assenza del titolo) da parte del convenuto, conferiti indebitamente sulla base di un “errore” di valutazione dei titoli, rectius falsa attestazione del possesso del titolo di studio della laurea[1].

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Danno erariale di un’assunzione di un dirigente senza laurea

Danno erariale di un’assunzione di un dirigente senza laurea

La sez. I giur. centrale d’Appello, della Corte dei Conti, con la sentenza n. 252 del 1° giugno 2023, riconferma l’esigenza di un titolo di studio per ricoprire l’incarico dirigenziale, la cui mancanza rende del tutta inidonea la prestazione.

La vicenda

La questione erariale è riferita alla copertura di tre incarichi dirigenziali (presso distinte Amministrazioni e ruoli, quello oggetto di appello è riferito ad un incarico c.d. 110 (comma 2) del TUEL, dirigente extra organico, assegnato in assenza del titolo) da parte del convenuto, conferiti indebitamente sulla base di un “errore” di valutazione dei titoli, rectius falsa attestazione del possesso del titolo di studio della laurea[1].

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L’Amministrazione a fronte di condotte negligenti o imprudenti, può essere chiamata al risarcimento del danno, ovvero a rifondere le spese legali (di condanna) in un procedimento giudiziario, qualora risultasse soccombente, donde la ripetizione a carico del responsabile, attraverso l’azione della procura erariale.

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Il danno da pagamento delle spese in caso di soccombenza

Il danno da pagamento delle spese in caso di soccombenza

L’Amministrazione a fronte di condotte negligenti o imprudenti, può essere chiamata al risarcimento del danno, ovvero a rifondere le spese legali (di condanna) in un procedimento giudiziario, qualora risultasse soccombente, donde la ripetizione a carico del responsabile, attraverso l’azione della procura erariale.

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