«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La massima

Con delibera n. 580 del 28 luglio 2021 (Fasc. n. 1617/2021) l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ha dichiarato l’insussistenza di un’ipotesi di incompatibilità, di cui all’art. 12, comma 4, lett. b), del d.lgs. n. 39/2013, fra la carica di assessore comunale (con popolazione superiore a 15.000 abitanti) e l’incarico di posizione organizzativa non apicale (sotto ordinata alla dirigenza) presso la Provincia della stessa Regione del Comune.

Il potere ANAC

È noto che l’art. 16, comma 1, del d.lgs. 8 aprile 2013, n. 39, dispone che «l’Autorità nazionale anticorruzione vigila sul rispetto, da parte delle amministrazioni pubbliche, degli enti pubblici e degli enti di diritto privato in controllo pubblico, delle disposizioni di cui al presente decreto, anche con l’esercizio dei poteri ispettivi e di accertamento delle singole fattispecie di conferimento degli incarichi»: un potere di accertamento costitutivo di effetti giuridici, nel senso che l’ANAC valuta la conformità a legge del conferimento ad un certo soggetto di un dato incarico dirigenziale o di vertice della P.A. o degli altri soggetti per i quali la disciplina trova applicazione: questa «valutazione non si esaurisce in un opinamento, ma è produttiva di conseguenze giuridiche, perciò ha carattere provvedimentale»[1].

Continua a leggere

Nessuna inconferibilità tra assessore comunale e P.O. non apicale

Nessuna inconferibilità tra assessore comunale e P.O. non apicale

La massima

Con delibera n. 580 del 28 luglio 2021 (Fasc. n. 1617/2021) l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ha dichiarato l’insussistenza di un’ipotesi di incompatibilità, di cui all’art. 12, comma 4, lett. b), del d.lgs. n. 39/2013, fra la carica di assessore comunale (con popolazione superiore a 15.000 abitanti) e l’incarico di posizione organizzativa non apicale (sotto ordinata alla dirigenza) presso la Provincia della stessa Regione del Comune.

Il potere ANAC

È noto che l’art. 16, comma 1, del d.lgs. 8 aprile 2013, n. 39, dispone che «l’Autorità nazionale anticorruzione vigila sul rispetto, da parte delle amministrazioni pubbliche, degli enti pubblici e degli enti di diritto privato in controllo pubblico, delle disposizioni di cui al presente decreto, anche con l’esercizio dei poteri ispettivi e di accertamento delle singole fattispecie di conferimento degli incarichi»: un potere di accertamento costitutivo di effetti giuridici, nel senso che l’ANAC valuta la conformità a legge del conferimento ad un certo soggetto di un dato incarico dirigenziale o di vertice della P.A. o degli altri soggetti per i quali la disciplina trova applicazione: questa «valutazione non si esaurisce in un opinamento, ma è produttiva di conseguenze giuridiche, perciò ha carattere provvedimentale»[1].

Continua a leggere

Il T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, con la sentenza 24 giugno 2019 n. 1450, stabilisce un principio di diritto essenziale per le libertà individuali, non potendo essere sanzionati per una condotta non consapevole: un addebito, per essere legittimo, deve fondarsi su fatti provati, su un’istruttoria completa, e sul principio della responsabilità.

Il fatto, che segna un prisma giuridico che va oltre al singolo caso, vede coinvolto un militare (di un nucleo investigativo) rimproverato (suo malgrado) per una relazione, breve e superficiale, con una cittadina straniera; relazione consistente in qualche messaggio e telefonata senza frequentazione de visu, senza svelare la propria qualifica.

La comminata sanzione disciplinare, recava come motivazione un dimostrato (che però non risulterà dimostrato) «minore senso di responsabilità per avere instaurato, trascurando la prudenza che il delicato incarico porrebbe e sottacendo la propria reale identità, un rapporto confidenziale con donna di nazionalità …, risultata successivamente gravata da pregiudizi di polizia e tratta in arresto per reati in materia di sostanze stupefacenti».

Continua a leggere

La rilevanza disciplinare di chattare e chiamare via cell. in ambito extra lavorativo

La rilevanza disciplinare di chattare e chiamare via cell. in ambito extra lavorativo

Il T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, con la sentenza 24 giugno 2019 n. 1450, stabilisce un principio di diritto essenziale per le libertà individuali, non potendo essere sanzionati per una condotta non consapevole: un addebito, per essere legittimo, deve fondarsi su fatti provati, su un’istruttoria completa, e sul principio della responsabilità.

Il fatto, che segna un prisma giuridico che va oltre al singolo caso, vede coinvolto un militare (di un nucleo investigativo) rimproverato (suo malgrado) per una relazione, breve e superficiale, con una cittadina straniera; relazione consistente in qualche messaggio e telefonata senza frequentazione de visu, senza svelare la propria qualifica.

La comminata sanzione disciplinare, recava come motivazione un dimostrato (che però non risulterà dimostrato) «minore senso di responsabilità per avere instaurato, trascurando la prudenza che il delicato incarico porrebbe e sottacendo la propria reale identità, un rapporto confidenziale con donna di nazionalità …, risultata successivamente gravata da pregiudizi di polizia e tratta in arresto per reati in materia di sostanze stupefacenti».

Continua a leggere

La prima sez. Bologna del T.A.R. Emilia Romagna, con la sentenza n. 462 del 21 maggio 2019, interviene sull’illegittimità di un provvedimento disciplinare basato sull’errata rappresentazione della sfera privata dell’interessato: consapevolezza dei fatti da parte di un agente della Polizia di Stato.

Pare giusto rammentare che per i dipendenti della P.A. anche il comportamento nella vita privata può assumere rilievo ai fini disciplinari, qualora in contrasto con le discipline interne per aver mantenuto magari un contegno tale da “ingenerare rimarchi”: una condotta al di fuori del servizio che assume rilievo di meritevolezza, incidendo sulla carriera professionale, valutata secondo il più rigoroso parametro dell’esigibilità relativa ad un appartenente ad una determinata Amministrazione dello Stato.

In termini diversi, taluni comportamenti estranei alla propria funzione (al lavoro prestato) rilevano in una prospettiva funzionale all’esigenza di tutela dei “valori” dell’Istituzione di appartenenza (da cui dipende e presta servizio), sicché le condotte “irreprensibili” devono essere sempre mantenute in funzione della fiducia riposta dai consociati nei suoi appartenenti.

Continua a leggere

Frequentazioni extralavorative, procedimento disciplinare, istruttoria e onere della prova

Frequentazioni extralavorative, procedimento disciplinare, istruttoria e onere della prova

La prima sez. Bologna del T.A.R. Emilia Romagna, con la sentenza n. 462 del 21 maggio 2019, interviene sull’illegittimità di un provvedimento disciplinare basato sull’errata rappresentazione della sfera privata dell’interessato: consapevolezza dei fatti da parte di un agente della Polizia di Stato.

Pare giusto rammentare che per i dipendenti della P.A. anche il comportamento nella vita privata può assumere rilievo ai fini disciplinari, qualora in contrasto con le discipline interne per aver mantenuto magari un contegno tale da “ingenerare rimarchi”: una condotta al di fuori del servizio che assume rilievo di meritevolezza, incidendo sulla carriera professionale, valutata secondo il più rigoroso parametro dell’esigibilità relativa ad un appartenente ad una determinata Amministrazione dello Stato.

In termini diversi, taluni comportamenti estranei alla propria funzione (al lavoro prestato) rilevano in una prospettiva funzionale all’esigenza di tutela dei “valori” dell’Istituzione di appartenenza (da cui dipende e presta servizio), sicché le condotte “irreprensibili” devono essere sempre mantenute in funzione della fiducia riposta dai consociati nei suoi appartenenti.

Continua a leggere

Per l’ammonimento orale dello stalker non è indispensabile sentire le sue giustificazioni quando dai fatti si desume la gravità della condotta persecutoria.

La terza sez. Milano del T.A.R. Lombardia, con la sentenza n. 2371 del 23 ottobre 2018, interviene per affermare la legittimità di un provvedimento di ammonimento adottato da un Questore quando il marito abbia posto in essere ripetuti appostamenti, nei pressi dell’abitazione della moglie, con contestuali atti di aggressioni.

Il reato di stalking (a fattispecie alternative, ciascuna delle quali è idonea ad integrarlo) definito dal primo comma nell’art. 612 bis, «Atti persecutori», del c.p. si manifesta quando un soggetto «con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita».

Si tratta di un delitto ad evento di danno e si distingue, sotto tale profilo, dal reato di minacce, che è reato di pericolo ed è punito a querela della persona offesa; mentre si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità.

Continua a leggere

Motivazione probatoria e istruttoria documentale, senza contradittorio con lo stalker, per la legittimità dell’ammonimento orale del Questore

Motivazione probatoria e istruttoria documentale, senza contradittorio con lo stalker, per la legittimità dell’ammonimento orale del Questore

Per l’ammonimento orale dello stalker non è indispensabile sentire le sue giustificazioni quando dai fatti si desume la gravità della condotta persecutoria.

La terza sez. Milano del T.A.R. Lombardia, con la sentenza n. 2371 del 23 ottobre 2018, interviene per affermare la legittimità di un provvedimento di ammonimento adottato da un Questore quando il marito abbia posto in essere ripetuti appostamenti, nei pressi dell’abitazione della moglie, con contestuali atti di aggressioni.

Il reato di stalking (a fattispecie alternative, ciascuna delle quali è idonea ad integrarlo) definito dal primo comma nell’art. 612 bis, «Atti persecutori», del c.p. si manifesta quando un soggetto «con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita».

Si tratta di un delitto ad evento di danno e si distingue, sotto tale profilo, dal reato di minacce, che è reato di pericolo ed è punito a querela della persona offesa; mentre si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità.

Continua a leggere