«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La sez. II del TAR Emilia Romagna, Bologna, con la sentenza 6 aprile 2023 n. 207, conferma che la reiterazione di una domanda di accesso agli atti della PA può essere accolta in presenza di elementi di novità rispetto alla richiesta originaria, diversamente in sede di giudizio la stessa risulta inammissibile.

L’esistenza e l’accesso esplorativo

È noto, ai sensi del comma 2, dell’art. 2 del DPR n. 184/2006, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti alla stessa data da una Pubblica Amministrazione, nei confronti dell’Autorità competente a formare l’atto conclusivo o a detenerlo stabilmente, rilevando che la stessa non è tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso.

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Considerazioni sulla reiterazione della domanda di accesso agli atti della PA

Considerazioni sulla reiterazione della domanda di accesso agli atti della PA

La sez. II del TAR Emilia Romagna, Bologna, con la sentenza 6 aprile 2023 n. 207, conferma che la reiterazione di una domanda di accesso agli atti della PA può essere accolta in presenza di elementi di novità rispetto alla richiesta originaria, diversamente in sede di giudizio la stessa risulta inammissibile.

L’esistenza e l’accesso esplorativo

È noto, ai sensi del comma 2, dell’art. 2 del DPR n. 184/2006, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti alla stessa data da una Pubblica Amministrazione, nei confronti dell’Autorità competente a formare l’atto conclusivo o a detenerlo stabilmente, rilevando che la stessa non è tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso.

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La sez. II Napoli del TAR Campania, con la sentenza 7 dicembre 2022 n. 7631 (estensore Maddalena), interviene nel riaffermare i limiti dell’obbligo di provvedere, in presenza di richieste reiterate dove il potere di riesame – in chiave di autotutela – risulta nella disponibilità dell’Amministrazione nell’esercizio di un potere ampiamente discrezionale[1].

Simili e non dissimili considerazioni possono coincidere quando il privato richieda al Responsabile del procedimento di (re)verificare il proprio operato, o del suo sostituto, nel significato di accertare la correttezza/regolarità del procedimento (già) istruito fino al subentro di nuovo responsabile.

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Richieste reiterate dell’obbligo di provvedere

Richieste reiterate dell’obbligo di provvedere

La sez. II Napoli del TAR Campania, con la sentenza 7 dicembre 2022 n. 7631 (estensore Maddalena), interviene nel riaffermare i limiti dell’obbligo di provvedere, in presenza di richieste reiterate dove il potere di riesame – in chiave di autotutela – risulta nella disponibilità dell’Amministrazione nell’esercizio di un potere ampiamente discrezionale[1].

Simili e non dissimili considerazioni possono coincidere quando il privato richieda al Responsabile del procedimento di (re)verificare il proprio operato, o del suo sostituto, nel significato di accertare la correttezza/regolarità del procedimento (già) istruito fino al subentro di nuovo responsabile.

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La sez. II del TAR Toscana, con la sentenza 24 ottobre 2022, n. 1192, conferma che il requisito della vicinitas, in materia edilizia riconosce al confinante il diritto di conoscere e di accedere agli atti riferiti ad un intervento urbano in adiacenza con i propri beni immobili, ovvero alle attività commerciali insediate nella zona di confine con il proprio abitat (ossia, quello scelto per la propria vita).

Fatti

Nella sua essenzialità, il proprietario di un immobile in adiacenza con un soggetto che somministrava alimenti e bevande (pizzeria) si vedeva dinegare, da parte del SUAP di un Comune, l’accesso alla pratica autorizzatoria dell’attività, invitando lo stesso a rivolgersi agli organi di controllo, ritenendo i fatti di doglianza (le immissioni) non dimostrati (insufficienza degli elementi di prova del danno patito).

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Il diritto di accesso del confinante all’attività commerciale

Il diritto di accesso del confinante all’attività commerciale

La sez. II del TAR Toscana, con la sentenza 24 ottobre 2022, n. 1192, conferma che il requisito della vicinitas, in materia edilizia riconosce al confinante il diritto di conoscere e di accedere agli atti riferiti ad un intervento urbano in adiacenza con i propri beni immobili, ovvero alle attività commerciali insediate nella zona di confine con il proprio abitat (ossia, quello scelto per la propria vita).

Fatti

Nella sua essenzialità, il proprietario di un immobile in adiacenza con un soggetto che somministrava alimenti e bevande (pizzeria) si vedeva dinegare, da parte del SUAP di un Comune, l’accesso alla pratica autorizzatoria dell’attività, invitando lo stesso a rivolgersi agli organi di controllo, ritenendo i fatti di doglianza (le immissioni) non dimostrati (insufficienza degli elementi di prova del danno patito).

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La sez. I Catania del TAR Sicilia, con la sentenza 24 ottobre 2022 n. 2822, spicca per una situazione alquanto singolare dove da una parte, un soggetto cita in giudizio una PA per l’asserito silenzio serbato nell’obbligo di stendere e rilasciare un certificato di destinazione urbanistica (CDU), dall’altro, si perviene alla costatazione che alcuna inerzia si è resa responsabile l’Amministrazione locale, quanto semmai dell’indolenza (sinonimo di inerzia) dell’interessato nel ritirare l’atto.

Fatti essenziali

La parte ricorrente, in previsione di una vendita immobiliare, presentava al Comune una richiesta del CDU per l’area oggetto di stipula (rogito), e nel rilascio il Responsabile avrebbe omesso alcune particelle del foglio catastale; seguiva richiesta di un ulteriore certificato di destinazione urbanistica per le parti residue.

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Mancato ritiro del CDU: nessuna inerzia della PA

Mancato ritiro del CDU: nessuna inerzia della PA

La sez. I Catania del TAR Sicilia, con la sentenza 24 ottobre 2022 n. 2822, spicca per una situazione alquanto singolare dove da una parte, un soggetto cita in giudizio una PA per l’asserito silenzio serbato nell’obbligo di stendere e rilasciare un certificato di destinazione urbanistica (CDU), dall’altro, si perviene alla costatazione che alcuna inerzia si è resa responsabile l’Amministrazione locale, quanto semmai dell’indolenza (sinonimo di inerzia) dell’interessato nel ritirare l’atto.

Fatti essenziali

La parte ricorrente, in previsione di una vendita immobiliare, presentava al Comune una richiesta del CDU per l’area oggetto di stipula (rogito), e nel rilascio il Responsabile avrebbe omesso alcune particelle del foglio catastale; seguiva richiesta di un ulteriore certificato di destinazione urbanistica per le parti residue.

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I fatti

La sez. III del Cons. Stato, con la sentenza non definitiva n. 4735 del 10 giugno 2022, si sofferma sulla titolarità di un accesso civico ai “documenti internazionali”, stilati dal Ministero dell’Interno e del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (non costituiti in giudizio).

Gli accordi internazionali sono oggetto di pubblicazione obbligatoria, ai sensi dell’art. 4, della legge 11 dicembre 1984, n. 839, Norme sulla Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana e sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, il quale impone che «tutti gli atti internazionali ai quali la Repubblica si obbliga nelle relazioni estere, trattati, convenzioni, scambi di note, accordi ed altri atti comunque denominati», siano pubblicati trimestralmente, in apposito supplemento della Gazzetta Ufficiale, e comunicati alle Presidenze delle Assemblee parlamentari (nell’intento di estendere i controlli politici, o quanto meno a titolo conoscitivo, ed in ogni caso assolvendo un onere di trasparenza).

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L’estensione dell’accesso civico oltre confini

L’estensione dell’accesso civico oltre confini

I fatti

La sez. III del Cons. Stato, con la sentenza non definitiva n. 4735 del 10 giugno 2022, si sofferma sulla titolarità di un accesso civico ai “documenti internazionali”, stilati dal Ministero dell’Interno e del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (non costituiti in giudizio).

Gli accordi internazionali sono oggetto di pubblicazione obbligatoria, ai sensi dell’art. 4, della legge 11 dicembre 1984, n. 839, Norme sulla Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana e sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, il quale impone che «tutti gli atti internazionali ai quali la Repubblica si obbliga nelle relazioni estere, trattati, convenzioni, scambi di note, accordi ed altri atti comunque denominati», siano pubblicati trimestralmente, in apposito supplemento della Gazzetta Ufficiale, e comunicati alle Presidenze delle Assemblee parlamentari (nell’intento di estendere i controlli politici, o quanto meno a titolo conoscitivo, ed in ogni caso assolvendo un onere di trasparenza).

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Il consigliere comunale gode di uno status particolare in materia di “accesso agli atti”, collegato all’esercizio di una funzione pubblica, potendo ottenere dagli uffici ogni “informazione” o “notizia” ritenuta utile relativa all’organizzazione amministrativa e alla gestione delle risorse pubbliche, ex art. 43, Diritti dei consiglieri, comma 2 del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL), osservando che una volta richiesto l’accesso e acquisita la documentazione, una sua eventuale reiterazione può essere negata[1].

L’accesso è funzionale all’espletamento del mandato elettorale, assumendo una connotazione ulteriore e più ampia rispetto al diritto di accesso del singolo cittadino (ai sensi degli artt. 22 ss. della legge n. 241/1990) poiché al consigliere è consentito richiedere anche semplici informazioni (non necessariamente tradotte in atti), non contenute in documenti già formati od anche dalla natura riservata[2].

Invero, il bisogno di conoscenza del titolare della carica elettiva deve porsi in rapporto di strumentalità con la funzione di indirizzo e di controllo politico-amministrativo, di cui nell’ordinamento dell’ente locale è collegialmente rivestito il consiglio comunale (ex art. 42, comma 1, TUEL), e alle prerogative attribuite singolarmente al componente dell’organo elettivo: il diritto del consigliere comunale all’accesso agli atti, ex art. 43, comma 2, del d.lgs. n. 267 del 2000 non è, dunque, incondizionato[3].

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Illegittimo differimento del diritto di accesso del consigliere comunale

Illegittimo differimento del diritto di accesso del consigliere comunale

Il consigliere comunale gode di uno status particolare in materia di “accesso agli atti”, collegato all’esercizio di una funzione pubblica, potendo ottenere dagli uffici ogni “informazione” o “notizia” ritenuta utile relativa all’organizzazione amministrativa e alla gestione delle risorse pubbliche, ex art. 43, Diritti dei consiglieri, comma 2 del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL), osservando che una volta richiesto l’accesso e acquisita la documentazione, una sua eventuale reiterazione può essere negata[1].

L’accesso è funzionale all’espletamento del mandato elettorale, assumendo una connotazione ulteriore e più ampia rispetto al diritto di accesso del singolo cittadino (ai sensi degli artt. 22 ss. della legge n. 241/1990) poiché al consigliere è consentito richiedere anche semplici informazioni (non necessariamente tradotte in atti), non contenute in documenti già formati od anche dalla natura riservata[2].

Invero, il bisogno di conoscenza del titolare della carica elettiva deve porsi in rapporto di strumentalità con la funzione di indirizzo e di controllo politico-amministrativo, di cui nell’ordinamento dell’ente locale è collegialmente rivestito il consiglio comunale (ex art. 42, comma 1, TUEL), e alle prerogative attribuite singolarmente al componente dell’organo elettivo: il diritto del consigliere comunale all’accesso agli atti, ex art. 43, comma 2, del d.lgs. n. 267 del 2000 non è, dunque, incondizionato[3].

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