«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

Il modulo organizzativo della Conferenza

La Conferenza di servizi costituisce un modulo procedimentale-organizzativo pensato allo scopo di produrre un’accelerazione dei tempi procedurali e, nel contempo, un esame congiunto degli interessi pubblici coinvolti, consentendo l’assunzione concordata di determinazioni sostitutive, a tutti gli effetti, di concerti, intese, assensi, pareri, nulla osta, richiesti da un procedimento pluristrutturale specificatamente conformato dalla legge, senza che ciò comporti alcuna modificazione o sottrazione delle competenze, posto che ciascun rappresentante, partecipante alla Conferenza, imputa gli effetti giuridici degli atti che compie all’Amministrazione rappresentata, competente in forza della normativa di settore[1].

Ne consegue che la Conferenza è una sede privilegiata di confronto e della negoziazione tra i diversi interessi coinvolti nell’azione amministrativa, avente il fine di favorire il raccordo e la (leale) collaborazione tra i diversi soggetti presenti, non costituendo un organo distinto dei partecipanti[2] ma un luogo ove svolgere un dialogo ed una contrattazione tra i soggetti preposti alla gestione della cosa pubblica, dovendo serrare le decisioni con un provvedimento finale, nel quale riportare tutte le valutazioni dei partecipanti, soprattutto ove sia manifestato un dissenso.

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Il dissenso manifestato dal Comune nella Conferenza di servizi per l’autorizzazione ad una variante urbanistica incidente su un impianto di rifiuti

Il dissenso manifestato dal Comune nella Conferenza di servizi per l’autorizzazione ad una variante urbanistica incidente su un impianto di rifiuti

Il modulo organizzativo della Conferenza

La Conferenza di servizi costituisce un modulo procedimentale-organizzativo pensato allo scopo di produrre un’accelerazione dei tempi procedurali e, nel contempo, un esame congiunto degli interessi pubblici coinvolti, consentendo l’assunzione concordata di determinazioni sostitutive, a tutti gli effetti, di concerti, intese, assensi, pareri, nulla osta, richiesti da un procedimento pluristrutturale specificatamente conformato dalla legge, senza che ciò comporti alcuna modificazione o sottrazione delle competenze, posto che ciascun rappresentante, partecipante alla Conferenza, imputa gli effetti giuridici degli atti che compie all’Amministrazione rappresentata, competente in forza della normativa di settore[1].

Ne consegue che la Conferenza è una sede privilegiata di confronto e della negoziazione tra i diversi interessi coinvolti nell’azione amministrativa, avente il fine di favorire il raccordo e la (leale) collaborazione tra i diversi soggetti presenti, non costituendo un organo distinto dei partecipanti[2] ma un luogo ove svolgere un dialogo ed una contrattazione tra i soggetti preposti alla gestione della cosa pubblica, dovendo serrare le decisioni con un provvedimento finale, nel quale riportare tutte le valutazioni dei partecipanti, soprattutto ove sia manifestato un dissenso.

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La seconda sez. del T.A.R. Piemonte, con la sentenza n. 447 del 18 aprile 2019, interviene sul rifiuto di concessione temporanea di uno spazio pubblico in ragione del pensiero politico manifestato[1].

È noto che il primo comma dell’art. 21 Cost. afferma che «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione», segnando in modo inequivocabile un diritto pieno di libertà che può trovare delle limitazioni se non per legge (essendo in presenza di una riserva assoluta), fondate in precetti e principi costituzionali[2].

Si affermò che la democraticità dell’Ordinamento è direttamente proporzionale al grado in cui la libera manifestazione del pensiero viene riconosciuta e attuata concretamente, una specificazione del principio del “pluralismo ideologico” che costituisce patrimonio comune della cultura liberale dell’Occidente, e che si manifesta nel diritto di cronaca e nel diritto di critica (libertà di informazione) che si colloca tra i valori primari, assistiti dalla clausola dell’inviolabilità (ex art. 2 Cost.).

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Concessione di spazi pubblici e libertà di pensiero

Concessione di spazi pubblici e libertà di pensiero

La seconda sez. del T.A.R. Piemonte, con la sentenza n. 447 del 18 aprile 2019, interviene sul rifiuto di concessione temporanea di uno spazio pubblico in ragione del pensiero politico manifestato[1].

È noto che il primo comma dell’art. 21 Cost. afferma che «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione», segnando in modo inequivocabile un diritto pieno di libertà che può trovare delle limitazioni se non per legge (essendo in presenza di una riserva assoluta), fondate in precetti e principi costituzionali[2].

Si affermò che la democraticità dell’Ordinamento è direttamente proporzionale al grado in cui la libera manifestazione del pensiero viene riconosciuta e attuata concretamente, una specificazione del principio del “pluralismo ideologico” che costituisce patrimonio comune della cultura liberale dell’Occidente, e che si manifesta nel diritto di cronaca e nel diritto di critica (libertà di informazione) che si colloca tra i valori primari, assistiti dalla clausola dell’inviolabilità (ex art. 2 Cost.).

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