«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

È noto che nella determinazione del contenuto di uno strumento urbanistico generale l’Amministrazione gode di ampi margini di prospettiva politica, dove la motivazione è ricavabile dai criteri tecnico – discrezionali presenti nei documenti, nella piena consapevolezza che le scelte urbanistiche di carattere generale costituiscono apprezzamenti di merito tendenzialmente sottratte al sindacato di legittimità, salvo che siano inficiate da errori di fatto, oppure da gravi o abnormi illogicità, oppure da irragionevolezza o da contraddittorietà[1].

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Aspetti coesistenti nell’ordine di demolizione e in una convenzione urbanistica scaduta

Aspetti coesistenti nell’ordine di demolizione e in una convenzione urbanistica scaduta

È noto che nella determinazione del contenuto di uno strumento urbanistico generale l’Amministrazione gode di ampi margini di prospettiva politica, dove la motivazione è ricavabile dai criteri tecnico – discrezionali presenti nei documenti, nella piena consapevolezza che le scelte urbanistiche di carattere generale costituiscono apprezzamenti di merito tendenzialmente sottratte al sindacato di legittimità, salvo che siano inficiate da errori di fatto, oppure da gravi o abnormi illogicità, oppure da irragionevolezza o da contraddittorietà[1].

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(pubblicato, comedonchisciotte.org, 2 settembre 2023, con piccole aggiunte last minute)

  1. Nota di lettura. 2. Premessa atemporale. 3. La sentenza. 4. Il fatto. 5. La parte resistente. 6. La sentenza n. 27/1998 della Corte Costituzionale. 7. La “memoria” del ricorrente. 7.1. Tempestività della domanda. 7.2. La ratio legis della legge n. 210/1992. 7.3. Il nesso di causalità. 7.4. Sulla sicurezza del vaccino Salk. 7.5. I limiti della sperimentazione. 7.6. La natura degli indennizzi. 7.7. Il criterio orientativo del giudizio. 7.8. Sintesi della richiesta. 8. La perizia del CTU. 9. Il pronunciamento del giudice. 10. Un ristoro ai danni. 11. Libertà di pensiero. 12. La “trasparenza” un fine del diritto. 13. Una manipolazione ingiusta anche in epoca Covid – 19. 14. Tradire la speranza.

Incipit: «I gioielli più preziosi che avrai al collo sono le braccia dei tuoi figli»[1]: una storia di cruda verità.

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I malori da vaccini: una cruda verità

I malori da vaccini: una cruda verità

(pubblicato, comedonchisciotte.org, 2 settembre 2023, con piccole aggiunte last minute)

  1. Nota di lettura. 2. Premessa atemporale. 3. La sentenza. 4. Il fatto. 5. La parte resistente. 6. La sentenza n. 27/1998 della Corte Costituzionale. 7. La “memoria” del ricorrente. 7.1. Tempestività della domanda. 7.2. La ratio legis della legge n. 210/1992. 7.3. Il nesso di causalità. 7.4. Sulla sicurezza del vaccino Salk. 7.5. I limiti della sperimentazione. 7.6. La natura degli indennizzi. 7.7. Il criterio orientativo del giudizio. 7.8. Sintesi della richiesta. 8. La perizia del CTU. 9. Il pronunciamento del giudice. 10. Un ristoro ai danni. 11. Libertà di pensiero. 12. La “trasparenza” un fine del diritto. 13. Una manipolazione ingiusta anche in epoca Covid – 19. 14. Tradire la speranza.

Incipit: «I gioielli più preziosi che avrai al collo sono le braccia dei tuoi figli»[1]: una storia di cruda verità.

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La sez. II Napoli del TAR Campania, con la sentenza 7 dicembre 2022 n. 7631 (estensore Maddalena), interviene nel riaffermare i limiti dell’obbligo di provvedere, in presenza di richieste reiterate dove il potere di riesame – in chiave di autotutela – risulta nella disponibilità dell’Amministrazione nell’esercizio di un potere ampiamente discrezionale[1].

Simili e non dissimili considerazioni possono coincidere quando il privato richieda al Responsabile del procedimento di (re)verificare il proprio operato, o del suo sostituto, nel significato di accertare la correttezza/regolarità del procedimento (già) istruito fino al subentro di nuovo responsabile.

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Richieste reiterate dell’obbligo di provvedere

Richieste reiterate dell’obbligo di provvedere

La sez. II Napoli del TAR Campania, con la sentenza 7 dicembre 2022 n. 7631 (estensore Maddalena), interviene nel riaffermare i limiti dell’obbligo di provvedere, in presenza di richieste reiterate dove il potere di riesame – in chiave di autotutela – risulta nella disponibilità dell’Amministrazione nell’esercizio di un potere ampiamente discrezionale[1].

Simili e non dissimili considerazioni possono coincidere quando il privato richieda al Responsabile del procedimento di (re)verificare il proprio operato, o del suo sostituto, nel significato di accertare la correttezza/regolarità del procedimento (già) istruito fino al subentro di nuovo responsabile.

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L’ordinanza 26 novembre 2021, n. 551, della sez. I del TAR Emilia – Romagna, Bologna, interviene per sospendere l’esclusione all’ammissione ad una prova selettiva per mancato riconoscimento del QR code da parte dell’app. “Verifica C19” se il soggetto presenta una certificazione cartacea della vaccinazione.

Il green pass (GP) supera l’identità e la sua fisicità, il digitale segna la vita dal confinamento al lavoro, senza il riconoscimento e il controllo nulla può essere svolto, ciò che un tempo appariva fantasioso o impossibile ora (adesso) è la normalità, e se il sistema di riconoscimento sanitario non regge al traffico dei dati (nella rete da remoto) siamo esclusi (espulsi) dalla possibilità del bene della vita: poter sostenere una prova d’esame, dopo la prova dell’immunità vaccinale o da tampone (test antigenico rapido o molecolare).

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L’identità del nuovo essere umano: un QR code

L’identità del nuovo essere umano: un QR code

L’ordinanza 26 novembre 2021, n. 551, della sez. I del TAR Emilia – Romagna, Bologna, interviene per sospendere l’esclusione all’ammissione ad una prova selettiva per mancato riconoscimento del QR code da parte dell’app. “Verifica C19” se il soggetto presenta una certificazione cartacea della vaccinazione.

Il green pass (GP) supera l’identità e la sua fisicità, il digitale segna la vita dal confinamento al lavoro, senza il riconoscimento e il controllo nulla può essere svolto, ciò che un tempo appariva fantasioso o impossibile ora (adesso) è la normalità, e se il sistema di riconoscimento sanitario non regge al traffico dei dati (nella rete da remoto) siamo esclusi (espulsi) dalla possibilità del bene della vita: poter sostenere una prova d’esame, dopo la prova dell’immunità vaccinale o da tampone (test antigenico rapido o molecolare).

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  1. Un nuovo mondo. 2. Le mascherine. 3. Una misura abnorme. 4. Il distanziamento possibile. 5. Il principio di precauzione. 6. Nuovi scenari di verde confinamento. 7. Nuove parti sociali. 8. Disapplicazione della disciplina nazionale non conforme a quella comunitaria. 9. Il lavoro: un fine della Repubblica Italiana. 10. La tutela del lavoratore e il consenso informato. 11. Nuovi doveri civici. 12. Nuovi diritti della persona. 13. L’uomo nuovo digitale.

(pubblicato, comedonchisciotte.org, 25 agosto 2021)

  1. Un nuovo mondo

Viviamo un momento difficile e oscuro dove le tecniche di condizionamento assumono una forma sottile, quasi invisibile, imponendo condotte che non sono coerenti con il diritto naturale, con l’ordinamento giuridico vigente, inducendo le persone (una parte prevalente) ad amare la schiavitù e l’obbedienza, sentendosi sicure del potere della scienza in mano alla politica, dimenticando che la prima non può asservire la seconda, e la dialettica tra maggioranza e opposizione (la c.d. minoranza) s’inquadra nelle nazioni democratiche da un sistema pluralista, distante e distinto dal pensiero unico: la historia magistra vitae non può essere confusa nella “narrazione”.

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Gli obblighi abnormi di mascheramento e confinamento vaccinale: dal green pass all’uomo nuovo digitale

Gli obblighi abnormi di mascheramento e confinamento vaccinale: dal green pass all’uomo nuovo digitale
  1. Un nuovo mondo. 2. Le mascherine. 3. Una misura abnorme. 4. Il distanziamento possibile. 5. Il principio di precauzione. 6. Nuovi scenari di verde confinamento. 7. Nuove parti sociali. 8. Disapplicazione della disciplina nazionale non conforme a quella comunitaria. 9. Il lavoro: un fine della Repubblica Italiana. 10. La tutela del lavoratore e il consenso informato. 11. Nuovi doveri civici. 12. Nuovi diritti della persona. 13. L’uomo nuovo digitale.

(pubblicato, comedonchisciotte.org, 25 agosto 2021)

  1. Un nuovo mondo

Viviamo un momento difficile e oscuro dove le tecniche di condizionamento assumono una forma sottile, quasi invisibile, imponendo condotte che non sono coerenti con il diritto naturale, con l’ordinamento giuridico vigente, inducendo le persone (una parte prevalente) ad amare la schiavitù e l’obbedienza, sentendosi sicure del potere della scienza in mano alla politica, dimenticando che la prima non può asservire la seconda, e la dialettica tra maggioranza e opposizione (la c.d. minoranza) s’inquadra nelle nazioni democratiche da un sistema pluralista, distante e distinto dal pensiero unico: la historia magistra vitae non può essere confusa nella “narrazione”.

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La sez. V del Consiglio di Stato, con la sentenza 21 gennaio 2021 n. 653 (est. Gambato Spisani), chiarisce la distinzione (o la presenza o meno) tra domicilio e residenza ai fini dell’esercizio dei servizi legali[1], dichiarando l’illegittimità di un regolamento edilizio che ricomprendeva – tra gli uffici aperti al pubblico – anche quelli per l’esercizio della professione di avvocato.

L’art. 43, Domicilio e residenza, del codice civile definisce «Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi. La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale».

Si chiarisce che:

  • la residenza della persona è determinata dall’abituale e volontaria dimora[2] in un determinato luogo, caratterizzata dalla permanenza per un periodo apprezzabile (elemento oggettivo) e dall’intenzione di abitarvi in modo stabile (elemento soggettivo), rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali, familiari ed affettive, e la verifica di tali requisiti, ai sensi dell’art. 19 d.P.R. n. 223 del 1989, avviene da parte dell’ufficiale d’anagrafe, osservando, altresì, che la stabile permanenza sussiste anche quando la persona si rechi a lavorare o a svolgere altra attività fuori del comune di residenza, sempre che conservi in esso l’abitazione, vi ritorni quando possibile e vi mantenga il centro delle proprie relazioni familiari e sociali[3];
  • di converso, il domicilio va inteso come la sede principale degli affari ed interessi economici, nonché delle relazioni personali, desumibile da elementi presuntivi[4], rilevando, sotto altro profilo, che ai fini dell’individuazione della “residenza fiscale” del contribuente (che non coincide necessariamente con quella anagrafica ma più prossima al domicilio)[5] deve farsi riferimento al centro degli affari e degli interessi vitali dello stesso, dando prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi è esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi, non rivestendo ruolo prioritario, invece, le relazioni affettive e familiari, le quali rilevano solo unitamente ad altri criteri attestanti univocamente il luogo col quale il soggetto ha il più stretto collegamento[6].

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Annullato un regolamento edilizio che dispone oneri per l’abbattimento delle barriere architettoniche a carico del domicilio dell’avvocato

Annullato un regolamento edilizio che dispone oneri per l’abbattimento delle barriere architettoniche a carico del domicilio dell’avvocato

La sez. V del Consiglio di Stato, con la sentenza 21 gennaio 2021 n. 653 (est. Gambato Spisani), chiarisce la distinzione (o la presenza o meno) tra domicilio e residenza ai fini dell’esercizio dei servizi legali[1], dichiarando l’illegittimità di un regolamento edilizio che ricomprendeva – tra gli uffici aperti al pubblico – anche quelli per l’esercizio della professione di avvocato.

L’art. 43, Domicilio e residenza, del codice civile definisce «Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi. La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale».

Si chiarisce che:

  • la residenza della persona è determinata dall’abituale e volontaria dimora[2] in un determinato luogo, caratterizzata dalla permanenza per un periodo apprezzabile (elemento oggettivo) e dall’intenzione di abitarvi in modo stabile (elemento soggettivo), rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali, familiari ed affettive, e la verifica di tali requisiti, ai sensi dell’art. 19 d.P.R. n. 223 del 1989, avviene da parte dell’ufficiale d’anagrafe, osservando, altresì, che la stabile permanenza sussiste anche quando la persona si rechi a lavorare o a svolgere altra attività fuori del comune di residenza, sempre che conservi in esso l’abitazione, vi ritorni quando possibile e vi mantenga il centro delle proprie relazioni familiari e sociali[3];
  • di converso, il domicilio va inteso come la sede principale degli affari ed interessi economici, nonché delle relazioni personali, desumibile da elementi presuntivi[4], rilevando, sotto altro profilo, che ai fini dell’individuazione della “residenza fiscale” del contribuente (che non coincide necessariamente con quella anagrafica ma più prossima al domicilio)[5] deve farsi riferimento al centro degli affari e degli interessi vitali dello stesso, dando prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi è esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi, non rivestendo ruolo prioritario, invece, le relazioni affettive e familiari, le quali rilevano solo unitamente ad altri criteri attestanti univocamente il luogo col quale il soggetto ha il più stretto collegamento[6].

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