«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La sez. III del Consiglio di Stato, con la sentenza 17 dicembre 2020, n. 8089 (estensore Tulumello), rigetta un ricorso contro un’ordinanza ministeriale di distruzione di mais OGM (organismi geneticamente modificati) illecitamente coltivato, in violazione alla disciplina nazionale e comunitaria: prevale la tutela ambientale sulla libera concorrenza e l’iniziativa economica (ex art. 41, comma 1 Cost.), con un obbligo giuridico di prevenire ogni rischio alla salute e all’ambiente, anche in assenza di certezze scientifiche consolidate o anche nei casi in cui i danni siano poco conosciuti o solo potenziali: una tutela anticipata rispetto alla fase dell’applicazione delle migliori tecniche proprie del principio di precauzione[1].

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Proibizione della coltivazione di OGM: un divieto della P.A. a tutela dell’ambiente e della salute

Proibizione della coltivazione di OGM: un divieto della P.A. a tutela dell’ambiente e della salute

La sez. III del Consiglio di Stato, con la sentenza 17 dicembre 2020, n. 8089 (estensore Tulumello), rigetta un ricorso contro un’ordinanza ministeriale di distruzione di mais OGM (organismi geneticamente modificati) illecitamente coltivato, in violazione alla disciplina nazionale e comunitaria: prevale la tutela ambientale sulla libera concorrenza e l’iniziativa economica (ex art. 41, comma 1 Cost.), con un obbligo giuridico di prevenire ogni rischio alla salute e all’ambiente, anche in assenza di certezze scientifiche consolidate o anche nei casi in cui i danni siano poco conosciuti o solo potenziali: una tutela anticipata rispetto alla fase dell’applicazione delle migliori tecniche proprie del principio di precauzione[1].

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Con la sentenza n. 7 del 20 febbraio 2020, la sez. Unica del T.A.R. Valle D’Aosta analizza i poteri sindacali nel precludere un’attività che ha ingenerato allarme sociale, con conseguente necessità di tutelare l’incolumità delle persone e di garantire, altresì, l’ordine pubblico, unitamente all’esigenza di prevenzione dell’emissione di rumori molesti (inerenti all’attività di caccia).

Nella fattispecie, una serie di comitati e federazioni per la gestione venatoria ricorrono contro un’ordinanza sindacale (reiterata)[1], nel silenzio di una richiesta di rimozione in autotutela[2], con la quale è stata istituita una zona di divieto di esercizio dell’attività venatoria nel territorio comunale, con decorrenza immediata e fino alla sua eventuale revoca.

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Divieto di caccia, potere di ordinanza del sindaco e istruttoria adeguata

Divieto di caccia, potere di ordinanza del sindaco e istruttoria adeguata

Con la sentenza n. 7 del 20 febbraio 2020, la sez. Unica del T.A.R. Valle D’Aosta analizza i poteri sindacali nel precludere un’attività che ha ingenerato allarme sociale, con conseguente necessità di tutelare l’incolumità delle persone e di garantire, altresì, l’ordine pubblico, unitamente all’esigenza di prevenzione dell’emissione di rumori molesti (inerenti all’attività di caccia).

Nella fattispecie, una serie di comitati e federazioni per la gestione venatoria ricorrono contro un’ordinanza sindacale (reiterata)[1], nel silenzio di una richiesta di rimozione in autotutela[2], con la quale è stata istituita una zona di divieto di esercizio dell’attività venatoria nel territorio comunale, con decorrenza immediata e fino alla sua eventuale revoca.

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La seconda sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza 22 luglio 2019 n. 5150 (estensore Manzione), interviene per definire la legittimità di un’ordinanza sindacale, ex artt. 50 e 54 del D.Lgs. n. 267 del 2000 (c.d. TUEL), di sgombero di un immobile occupato, pur in presenza di una situazione di pericolo già presente da tempo.

Le novità emerse dalla sentenza incidono significativamente sul potere di ordinanza, espressamente previsto dalla legge, quale forma straordinaria di intervento extra ordinem finalizzato a salvaguardare interessi primari dei singoli o della collettività a fronte di situazioni di urgente necessità ma anche a fronte di situazioni consolidate (come nel caso di specie) qualora si accerti che gli strumenti ordinari posti dall’ordinamento risultino insufficienti[1], e vi sia la contestuale esigenza di rispristinare lo stato di sicurezza urbana (rectius pericolo segnalato dal Comando VV.FF.), nelle sue late accezioni.

Il fatto nella sua essenzialità verte sull’efficacia di un’ordinanza sindacale con la quale veniva ingiunto al proprietario di un immobile il mancato utilizzo, anche tramite cessione a terzi, con contestuale intimazione al rilascio da parte degli attuali occupanti onde non metterne a repentaglio la loro incolumità (il provvedimento di rilascio del bene era stato già emesso negli anni, con lo scopo di eliminare il pericolo statico esistente mediante l’esecuzione di lavori di ristrutturazione e/o di restauro).

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Riedizione del potere di ordinanza sindacale di sgombero di immobile occupato

Riedizione del potere di ordinanza sindacale di sgombero di immobile occupato

La seconda sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza 22 luglio 2019 n. 5150 (estensore Manzione), interviene per definire la legittimità di un’ordinanza sindacale, ex artt. 50 e 54 del D.Lgs. n. 267 del 2000 (c.d. TUEL), di sgombero di un immobile occupato, pur in presenza di una situazione di pericolo già presente da tempo.

Le novità emerse dalla sentenza incidono significativamente sul potere di ordinanza, espressamente previsto dalla legge, quale forma straordinaria di intervento extra ordinem finalizzato a salvaguardare interessi primari dei singoli o della collettività a fronte di situazioni di urgente necessità ma anche a fronte di situazioni consolidate (come nel caso di specie) qualora si accerti che gli strumenti ordinari posti dall’ordinamento risultino insufficienti[1], e vi sia la contestuale esigenza di rispristinare lo stato di sicurezza urbana (rectius pericolo segnalato dal Comando VV.FF.), nelle sue late accezioni.

Il fatto nella sua essenzialità verte sull’efficacia di un’ordinanza sindacale con la quale veniva ingiunto al proprietario di un immobile il mancato utilizzo, anche tramite cessione a terzi, con contestuale intimazione al rilascio da parte degli attuali occupanti onde non metterne a repentaglio la loro incolumità (il provvedimento di rilascio del bene era stato già emesso negli anni, con lo scopo di eliminare il pericolo statico esistente mediante l’esecuzione di lavori di ristrutturazione e/o di restauro).

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La quarta sez. Milano del T.A.R. Lombardia, con la sentenza 3 dicembre 2018, n. 2725, interviene affermando la legittimità di un’ordinanza di rimozione di un cancello di sbarramento posto su una strada (ad uso pubblico), segnando i limiti del potere comunale in materia di tutela del regolare funzionamento della viabilità quando una proprietà privata è gravata da una servitù ad uso pubblico.

Il ricorso veniva proposto da alcuni privati contro un’ordinanza del responsabile del servizio, con cui si ordina di rilasciare «un’area, delimitata da cancello in ferro, di rimuovere tale cancello e il corpo caldaia che è posto in soprassuolo nel cortile e, inoltre, si ingiunge il pagamento di somme per occupazione abusiva».

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Cancello e caldaia di sbarramento su un’intersezione di uso pubblico

Cancello e caldaia di sbarramento su un’intersezione di uso pubblico

La quarta sez. Milano del T.A.R. Lombardia, con la sentenza 3 dicembre 2018, n. 2725, interviene affermando la legittimità di un’ordinanza di rimozione di un cancello di sbarramento posto su una strada (ad uso pubblico), segnando i limiti del potere comunale in materia di tutela del regolare funzionamento della viabilità quando una proprietà privata è gravata da una servitù ad uso pubblico.

Il ricorso veniva proposto da alcuni privati contro un’ordinanza del responsabile del servizio, con cui si ordina di rilasciare «un’area, delimitata da cancello in ferro, di rimuovere tale cancello e il corpo caldaia che è posto in soprassuolo nel cortile e, inoltre, si ingiunge il pagamento di somme per occupazione abusiva».

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