«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La prima sez. del T.A.R. Molise, con la sentenza n. 38 del 28 gennaio 2019, interviene per richiamare i principi dell’evidenza pubblica nella concessione di un bene pubblico in uso o in comodato: l’assegnazione diretta della gestione non è coerente con i principi dell’ordinamento giuridico, anche quando non siano presenti richieste di utilizzo del bene.

L’evidenza pubblica è lo strumento giuridico per l’assegnazione dei beni, e la pubblicità costituisce l’offerta al pubblico per la presentazione di proposte, avendo lo scopo di sollecitare il privato eventualmente silente.

I beni pubblici vanno concessi attraverso una procedura aperta, comparativa, trasparente mediante un interpello del mercato (c.d. call pubblica), trattandosi sempre di una risorsa che appartiene alla Comunità e che la Pubblica Amministrazione è chiamata, appunto, ad amministrare nell’interesse pubblico, di tutti.

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L’archetipo dell’evidenza pubblica per la concessione di una tartufaia ad uso gratuito

L’archetipo dell’evidenza pubblica per la concessione di una tartufaia ad uso gratuito

La prima sez. del T.A.R. Molise, con la sentenza n. 38 del 28 gennaio 2019, interviene per richiamare i principi dell’evidenza pubblica nella concessione di un bene pubblico in uso o in comodato: l’assegnazione diretta della gestione non è coerente con i principi dell’ordinamento giuridico, anche quando non siano presenti richieste di utilizzo del bene.

L’evidenza pubblica è lo strumento giuridico per l’assegnazione dei beni, e la pubblicità costituisce l’offerta al pubblico per la presentazione di proposte, avendo lo scopo di sollecitare il privato eventualmente silente.

I beni pubblici vanno concessi attraverso una procedura aperta, comparativa, trasparente mediante un interpello del mercato (c.d. call pubblica), trattandosi sempre di una risorsa che appartiene alla Comunità e che la Pubblica Amministrazione è chiamata, appunto, ad amministrare nell’interesse pubblico, di tutti.

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La concorrenza esige l’assolvimento di obblighi di pubblicità, mettendo tutti i potenziali offerenti in condizioni di parità informativa, senza discriminazioni, scegliendo il contraente con una procedura aperta: con gara.

L’assegnazione della gestione degli spazi pubblicitari con l’evidenza pubblica è legittima, e può essere validamente inserita nel regolamento che disciplina la pubblicità.

In questi termini, il TAR Bari, sez. III, con sentenza n. 1526 del 26 novembre 2018 ha dichiarato la piena legittimità di una norma regolamentare che individua l’operatore economico mediante una procedura concorsuale, ritenendo che tale “metodologia” non possa essere considerata una condizione restrittiva del mercato.

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Affidamento con gara della gestione degli spazi pubblicitari

Affidamento con gara della gestione degli spazi pubblicitari

La concorrenza esige l’assolvimento di obblighi di pubblicità, mettendo tutti i potenziali offerenti in condizioni di parità informativa, senza discriminazioni, scegliendo il contraente con una procedura aperta: con gara.

L’assegnazione della gestione degli spazi pubblicitari con l’evidenza pubblica è legittima, e può essere validamente inserita nel regolamento che disciplina la pubblicità.

In questi termini, il TAR Bari, sez. III, con sentenza n. 1526 del 26 novembre 2018 ha dichiarato la piena legittimità di una norma regolamentare che individua l’operatore economico mediante una procedura concorsuale, ritenendo che tale “metodologia” non possa essere considerata una condizione restrittiva del mercato.

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In generale la regola aurea finalizzata alla scelta del contraente in ambito pubblico è la procedura aperta (o ristretta in certi casi), ove viene garantita la massima partecipazione degli offerenti e, di conseguenza, la “concorrenza” con lo scopo da una parte, di acquisire una platea di proposte negoziali dai diversi operatori economici (messi in competizione), dall’altra parte, di spendere minori risorse economiche per l’acquisizione di un bene, di un servizio, di un lavoro; il tutto in una visione complessiva di valutazione della “convenienza economica” in relazione all’oggetto del contratto[1].

È di tutta evidenza che la violazione della “concorrenza” provoca maggiori oneri per la p.a. in quanto determina ribassi di gara inferiori a quelli conseguibili con una distesa di operatori economici posti in competizione, rilevando di riflesso che la procedura negoziata (l’ex trattativa privata) ha carattere derogatorio e perciò eccezionale rispetto al modello generale delle procedure aperte e ristrette[2].

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Concorrenza, trasparenza e scelta del contraente

In generale la regola aurea finalizzata alla scelta del contraente in ambito pubblico è la procedura aperta (o ristretta in certi casi), ove viene garantita la massima partecipazione degli offerenti e, di conseguenza, la “concorrenza” con lo scopo da una parte, di acquisire una platea di proposte negoziali dai diversi operatori economici (messi in competizione), dall’altra parte, di spendere minori risorse economiche per l’acquisizione di un bene, di un servizio, di un lavoro; il tutto in una visione complessiva di valutazione della “convenienza economica” in relazione all’oggetto del contratto[1].

È di tutta evidenza che la violazione della “concorrenza” provoca maggiori oneri per la p.a. in quanto determina ribassi di gara inferiori a quelli conseguibili con una distesa di operatori economici posti in competizione, rilevando di riflesso che la procedura negoziata (l’ex trattativa privata) ha carattere derogatorio e perciò eccezionale rispetto al modello generale delle procedure aperte e ristrette[2].

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La Corte Costituzionale, con la sentenza 28 marzo 2013, n.50, ha statuito che “La Corte di giustizia dell’Unione europea ha riconosciuto che rientra nel potere organizzativo delle autorità pubbliche degli Stati membri "autoprodurre" beni, servizi o lavori, mediante il ricorso a soggetti che, ancorché giuridicamente distinti dall’ente conferente, siano legati a quest’ultimo da una "relazione organica" (cosiddetto affidamento in house). Allo scopo di evitare che l’affidamento diretto a soggetti in house si risolva in una violazione dei principi del libero mercato e quindi delle regole concorrenziali, che impongono sia garantito il pari trattamento tra imprese pubbliche e private, la stessa Corte ha affermato che è possibile non osservare le regole della concorrenza a due condizioni. La prima è che l’ente pubblico svolga sulla società in house un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; la seconda è che il soggetto affidatario realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente pubblico (sentenza 18 novembre 1999, in causa C-107/98, Teckal). Tale impostazione è costantemente richiamata dalla giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, sentenza n. 439 del 2008)”

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Procedure aperte e affidamenti in house

La Corte Costituzionale, con la sentenza 28 marzo 2013, n.50, ha statuito che “La Corte di giustizia dell’Unione europea ha riconosciuto che rientra nel potere organizzativo delle autorità pubbliche degli Stati membri "autoprodurre" beni, servizi o lavori, mediante il ricorso a soggetti che, ancorché giuridicamente distinti dall’ente conferente, siano legati a quest’ultimo da una "relazione organica" (cosiddetto affidamento in house). Allo scopo di evitare che l’affidamento diretto a soggetti in house si risolva in una violazione dei principi del libero mercato e quindi delle regole concorrenziali, che impongono sia garantito il pari trattamento tra imprese pubbliche e private, la stessa Corte ha affermato che è possibile non osservare le regole della concorrenza a due condizioni. La prima è che l’ente pubblico svolga sulla società in house un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; la seconda è che il soggetto affidatario realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente pubblico (sentenza 18 novembre 1999, in causa C-107/98, Teckal). Tale impostazione è costantemente richiamata dalla giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, sentenza n. 439 del 2008)”

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