«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La massima

La sez. giurisdizionale Molise della Corte conti, con la sentenza del 31 agosto 2021 n. 53, interviene in merito alla responsabilità dovuta alla mancanza dell’aggiornamento degli oneri concessori, escludendo il danno erariale in presenza dei termini necessari per recuperare le somme rideterminate ex post ed, inoltre, nel caso che tale mancanza non risulta rilevante sulla determinazione concreta del suo aumento.

La fonte

È noto che l’art. 16, Contributo per il rilascio del permesso di costruire, del DPR n. 380/2001 stabilisce (salvo i casi di esenzione, di cui all’art. 17, comma 3)[1], che il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo (c.d. oneri concessori) commisurato:

  • all’incidenza degli oneri di urbanizzazione (primaria e secondaria);
  • (nonché) al costo di costruzione.

Il contributo concessorio opera sul piano dell’efficacia all’interno del rapporto paritetico fra Amministrazione e contribuente, rilevando che gli atti con i quali l’Amministrazione comunale determina o ridetermina il contributo (di costruzione) hanno natura privatistica, con la conseguenza che l’obbligazione di corrispondere il contributo (corrispettivo di diritto pubblico di natura non tributaria) nasce nel momento in cui viene rilasciato il titolo ed è a tale momento che occorre aver riguardo per la determinazione dell’entità dello stesso[2].

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Aggiornamento oneri concessori, prescrizione ordinaria e azioni di recupero

Aggiornamento oneri concessori, prescrizione ordinaria e azioni di recupero

La massima

La sez. giurisdizionale Molise della Corte conti, con la sentenza del 31 agosto 2021 n. 53, interviene in merito alla responsabilità dovuta alla mancanza dell’aggiornamento degli oneri concessori, escludendo il danno erariale in presenza dei termini necessari per recuperare le somme rideterminate ex post ed, inoltre, nel caso che tale mancanza non risulta rilevante sulla determinazione concreta del suo aumento.

La fonte

È noto che l’art. 16, Contributo per il rilascio del permesso di costruire, del DPR n. 380/2001 stabilisce (salvo i casi di esenzione, di cui all’art. 17, comma 3)[1], che il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo (c.d. oneri concessori) commisurato:

  • all’incidenza degli oneri di urbanizzazione (primaria e secondaria);
  • (nonché) al costo di costruzione.

Il contributo concessorio opera sul piano dell’efficacia all’interno del rapporto paritetico fra Amministrazione e contribuente, rilevando che gli atti con i quali l’Amministrazione comunale determina o ridetermina il contributo (di costruzione) hanno natura privatistica, con la conseguenza che l’obbligazione di corrispondere il contributo (corrispettivo di diritto pubblico di natura non tributaria) nasce nel momento in cui viene rilasciato il titolo ed è a tale momento che occorre aver riguardo per la determinazione dell’entità dello stesso[2].

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Le Sezioni Un. Civ. della Cassazione, con l’ordinanza 7 gennaio 2020, n. 111, intervengono per consolidare un orientamento che sottopone alla giurisdizione della Corte dei Conti, quelle condotte illecite di coloro che utilizzano l’erogazione di fondi pubblici, per scopi diversi da quelli della loro originaria destinazione.

Nella fattispecie, veniva convenuto in giudizio, dalla procura della Corte dei Conti, un soggetto (associazione senza fini di lucro con personalità giuridica di diritto privato ai sensi del D.lgs. n. 242/1999) ai fini della determinazione del danno erariale cagionato per mala gestiospese ingiustificate e sottoscrizione di una transazione con terzi recante l’esborso di un indennizzo di importo consistente»), il quale proponeva ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, deducendo il difetto di giurisdizione della Corte dei Conti, evidenziando il difetto dei presupposti necessari per la sua configurabilità “pubblicistica”.

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Erogazione di contributi pubblici, diversa destinazione e danno erariale

Erogazione di contributi pubblici, diversa destinazione e danno erariale

Le Sezioni Un. Civ. della Cassazione, con l’ordinanza 7 gennaio 2020, n. 111, intervengono per consolidare un orientamento che sottopone alla giurisdizione della Corte dei Conti, quelle condotte illecite di coloro che utilizzano l’erogazione di fondi pubblici, per scopi diversi da quelli della loro originaria destinazione.

Nella fattispecie, veniva convenuto in giudizio, dalla procura della Corte dei Conti, un soggetto (associazione senza fini di lucro con personalità giuridica di diritto privato ai sensi del D.lgs. n. 242/1999) ai fini della determinazione del danno erariale cagionato per mala gestiospese ingiustificate e sottoscrizione di una transazione con terzi recante l’esborso di un indennizzo di importo consistente»), il quale proponeva ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, deducendo il difetto di giurisdizione della Corte dei Conti, evidenziando il difetto dei presupposti necessari per la sua configurabilità “pubblicistica”.

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Il fatto

La seconda sezione centrale di Appello della Corte dei Conti, con la sentenza n. 266 del 30 giugno 2010, interviene in merito al danno cagionato da alcuni amministratori (di un I.P.A.B.) per aver effettuato operazioni finanziarie di investimento di denaro liquido di cassa rivelatasi non vantaggiosa per lo stesso istituto (confermando l’appellata sentenza della Sezione giurisdizionale per la Regione Veneto n. 879/2004).

Il danno era imputabile alla perdita di una parte del capitale investito e gli interessi passivi pagati sull’anticipazione di cassa resasi necessaria dalla momentanea carenza di liquidità (dovuta al mancato disinvestimento delle somme).

 

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Danno erariale per investimenti ad alto rischio

Il fatto

La seconda sezione centrale di Appello della Corte dei Conti, con la sentenza n. 266 del 30 giugno 2010, interviene in merito al danno cagionato da alcuni amministratori (di un I.P.A.B.) per aver effettuato operazioni finanziarie di investimento di denaro liquido di cassa rivelatasi non vantaggiosa per lo stesso istituto (confermando l’appellata sentenza della Sezione giurisdizionale per la Regione Veneto n. 879/2004).

Il danno era imputabile alla perdita di una parte del capitale investito e gli interessi passivi pagati sull’anticipazione di cassa resasi necessaria dalla momentanea carenza di liquidità (dovuta al mancato disinvestimento delle somme).

 

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