«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

(pubblicato, comedonchisciotte.org, 2 settembre 2023, con piccole aggiunte last minute)

  1. Nota di lettura. 2. Premessa atemporale. 3. La sentenza. 4. Il fatto. 5. La parte resistente. 6. La sentenza n. 27/1998 della Corte Costituzionale. 7. La “memoria” del ricorrente. 7.1. Tempestività della domanda. 7.2. La ratio legis della legge n. 210/1992. 7.3. Il nesso di causalità. 7.4. Sulla sicurezza del vaccino Salk. 7.5. I limiti della sperimentazione. 7.6. La natura degli indennizzi. 7.7. Il criterio orientativo del giudizio. 7.8. Sintesi della richiesta. 8. La perizia del CTU. 9. Il pronunciamento del giudice. 10. Un ristoro ai danni. 11. Libertà di pensiero. 12. La “trasparenza” un fine del diritto. 13. Una manipolazione ingiusta anche in epoca Covid – 19. 14. Tradire la speranza.

Incipit: «I gioielli più preziosi che avrai al collo sono le braccia dei tuoi figli»[1]: una storia di cruda verità.

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I malori da vaccini: una cruda verità

I malori da vaccini: una cruda verità

(pubblicato, comedonchisciotte.org, 2 settembre 2023, con piccole aggiunte last minute)

  1. Nota di lettura. 2. Premessa atemporale. 3. La sentenza. 4. Il fatto. 5. La parte resistente. 6. La sentenza n. 27/1998 della Corte Costituzionale. 7. La “memoria” del ricorrente. 7.1. Tempestività della domanda. 7.2. La ratio legis della legge n. 210/1992. 7.3. Il nesso di causalità. 7.4. Sulla sicurezza del vaccino Salk. 7.5. I limiti della sperimentazione. 7.6. La natura degli indennizzi. 7.7. Il criterio orientativo del giudizio. 7.8. Sintesi della richiesta. 8. La perizia del CTU. 9. Il pronunciamento del giudice. 10. Un ristoro ai danni. 11. Libertà di pensiero. 12. La “trasparenza” un fine del diritto. 13. Una manipolazione ingiusta anche in epoca Covid – 19. 14. Tradire la speranza.

Incipit: «I gioielli più preziosi che avrai al collo sono le braccia dei tuoi figli»[1]: una storia di cruda verità.

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La sez. I Roma del TAR Lazio, con la sentenza 15 novembre 2022, n. 14981, chiarisce i contorni del silenzio dell’Amministrazione, dove allo stesso non necessariamente si possa attribuire un inadempimento dall’esercizio del potere amministrativo, quando manca il destinatario.

Fatti

Si ricorre (da parte di due associazioni) avverso il silenzio asseritamente ritenuto illegittimo (inadempimento), a seguito di diffida, volto ad ottenere l’emanazione di un provvedimento (da parte del Ministero della giustizia) finalizzato alla determinazione dei parametri per la liquidazione, da parte di un organo giurisdizionale, dei compensi per la professione giornalistica, ai sensi dell’articolo 9, Disposizioni sulle professioni regolamentate, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, nonché per l’accertamento dell’obbligo di provvedere.

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Il silenzio in presenza di un potere regolamentare

Il silenzio in presenza di un potere regolamentare

La sez. I Roma del TAR Lazio, con la sentenza 15 novembre 2022, n. 14981, chiarisce i contorni del silenzio dell’Amministrazione, dove allo stesso non necessariamente si possa attribuire un inadempimento dall’esercizio del potere amministrativo, quando manca il destinatario.

Fatti

Si ricorre (da parte di due associazioni) avverso il silenzio asseritamente ritenuto illegittimo (inadempimento), a seguito di diffida, volto ad ottenere l’emanazione di un provvedimento (da parte del Ministero della giustizia) finalizzato alla determinazione dei parametri per la liquidazione, da parte di un organo giurisdizionale, dei compensi per la professione giornalistica, ai sensi dell’articolo 9, Disposizioni sulle professioni regolamentate, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, nonché per l’accertamento dell’obbligo di provvedere.

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La seconda sez. del T.A.R. Liguria, con la sentenza 174 del 4 marzo 2019, segna i contorni della libertà di espressione nella possibilità di manifestare – senza riserve – mediante l’affissione di manifesti il proprio convincimento in tema di obiezione di coscienza in ambito sanitario abortivo: involge «un tessuto assiologico di preminente rilevanza ordinamentale», che dipana tra le libertà fondamentali e i diritti incomprimibili della persona, esprimendo una serie di facoltà primarie inerenti la persona, «la libertà di autodeterminazione circa la scelta, di rilievo bioetico, di avvalersi della clausola di obiezione di coscienza da parte dei medici richiesti di praticare l’interruzione volontaria di gravidanza».

La giurisprudenza penale[1] ammette che integra il delitto di rifiuto di atti di ufficio la condotta del medico in servizio di guardia che, richiesto di assistere una paziente sottoposta ad intervento di interruzione volontaria di gravidanza, si astenga dal prestare la propria attività nelle fasi antecedenti o successive a quelle specificamente e necessariamente dirette a determinare l’aborto, invocando il diritto di obiezione di coscienza, attesi i limiti previsti dall’art. 9 legge 22 maggio 1978, n. 194, all’esercizio di tale facoltà.

La questione presenta, quindi, una forte valenza (bio)etica sotto una molteplicità di profili umani, sociali, professionali.

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Obiezione di coscienza, aborto e manifesti pubblicitari: una questione di attualità

Obiezione di coscienza, aborto e manifesti pubblicitari: una questione di attualità

La seconda sez. del T.A.R. Liguria, con la sentenza 174 del 4 marzo 2019, segna i contorni della libertà di espressione nella possibilità di manifestare – senza riserve – mediante l’affissione di manifesti il proprio convincimento in tema di obiezione di coscienza in ambito sanitario abortivo: involge «un tessuto assiologico di preminente rilevanza ordinamentale», che dipana tra le libertà fondamentali e i diritti incomprimibili della persona, esprimendo una serie di facoltà primarie inerenti la persona, «la libertà di autodeterminazione circa la scelta, di rilievo bioetico, di avvalersi della clausola di obiezione di coscienza da parte dei medici richiesti di praticare l’interruzione volontaria di gravidanza».

La giurisprudenza penale[1] ammette che integra il delitto di rifiuto di atti di ufficio la condotta del medico in servizio di guardia che, richiesto di assistere una paziente sottoposta ad intervento di interruzione volontaria di gravidanza, si astenga dal prestare la propria attività nelle fasi antecedenti o successive a quelle specificamente e necessariamente dirette a determinare l’aborto, invocando il diritto di obiezione di coscienza, attesi i limiti previsti dall’art. 9 legge 22 maggio 1978, n. 194, all’esercizio di tale facoltà.

La questione presenta, quindi, una forte valenza (bio)etica sotto una molteplicità di profili umani, sociali, professionali.

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