«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

L’Autorità Nazionale Anticorruzione[1] invita l’operatore economico a verificare la regolarità della fideiussione nelle procedure di gara, obbligandolo ad accedere all’indirizzo internet (appositamente dedicato) per la veridicità e l’autenticità della polizza, ossia che il soggetto garante sia in possesso dell’autorizzazione al rilascio di garanzie, e, di converso, la stazione appaltante a controllare la garanzia presentata nella specifica gara, ed in ogni caso prima della sottoscrizione del contratto.

In effetti, una misura di prevenzione del rischio consiste, prima della stipulazione del contratto, di accertare la “bontà” della fideiussione a garanzia delle obbligazioni assunte dalla parte privata, attività che deve essere fatta in tutte le attività negoziali della PA (vedi, ad esempio nelle convenzioni urbanistiche), dove in caso di inadempimento della prestazione (il contenuto degli obblighi) è possibile ricorrere all’escussione della polizza, e quindi assicurare il risultato finale: risultato che consiste nell’ottenere una somma di danaro certa, liquida ed esigibile a prima richiesta nel momento in cui si è verificato l’inadempimento della controparte agli obblighi dedotti in contratto, ottenendo il risarcimento pieno da parte del garante, come previsto nel contratto principale[2].

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Le verifiche delle fideiussioni: indicazioni operative

Le verifiche delle fideiussioni: indicazioni operative

L’Autorità Nazionale Anticorruzione[1] invita l’operatore economico a verificare la regolarità della fideiussione nelle procedure di gara, obbligandolo ad accedere all’indirizzo internet (appositamente dedicato) per la veridicità e l’autenticità della polizza, ossia che il soggetto garante sia in possesso dell’autorizzazione al rilascio di garanzie, e, di converso, la stazione appaltante a controllare la garanzia presentata nella specifica gara, ed in ogni caso prima della sottoscrizione del contratto.

In effetti, una misura di prevenzione del rischio consiste, prima della stipulazione del contratto, di accertare la “bontà” della fideiussione a garanzia delle obbligazioni assunte dalla parte privata, attività che deve essere fatta in tutte le attività negoziali della PA (vedi, ad esempio nelle convenzioni urbanistiche), dove in caso di inadempimento della prestazione (il contenuto degli obblighi) è possibile ricorrere all’escussione della polizza, e quindi assicurare il risultato finale: risultato che consiste nell’ottenere una somma di danaro certa, liquida ed esigibile a prima richiesta nel momento in cui si è verificato l’inadempimento della controparte agli obblighi dedotti in contratto, ottenendo il risarcimento pieno da parte del garante, come previsto nel contratto principale[2].

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La sez. I Bari del TAR Puglia, con la sentenza 30 marzo 2022, n. 460, interviene sulla nullità di un incarico dirigenziale inconferibile, negando la propria giurisdizione devoluta al giudice ordinario.

Nel caso di specie, il RPCT, dopo apposita attività istruttoria e previo contraddittorio con l’interessato[1], dichiarava la nullità dell’incarico dirigenziale, ai sensi dell’art. 17, Nullità degli incarichi conferiti in violazione delle disposizioni del presente decreto, del d.lgs. n. 39/2013, in presenza di un’ipotesi, di cui all’art. 3, comma 1, lett. c), del cit. d.lgs. (si tratta di una tipologia prevista tassativamente in un elenco), che vieta la nomina a dirigente «A coloro che siano stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per uno dei reati previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale»[2].

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Nullità dell’incarico dirigenziale inconferibile: la giurisdizione compete al G.O.

Nullità dell’incarico dirigenziale inconferibile: la giurisdizione compete al G.O.

La sez. I Bari del TAR Puglia, con la sentenza 30 marzo 2022, n. 460, interviene sulla nullità di un incarico dirigenziale inconferibile, negando la propria giurisdizione devoluta al giudice ordinario.

Nel caso di specie, il RPCT, dopo apposita attività istruttoria e previo contraddittorio con l’interessato[1], dichiarava la nullità dell’incarico dirigenziale, ai sensi dell’art. 17, Nullità degli incarichi conferiti in violazione delle disposizioni del presente decreto, del d.lgs. n. 39/2013, in presenza di un’ipotesi, di cui all’art. 3, comma 1, lett. c), del cit. d.lgs. (si tratta di una tipologia prevista tassativamente in un elenco), che vieta la nomina a dirigente «A coloro che siano stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per uno dei reati previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale»[2].

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La massima

La sez. I del TAR Basilicata, con la sentenza 10 febbraio 2022, n. 95 (Est. Mastrantuono), interviene per confermare l’esclusione da una prova concorsuale al posto di dirigente di un candidato che, pur ammonito dal bando di concorso sul divieto di utilizzare il telefono cellulare, fotografava l’elaborato della prova scritta prima della sua consegna alla Commissione esaminatrice, a cui non è passato inosservato l’inusuale “selfie” documentale.

Le regole concorsuali e interpretative

In modo puntuale, il bando concorsuale prevedeva espressamente «è vietato… l’utilizzo di cellulari, computer portatili ed altre apparecchiature elettroniche… è altresì vietato introdurre nella sede d’esami telefoni cellulari ed altri strumenti di comunicazione».

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Effetti escludenti di un “selfie” della prova concorsuale

Effetti escludenti di un “selfie” della prova concorsuale

La massima

La sez. I del TAR Basilicata, con la sentenza 10 febbraio 2022, n. 95 (Est. Mastrantuono), interviene per confermare l’esclusione da una prova concorsuale al posto di dirigente di un candidato che, pur ammonito dal bando di concorso sul divieto di utilizzare il telefono cellulare, fotografava l’elaborato della prova scritta prima della sua consegna alla Commissione esaminatrice, a cui non è passato inosservato l’inusuale “selfie” documentale.

Le regole concorsuali e interpretative

In modo puntuale, il bando concorsuale prevedeva espressamente «è vietato… l’utilizzo di cellulari, computer portatili ed altre apparecchiature elettroniche… è altresì vietato introdurre nella sede d’esami telefoni cellulari ed altri strumenti di comunicazione».

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Il principio costituzionale

L’art. 51 Cost., richiamandosi sotto il profilo sostanziale al principio di eguaglianza, nell’accesso «agli uffici pubblici e alle cariche elettive» enuncia – con una “norma programmatica” – che «a tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini» (introdotto in Costituzione dall’art. 1 della legge cost. n. 1 del 30 maggio 2003), esprimendo un principio di democrazia paritaria, contrario ad ogni atto discriminatorio fondato sul sesso (rectius genere), assicurando alle donne di accedere a condizioni di parità effettiva ai ruoli apicali del settore economico e politico, compresi tutti i processi decisionali pubblici.

Viene sancito il principio di parità di accesso alle cariche elettive e della sua obbligatoria promozione, che costituisce una naturale declinazione del principio di uguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 della Costituzione, rilevando che la norma fa riferimento alla «Repubblica», implicando che l’impegno per le “pari opportunità” riguarda e coinvolge tutti i soggetti dell’ordinamento costituzionale.

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Parità di genere e indifferenza di equilibrio

Parità di genere e indifferenza di equilibrio

Il principio costituzionale

L’art. 51 Cost., richiamandosi sotto il profilo sostanziale al principio di eguaglianza, nell’accesso «agli uffici pubblici e alle cariche elettive» enuncia – con una “norma programmatica” – che «a tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini» (introdotto in Costituzione dall’art. 1 della legge cost. n. 1 del 30 maggio 2003), esprimendo un principio di democrazia paritaria, contrario ad ogni atto discriminatorio fondato sul sesso (rectius genere), assicurando alle donne di accedere a condizioni di parità effettiva ai ruoli apicali del settore economico e politico, compresi tutti i processi decisionali pubblici.

Viene sancito il principio di parità di accesso alle cariche elettive e della sua obbligatoria promozione, che costituisce una naturale declinazione del principio di uguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 della Costituzione, rilevando che la norma fa riferimento alla «Repubblica», implicando che l’impegno per le “pari opportunità” riguarda e coinvolge tutti i soggetti dell’ordinamento costituzionale.

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La prima sez. del T.A.R. Sardegna con la sentenza 19 novembre 2020 n. 635 interviene per dichiarare l’illegittimità di un’ordinanza comunale con la quale per la medesima strada si differenzia il parcheggio – in spazi riservati – in relazione a criteri soggettivi piuttosto che in funzione di un’esigenza oggettiva attinente alla regolamentazione del traffico veicolare, e della relativa sosta.

L’art. 7, Regolamentazione della circolazione nei centri abitati, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, Nuovo codice della strada, disciplina i casi e le modalità per la sosta, rilevando che la fermata negli appositi spazi a parcheggio impone ai conducenti di segnalare, in modo chiaramente visibile, l’orario in cui la sosta ha avuto inizio (ovvero, l’eventuale esenzione), con un connesso onere della Pubblica Amministrazione di adottare gli atti necessari per l’individuazione dell’area destinata a parcheggio, secondo le modalità e i limiti della cit. norma, pena l’illegittimità dell’eventuale sanzione applicata[1].

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Sosta selvaggia o preferenziale? Meglio parcheggio riservato ed esclusivo (!)

Sosta selvaggia o preferenziale? Meglio parcheggio riservato ed esclusivo (!)

La prima sez. del T.A.R. Sardegna con la sentenza 19 novembre 2020 n. 635 interviene per dichiarare l’illegittimità di un’ordinanza comunale con la quale per la medesima strada si differenzia il parcheggio – in spazi riservati – in relazione a criteri soggettivi piuttosto che in funzione di un’esigenza oggettiva attinente alla regolamentazione del traffico veicolare, e della relativa sosta.

L’art. 7, Regolamentazione della circolazione nei centri abitati, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, Nuovo codice della strada, disciplina i casi e le modalità per la sosta, rilevando che la fermata negli appositi spazi a parcheggio impone ai conducenti di segnalare, in modo chiaramente visibile, l’orario in cui la sosta ha avuto inizio (ovvero, l’eventuale esenzione), con un connesso onere della Pubblica Amministrazione di adottare gli atti necessari per l’individuazione dell’area destinata a parcheggio, secondo le modalità e i limiti della cit. norma, pena l’illegittimità dell’eventuale sanzione applicata[1].

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La VI sez. Napoli del T.A.R. Campania, con la sentenza 19 ottobre 2020 n. 4568, interviene per delineare la legittimazione alla sottoscrizione dell’actio ad exibendum, in sede processuale in mancanza del mandato o della procura del titolare del diritto.

Giova rammentare che:

  • l’art. 6, del d.P.R. n. 184/2006, al comma 4 disciplina la richiesta formale di accesso, il cui procedimento «deve concludersi nel termine di trenta giorni, ai sensi dell’articolo 25, comma 4, della legge, decorrenti dalla presentazione della richiesta all’ufficio competente o dalla ricezione della medesima nell’ipotesi disciplinata dal comma 2», mentre all’art. 7 «Accoglimento della richiesta e modalità di accesso», comma 5 precisa che «l’esame dei documenti è effettuato dal richiedente o da persona da lui incaricata, con l’eventuale accompagnamento di altra persona di cui vanno specificate le generalità, che devono essere poi registrate in calce alla richiesta».
  • l’art. 25, «Modalità di esercizio del diritto di accesso e ricorsi», della legge n. 241/1990, al comma 4 dispone che «Decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta. In caso di diniego dell’accesso, espresso o tacito, o di differimento dello stesso ai sensi dell’articolo 24, comma 4, il richiedente può presentare ricorso al tribunale amministrativo regionale ai sensi del comma 5, ovvero chiedere, nello stesso termine e nei confronti degli atti delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali, al difensore civico competente per ambito territoriale, ove costituito, che sia riesaminata la suddetta determinazione», distinguendo, al successivo comma 5, che «Le controversie relative all’accesso ai documenti amministrativi sono disciplinate dal codice del processo amministrativo».

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Legittimazione (rappresentanza) sull’istanza di accesso agli atti in caso di silenzio

Legittimazione (rappresentanza) sull’istanza di accesso agli atti in caso di silenzio

La VI sez. Napoli del T.A.R. Campania, con la sentenza 19 ottobre 2020 n. 4568, interviene per delineare la legittimazione alla sottoscrizione dell’actio ad exibendum, in sede processuale in mancanza del mandato o della procura del titolare del diritto.

Giova rammentare che:

  • l’art. 6, del d.P.R. n. 184/2006, al comma 4 disciplina la richiesta formale di accesso, il cui procedimento «deve concludersi nel termine di trenta giorni, ai sensi dell’articolo 25, comma 4, della legge, decorrenti dalla presentazione della richiesta all’ufficio competente o dalla ricezione della medesima nell’ipotesi disciplinata dal comma 2», mentre all’art. 7 «Accoglimento della richiesta e modalità di accesso», comma 5 precisa che «l’esame dei documenti è effettuato dal richiedente o da persona da lui incaricata, con l’eventuale accompagnamento di altra persona di cui vanno specificate le generalità, che devono essere poi registrate in calce alla richiesta».
  • l’art. 25, «Modalità di esercizio del diritto di accesso e ricorsi», della legge n. 241/1990, al comma 4 dispone che «Decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta. In caso di diniego dell’accesso, espresso o tacito, o di differimento dello stesso ai sensi dell’articolo 24, comma 4, il richiedente può presentare ricorso al tribunale amministrativo regionale ai sensi del comma 5, ovvero chiedere, nello stesso termine e nei confronti degli atti delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali, al difensore civico competente per ambito territoriale, ove costituito, che sia riesaminata la suddetta determinazione», distinguendo, al successivo comma 5, che «Le controversie relative all’accesso ai documenti amministrativi sono disciplinate dal codice del processo amministrativo».

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