«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La sez. I Catanzaro del T.A.R. Calabria, con la sentenza 16 gennaio 2021 n. 87 (estensore Goggiamani), dichiara legittimo il diniego del rimborso delle spese legali in caso di assoluzione, quando il fatto è meramente occasionale e non legato inscindibilmente con l’esercizio della funzione pubblica: manca la presenza dell’immedesimazione organica che possa collegare l’evento con la prestazione in servizio.

Nel caso di specie, ad un militare veniva respinta la richiesta di rimborso di spese legali, ex art. 18 del D.L. n. 67/97, riferite all’attività di difesa in procedimento penale, generato da calunnioso esposto anonimo, per reato di «violata consegna aggravata in concorso per essersi intrattenuto all’interno di un panificio, lasciando incustodita all’esterno del locale la predetta autovettura, con all’interno la pistola mitragliatrice M/12 ed un giubbotto antiproiettile da cui era stato assolto».

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Nessun rimborso per le spese legali in caso di assoluzione per fatto occasionale di servizio

Nessun rimborso per le spese legali in caso di assoluzione per fatto occasionale di servizio

La sez. I Catanzaro del T.A.R. Calabria, con la sentenza 16 gennaio 2021 n. 87 (estensore Goggiamani), dichiara legittimo il diniego del rimborso delle spese legali in caso di assoluzione, quando il fatto è meramente occasionale e non legato inscindibilmente con l’esercizio della funzione pubblica: manca la presenza dell’immedesimazione organica che possa collegare l’evento con la prestazione in servizio.

Nel caso di specie, ad un militare veniva respinta la richiesta di rimborso di spese legali, ex art. 18 del D.L. n. 67/97, riferite all’attività di difesa in procedimento penale, generato da calunnioso esposto anonimo, per reato di «violata consegna aggravata in concorso per essersi intrattenuto all’interno di un panificio, lasciando incustodita all’esterno del locale la predetta autovettura, con all’interno la pistola mitragliatrice M/12 ed un giubbotto antiproiettile da cui era stato assolto».

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La sez. contr. Liguria della Corte Conti con la deliberazione del 30 marzo 2020, n. 38 interviene per definire i criteri di rimborso delle spese legali a favore di dipendenti coinvolti in un procedimento penale – per ragioni d’ufficio – assolti con la formula “perché il fatto non sussiste” (ex art. 530 c.p.p.), qualora l’Amministrazione si sia costituita “parte civile”.

I riferimenti normativi:

  • l’art 530 «Sentenza di assoluzione» c.p.p. dispone «se il fatto non sussiste, se l’imputato non lo ha commesso, se il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero se il reato è stato commesso da persona non imputabile o non punibile per un’altra ragione, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione indicandone la causa nel dispositivo», dove – nella prima formula – il giudicato di assoluzione contiene un effettivo e specifico accertamento circa l’insussistenza del fatto addebitabile, espressione dell’irrilevanza di alcun addebito, mancando la fattispecie criminosa e l’imputabilità (espressione dell’assoluzione con formula piena);
  • 74 «Legittimazione all’azione civile» c.p.p. dispone che «l’azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno di cui all’articolo 185 del codice penale può essere esercitata nel processo penale dal soggetto al quale il reato ha recato danno ovvero dai suoi successori universali, nei confronti dell’imputato e del responsabile civile», con lo scopo di coltivare gli interessi della Comunità a tutela del bene giuridico protetto dalla norma e leso dalla condotta posta in essere dal dipendente.

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Costituzione di parte civile, conflitto di interessi, assoluzione e diniego al rimborso delle spese legali al dipendente

Costituzione di parte civile, conflitto di interessi, assoluzione e diniego al rimborso delle spese legali al dipendente

La sez. contr. Liguria della Corte Conti con la deliberazione del 30 marzo 2020, n. 38 interviene per definire i criteri di rimborso delle spese legali a favore di dipendenti coinvolti in un procedimento penale – per ragioni d’ufficio – assolti con la formula “perché il fatto non sussiste” (ex art. 530 c.p.p.), qualora l’Amministrazione si sia costituita “parte civile”.

I riferimenti normativi:

  • l’art 530 «Sentenza di assoluzione» c.p.p. dispone «se il fatto non sussiste, se l’imputato non lo ha commesso, se il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero se il reato è stato commesso da persona non imputabile o non punibile per un’altra ragione, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione indicandone la causa nel dispositivo», dove – nella prima formula – il giudicato di assoluzione contiene un effettivo e specifico accertamento circa l’insussistenza del fatto addebitabile, espressione dell’irrilevanza di alcun addebito, mancando la fattispecie criminosa e l’imputabilità (espressione dell’assoluzione con formula piena);
  • 74 «Legittimazione all’azione civile» c.p.p. dispone che «l’azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno di cui all’articolo 185 del codice penale può essere esercitata nel processo penale dal soggetto al quale il reato ha recato danno ovvero dai suoi successori universali, nei confronti dell’imputato e del responsabile civile», con lo scopo di coltivare gli interessi della Comunità a tutela del bene giuridico protetto dalla norma e leso dalla condotta posta in essere dal dipendente.

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La Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la regione Piemonte, con la sentenza n. 170 del 27 maggio 2019, interviene per definire le condizioni necessarie per poter procedere al rimborso delle spese legali sostenute da un dipendente pubblico in relazione alla formula assolutoria.

La questione viene affrontata in via indiretta (in un giudizio erariale) in relazione alla liquidazione delle spese legali in favore di un dipendente, coinvolto in un procedimento penale (relativo a diverse ipotesi di reato in relazione alla procedura di appalto), che si è concluso «con la formula dell’estinzione del giudizio per intervenuta prescrizione dei reati».

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Nessun rimborso spese legali per intervenuta prescrizione dei reati

Nessun rimborso spese legali per intervenuta prescrizione dei reati

La Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la regione Piemonte, con la sentenza n. 170 del 27 maggio 2019, interviene per definire le condizioni necessarie per poter procedere al rimborso delle spese legali sostenute da un dipendente pubblico in relazione alla formula assolutoria.

La questione viene affrontata in via indiretta (in un giudizio erariale) in relazione alla liquidazione delle spese legali in favore di un dipendente, coinvolto in un procedimento penale (relativo a diverse ipotesi di reato in relazione alla procedura di appalto), che si è concluso «con la formula dell’estinzione del giudizio per intervenuta prescrizione dei reati».

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Il conflitto di interessi e la mancata condivisione del legale impedisce il rimborso della spese legali.

All’apertura di un procedimento penale il dipendente coinvolto dovrà segnalare prontamente il fatto all’Amministrazione di appartenenza, senza procedere, in via assolutamente autonoma e senza mai interpellare e/o condividere la sua scelta processuale con l’Amministrazione, compreso a processo terminato, qualora non interpellata l’Amministrazione, provveda all’accettazione di una pronuncia di intervenuta prescrizione e di prestare, così facendo, acquiescenza a quanto deciso in sentenza, senza rilevare che il giudizio non si è svolto nel merito, ovvero non si sono accertati i fatti e le responsabilità.

Si può, in principio, rilevare che l’accettazione, senza alcuna contestazione, da parte del dipendente della pronuncia del Tribunale penale di prima istanza, riconosce in modo espresso la piena soddisfazione degli esiti processuali, delineando – a chiare lettere – di non aver rinunciato alla prescrizione, consentendo alla sentenza di passare in giudicato, rendendola, pertanto, in alcun modo contestabile, e, come tale, preclusivo di ogni diverso accertamento da parte del giudice civile, in sede contenziosa per il ristoro delle spese legali rivendicate dal dipendente al diniego dell’Amministrazione.

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Prescrizione e rimborso spese legali

Prescrizione e rimborso spese legali

Il conflitto di interessi e la mancata condivisione del legale impedisce il rimborso della spese legali.

All’apertura di un procedimento penale il dipendente coinvolto dovrà segnalare prontamente il fatto all’Amministrazione di appartenenza, senza procedere, in via assolutamente autonoma e senza mai interpellare e/o condividere la sua scelta processuale con l’Amministrazione, compreso a processo terminato, qualora non interpellata l’Amministrazione, provveda all’accettazione di una pronuncia di intervenuta prescrizione e di prestare, così facendo, acquiescenza a quanto deciso in sentenza, senza rilevare che il giudizio non si è svolto nel merito, ovvero non si sono accertati i fatti e le responsabilità.

Si può, in principio, rilevare che l’accettazione, senza alcuna contestazione, da parte del dipendente della pronuncia del Tribunale penale di prima istanza, riconosce in modo espresso la piena soddisfazione degli esiti processuali, delineando – a chiare lettere – di non aver rinunciato alla prescrizione, consentendo alla sentenza di passare in giudicato, rendendola, pertanto, in alcun modo contestabile, e, come tale, preclusivo di ogni diverso accertamento da parte del giudice civile, in sede contenziosa per il ristoro delle spese legali rivendicate dal dipendente al diniego dell’Amministrazione.

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La massima

La sezione giurisdizionale per la regione Puglia della Corte dei Conti, con la sentenza n.787 del 14 giugno 2012, discostandosi dall’orientamento del giudice della nomofilachia, apre all’analogia (con i dipendenti pubblici) e riconosce il rimborso delle spese legali sostenute dagli amministratori pubblici assolti in un procedimento penale.

Viene postulato che una volta ravvisato il nesso di causalità necessario tra l’adempimento del mandato e la perdita pecuniaria, rappresentata dalle spese di difesa, il mandatario (ovvero, l’amministratore pubblico) può legittimamente pretendere il rimborso delle spese sostenute nel giudizio.

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Rimborsi spese legali amministratori pubblici

La massima

La sezione giurisdizionale per la regione Puglia della Corte dei Conti, con la sentenza n.787 del 14 giugno 2012, discostandosi dall’orientamento del giudice della nomofilachia, apre all’analogia (con i dipendenti pubblici) e riconosce il rimborso delle spese legali sostenute dagli amministratori pubblici assolti in un procedimento penale.

Viene postulato che una volta ravvisato il nesso di causalità necessario tra l’adempimento del mandato e la perdita pecuniaria, rappresentata dalle spese di difesa, il mandatario (ovvero, l’amministratore pubblico) può legittimamente pretendere il rimborso delle spese sostenute nel giudizio.

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