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Articolo Pubblicato il 19 Agosto, 2018

Unico lotto e cause escludenti

Unico lotto e cause escludenti

L’indeterminatezza delle prestazioni e l’elevato valore delle stesse limitano la partecipazione e, di conseguenza, la concorrenza: principi ispiratori del Codice dei contratti pubblici.

I principi della concorrenza impongono di invitare tutti gli operatori economici alla gara, dovendo ribadire che le clausole escludenti vanno impugnate immediatamente.

La mancata suddivisione in lotti è causa di illegittimità del bando quando il valore elevato ne mina la partecipazione, compresa la mancata differenziazione tra prestazioni principali e prestazioni accessorie che impedisce di formulare un’offerta in raggruppamento d’impresa.

Vi è subito da rilevare che la previsione di lotti funzionali” di importo elevato impediscono, tendenzialmente, l’accesso alla gara alle piccole e medie imprese, limitando inevitabilmente la concorrenza (Cons. Stato, sez. III, 13 novembre 2017, n. 5224).

Una ditta impugna la lex specialis di un soggetto aggregatore, con funzioni di stazione unica appaltante e centrale di committenza, per l’affidamento dei servizi di lavanolo di biancheria per tutte le aziende sanitarie della Regione Puglia: l’appalto aveva ad oggetto un lotto unico per l’intera territorio regionale con un importo a base d’asta di € 133.697.355,00 (di cui € 100.000,00 per oneri della sicurezza), oltre IVA.

L’operatore economico, impresa leader nel settore, contestava svariati profili del bando di gara, e la sez. II Bari del T.A.R. Puglia con la sentenza n. 1196 del 13 agosto 2018 si esprime sul merito.

Come primo rilievo richiama il principio generale espresso dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (decisione n. 4 del 2011) secondo il quale la legittimazione al ricorso in materia di gare pubbliche spetta in via esclusiva ai soggetti partecipanti alla gara, fatta eccezione per le ipotesi in cui la contestata clausola impedisca o renda eccessivamente gravosa la partecipazione.

Il giudice di prime cure, si allinea ai più recenti pronunciamenti dell’Adunanza del 26 aprile 2018, n. 4, secondo il quale l’operatore del settore che non abbia presentato domanda di partecipazione alla gara non è legittimato a contestare le clausole di un bando di gara che non rivestano nei suoi confronti portata escludente, precludendogli con certezza la possibilità di partecipazione.

Viene ribadito, pertanto:

  • nelle gare pubbliche l’accettazione delle regole di partecipazione non comporta l’inoppugnabilità di clausole del bando regolanti la procedura che fossero, in ipotesi, ritenute illegittime, in quanto una stazione appaltante non può mai opporre ad una concorrente un’acquiescenza implicita alle clausole del procedimento, che si tradurrebbe in una palese ed inammissibile violazione dei principi fissati dagli artt. 24, comma 1, e 113 comma 1, Cost., ovvero nella esclusione della possibilità di tutela giurisdizionale ( Stato, sez. III, 10 giugno 2016, n. 2507 e sez. V, 22 novembre 2017, n. 5438);
  • la situazione differenziata e dunque meritevole di tutela, in modo certo, è ricollegabile unicamente alla partecipazione alla stessa procedura oggetto di contestazione: la procedura cui non si sia partecipato è res inter alios acta e non legittima l’operatore economico ad insorgere avverso la medesima (Adunanza plenaria 7 aprile 2011, n. 4 e 25 febbraio 2014, n. 9);
  • solo la preclusione in radice della possibilità di prender parte ad una gara, per effetto di una clausola immediatamente ed effettivamente escludente, crea infatti un immediato pregiudizio nella sfera giuridica dei possibili concorrenti;
  • le prescrizioni che, pur astrattamente penalizzanti, consentano tuttavia la partecipazione alla procedura selettiva, a prescindere dalla gravità del vizio lamentato (cfr. Cons. Stato, sez. III, 17 maggio 2018, n. 3434).

Ciò posto, la parte ricorrente lamenta che la mancata distinzione, nella lex specialis, della prestazione principale da quelle accessorie, comporterebbe –in considerazione del disposto dell’art. 48, 2° comma, del D.Lgs. n. 50/2016 («Nel caso di forniture o servizi, per raggruppamento di tipo verticale si intende un raggruppamento di operatori economici in cui il mandatario esegue le prestazioni di servizi o di forniture indicati come principali anche in termini economici, i mandanti quelle indicate come secondarie; per raggruppamento orizzontale quello in cui gli operatori economici eseguono il medesimo tipo di prestazione; le stazioni appaltanti indicano nel bando di gara la prestazione principale e quelle secondarie»)- l’impossibilità di partecipare alla gara in questione in associazione temporanea di imprese di tipo verticale.

Se i requisiti, dichiara il giudice, sono una prerogativa dell’esercizio della riconosciuta discrezionalità delle stazioni appaltanti, tale potere, tuttavia, deve esercitarsi nella cornice dei principi che presiedono all’esercizio dell’azione amministrativa di matrice nazionale (economicità, efficacia, imparzialità, pubblicità e trasparenza) ed europea (libera concorrenza, parità di trattamento e non discriminazione, di proporzionalità), che hanno trovato un espresso riconoscimento nel nostro ordinamento giuridico per effetto della modifica all’art. 1, comma 1, della Legge 8 agosto 1990, n. 241, tradotti nello specifico ambito delle gare di appalto dagli artt. 30 e 83 del Codice dei contratti pubblici.

Ciò premesso, osserva il Collegio che la richiesta di un fatturato per servizi analoghi riferito a servizi disomogenei (lavaggio e trasporto) in capo ad uno stesso soggetto unitamente alla mancata previsione della possibilità di partecipazione in raggruppamento verticale per l’indeterminatezza della suddivisione delle prestazioni, anche considerata l’entità economica richieste, comporta un’ingiustificata restrizione della platea dei concorrenti, impedendo la partecipazione alla gara a imprese pur altamente qualificate – sia da un punto di vista economico che tecnico-professionale – in relazione al servizio principale (lavanolo).

Questa circostanza si pone in contrasto:

  • sia con il Codice dei contratti pubblici (ex 48, 2° comma, del D.Lgs. n. 50/2016, idem T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 31 agosto 2017, n. 4219);
  • sia con i principi, anche di matrice europea, su richiamati, debbono presiedere all’espletamento dell’azione amministrativa (ex 1 della Legge n. 241/1990);

Inoltre, la possibilità di dar vita a raggruppamenti di tipo verticale (o, più correttamente, di ammetterli ad una gara) sussiste solo laddove la stazione appaltante abbia preventivamente individuato negli atti di gara, con chiarezza, le prestazioni “principali” e quelle “secondarie” (Adunanza plenaria, Cons. Stato, 13 giugno 2012, n. 22; Cons. Stato, sez. III, 9 maggio 2012, n. 2689), per cui è precluso al partecipante alla gara «procedere di sua iniziativa alla scomposizione del contenuto della prestazione, distinguendo fra prestazioni principali e secondarie», onde ripartirle all’interno di un raggruppamento di “tipo verticale.

Il contestato limite restringe irragionevolmente la platea dei concorrenti, consentendo la partecipazione alla procedura solo a imprese che risultino in possesso di entrambe le qualifiche professionali per le attività di lavanolo e di trasporto e per quell’importo così elevato, con l’effetto di favorire determinati operatori a discapito di altri, senza che detto discrimine appaia giustificato o proporzionato in relazione ad un qualche interesse ritenuto prevalente.

Il precipitato di tale condotta ha l’effetto ulteriore d’introdurre surrettiziamente una causa di esclusione non prevista dalla legge (T.A.R. Toscana, sez. I, 8 marzo 2018, n. 356).

Il Tribunale non indugia nell’evidenziare che tali clausole del bando si presentano come escludenti, sia per l’elevato valore del lotto che per l’indeterminatezza delle prestazioni, che impediscono di formulare un’offerta valida o un raggruppamento legittimo, ovvero per coloro che non vantano una solida struttura aziendale, capace di sostenere una complessità di servizi tra loro non omogenei.

Potrebbe ancora sorprendere, quindi, che pur in presenza di un servizio a così elevato e vitale interesse pubblico, riferito ad un servizio sanitario, dove si dovrebbe dare la massima attenzione alla concorrenza, si “tralasci” di prestare attenzione a quei principi generali nazionali e comunitari di apertura al mercato, di non discriminazione, di par condicio, di parità di trattamento, di favor partecipationis che appartengono ormai al mondo del diritto, e prima ancora al diritto vivente.