La sez. terza della Corte dei conti centrale, con la sentenza del 4 giugno 2025, n. 87 (relatore Maio), nel rigettare la richiesta della Procura erariale sulla decorrenza del termine di prescrizione, fornisce l’occasione per riflettere sull’esigenza pratica di effettuare una minima istruttoria prima di erogare un contributo, evitando (così facendo) di esporsi al giudizio della Corte (e non solo), in lesione dei principi di buona amministrazione.
La prescrizione
Il comma secondo, dell’art. 1, Azione di responsabilità, della legge n. 20/1994, dispone che «Il diritto al risarcimento del danno si prescrive in ogni caso in cinque anni, decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso, ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta».
Il termine prescrizionale quinquennale non può farsi decorrere dalla data del fatto, bensì dalla data in cui l’ente danneggiato ha avuto contezza dell’illecito[1], nel senso che si esteriorizza (diviene percepibile, da qui l’individuazione del c.d. exordium praescriptionis) non solo come modificazione patrimoniale negativa, ma anche riconoscibile come ingiusto (spesa non dovuta/valore perduto), completandosi in tal modo la nozione giuridica di fatto dannoso per l’Erario.
Di converso, la condotta di occultamento doloso del danno, per determinare una vera e propria impossibilità di agire per far valere il diritto al risarcimento deve costituire una situazione del tutto non corrispondente alla realtà, idonea a superare l’ordinaria diligenza del danneggiato, espressione del principio di autoresponsabilità, in modo tale che neanche con l’impiego di normali controlli il danneggiato avrebbe potuto conoscere l’esistenza del danno: deve comunque realizzare una situazione obiettiva d’inconoscibilità del danno, rivelandosi, per tale caratteristica essenzialmente oggettiva, compatibile anche con le ipotesi di contestazione per colpa grave.
In breve, la scoperta del danno, da cui inizia a decorrere la prescrizione in caso di occultamento doloso, si concreta in una conoscenza affidabile degli elementi essenziali del danno e delle circostanze di fatto poste alla sua base[2].
Fatti
Nella loro essenzialità venivano (in primo grado) a giudizio:
- dei dipendenti di una amministrazione (dirigente e estensore della determinazione) per aver erogato un contributo (anticipazione del 50%) ad una società senza avvedersi, con grave negligenza, della palese irregolarità della polizza fideiussoria a garanzia dell’adempimento degli obblighi previsti dal bando (quale condizione di erogazione del contributo), come di fatto avvenuto (mancata escussione) a seguito della mancata realizzazione del progetto;
- per il beneficiario nel comportamento gravemente colposo[3], avendo presentato una polizza fideiussoria nulla in quanto rilasciata da soggetto non abilitato, ed aveva richiesto ed ottenuto l’anticipo del contributo, senza peraltro avviare il progetto finanziato con fondi pubblici, frustrando da una parte, la finalità per la quale gli stessi erano stati erogati, dall’altra parte, impedendo che potessero essere concessi a soggetti parimenti meritevoli.
Le difese eccepivano la prescrizione, donde l’appello all’accoglimento dell’eccezione: il dies a quo decorreva per i dipendenti della PA, dal momento dell’indebita erogazione risalente al 2012, mentre per il beneficiario, dal momento dell’inizio dell’attività (mai avvenuta), ovvero 2013, mentre l’invito a dedurre del 2019.
In appello, la Procura eccepiva il momento del sorgere del danno corrispondente alla determinazione di revoca del contributo e dell’impossibilità di escutere la fideiussione (anno 2014), con la piena validità dell’azione risarcitoria.
Termine di prescrizione
L’appello viene respinto sulle seguenti argomentazioni:
- non è sufficiente il compimento della condotta illecita, ma occorre anche un evento dannoso connotato da concretezza, attualità e conoscibilità obiettiva da parte della Amministrazione danneggiata: il momento della esteriorizzazione obiettiva del danno ingiusto (effettivo depauperamento del patrimonio pubblico che realizza l’eventus damni) costituisce, quindi, il dies a quo della prescrizione[4];
- la conoscibilità avviene secondo un criterio di ordinaria diligenza, risultando ininfluenti gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, salvo l’occultamento doloso (che nel caso di specie risulta assente)[5];
- da queste premesse di inquadramento, il momento della decorrenza della prescrizione coincide con il pagamento dell’anticipazione del contributo, risultando idoneo a disvelare l’inadempimento del beneficiario, ovvero la compiuta verifica della garanzia, a pena di decadenza del beneficio: la sua inidoneità incideva negativamente sull’erogazione (in mancanza della quale non si poteva erogare il contributo);
- il cit. momento determina il reale disvelamento delle condizioni di piena conoscenza dell’irregolarità dell’operazione: l’Amministrazione era nella piena capacità di accertare le condizioni per il beneficio, c.d. conoscibilità oggettiva (specie ove la percezione dell’invalidità della garanzia era «facilmente ed immediatamente rilevabile»), che non potevano rinviarsi al momento dell’escussione della polizza (c.d. conoscenza effettiva).
Considerazioni
La sentenza nella sua linearità segna in modo chiaro il momento di decorrenza della prescrizione, che corrisponde all’erogazione del beneficio; erogazione sulla base di una garanzia priva di ogni validità, con perdita definitiva di ogni ristoro e conseguente indebita erogazione dovuta alla mancata diligenza sotto il profilo istruttorio: uno sforzo facile, del tutto avulso da ogni complessità, lontano dall’eccessività (che stanca).
In termini diversi, si comprende che i fatti sono stati appurati (segnalati) con ritardo per l’azione erariale, pur tuttavia non si può non considerare che usando un minimo di accortezza (emerge de visu dalla lettura della sentenza) si poteva evitare un esborso non dovuto, visto che anche nel Codice dei contratti e in altri settori della PA, l’anticipazione o la dilazione di pagamento esige la presentazione di una valida garanzia, che presuppone una altrettanto attenta verifica.
Obblighi di verifica
In effetti, la verifica delle garanzie è una misura ormai presente in ogni Piano di prevenzione della corruzione o sez. Rischi corruttivi e trasparenza del PIAO, oltre ad essere uno degli indicatori più citati tra gli “indici di anomalia” segnalati da UIF in materia di antiriciclaggio[6].
Si rammenta, a conferma, che con Comunicato Stampa congiunto del 28 maggio 2020, Banca d’Italia, IVASS, ANAC e ACGM (oltre che il Comunicato del Presidente ANAC del 1° luglio 2015, integrato dal successivo Comunicato del 21 ottobre 2015) pubblicavano un insieme di suggerimenti per le Amministrazioni pubbliche al fine di ridurre il rischio di accettare garanzie finanziarie non valide: «Nel mercato italiano di queste garanzie, infatti, sono state riscontrate varie criticità: in alcuni casi, fideiussioni e polizze assicurative fideiussorie sono state emesse da soggetti non legittimati a farlo o si sono successivamente rivelate false; in altri, sono state emesse da soggetti formalmente legittimati ma che, al momento dell’escussione, si sono rivelati insolventi; … Un’attenta attività di controllo prima di accettare garanzie, svolta dalle Pubbliche Amministrazioni seguendo i suggerimenti formulati dalle Autorità, può evitare di perderne la protezione o di incorrere in contenziosi e contestazioni».
Si comprende, senza alcuna esitazione, che le PPAA devono sempre verificare la genuinità della garanzia, ossia le condizioni che:
- la garanzia sia rilasciata da un soggetto legittimato, con verifica sulla regolare iscrizione dell’intermediario, o interpellando direttamente le compagnie di assicurazioni;
- la polizza non sia contraffatta attraverso la richiesta diretta alla compagnia di assicurazione che ha emesso la polizza circa la sua validità.
La mancata adozione di tutte le opportune cautele nella valutazione delle polizze fideiussorie offerte a garanzia della anticipazione, attraverso il controllo preventivo, anteriore al pagamento dell’anticipazione, che la polizza fideiussoria non sia contraffatta e sia riferibile ad imprese ed intermediari regolarmente autorizzati, rientra tra i doveri di diligenza, prudenza, perizia, imparzialità e buona condotta che i pubblici dipendenti sono tenuti ad osservare, che sono rimasti inosservati[7].
(Pubblicato, gruppodelfino.it, 4 giugno 2025)
[1] Corte conti, sez. giur. Lombardia, 22 ottobre 2024, n. 168.
[2] Corte conti, sez. App. Sicilia, 6 maggio 2024, n. 64.
[3] Cass. civ., Sez. Unite, Ordinanza, 28 dicembre 2024, n. 34775, spetta alla Corte dei conti la giurisdizione sulla domanda di risarcimento del danno erariale proposta nei confronti del percettore di un finanziamento pubblico ottenuto sulla base di dichiarazioni non veritiere, perché essa si fonda sulla deduzione del pregiudizio conseguente alla distrazione delle risorse pubbliche dalle finalità a cui erano preordinate.
[4] Si tratta di un’inerzia giuridicamente rilevante, in capo al titolare, del diritto, nel farlo valere, Corte conti, sez. II App., sentenza n. 132/2019.
[5] Corte conti, sez. III App., sentenza n. 20/2020.
[6] UIF, Provvedimento 23 aprile 2018, Istruzioni sulle comunicazioni di dati e informazioni concernenti le operazioni sospette da parte degli uffici delle pubbliche amministrazioni, tra gli Indicatori di anomalia connessi con le modalità (di richiesta o esecuzione) delle operazioni (allegato B), dove si individua «Offerta di polizze di assicurazione relative ad attività sanitaria da parte di agenti o brokers operanti in nome e/o per conto di società estere, anche senza succursali in Italia, a prezzi sensibilmente inferiori rispetto a quelli praticati nel mercato… Presentazione di garanzie personali rilasciate da parte di soggetti che sembrano operare in via professionale senza essere autorizzati allo svolgimento dell’attività di prestazione di garanzie».
[7] Fasc. Presidente Anac n. 4180/2023.