«Libero Pensatore» (è tempo di agire)
Articolo Pubblicato il 10 Aprile, 2020

La fondazione in partecipazione, organismo di diritto pubblico (e sedute in videoconferenza ai tempi del COVID-19)

La fondazione in partecipazione, organismo di diritto pubblico (e sedute in videoconferenza ai tempi del COVID-19)

La sez. controllo Liguria della Corte dei Conti, con la delibera n. 28 del 27 marzo 2020, risponde (ritenendolo inammissibile) ad un quesito di un’Amministrazione locale vertente sull’applicabilità, ad una fondazione, della normativa in materia di contratti pubblici e di assunzione del personale.

Nel caso di specie, l’Amministrazione:

  • detiene una partecipazione in una Fondazione “Teatro sociale di onlus”, senza scopo di lucro, che «persegue esclusivamente finalità di solidarietà sociale nel campo della tutela, promozione e valorizzazione delle cose d’interesse artistico e storico di cui alla legge 1 giugno 1939, n. 1089 e della promozione della cultura e dell’arte (art. 10 c. 1 lett. a) n. 7 e n. 9 D.lgs. 4.12.1997)»;
  • la fondazione ha gestito la ristrutturazione dell’immobile del teatro, impiegando circa € 7.000.000 di fondi pubblici e che la stessa ha percepito, nel periodo 2018 – 2019, contributi in conto spese pari a circa € 100.000, corrisposti dai Comuni aderenti.

Una prima osservazione: la videoconferenza ai tempi del COVID-19:

  • il collegio in via preliminare, verifica la validità della sua costituzione mediante collegamento da remoto in videoconferenza con lo strumento Microsoft Teams;
  • il collegamento telematico è espressamente consentito dal legislatore che, in base al combinato disposto degli artt. 84 comma 6 («Il giudice delibera in camera di consiglio, se necessario avvalendosi di collegamenti da remoto. Il luogo da cui si collegano i magistrati e il personale addetto è considerato camera di consiglio a tutti gli effetti di legge») e 85, comma 3 lett. e) («la previsione dello svolgimento delle udienze che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti, ovvero delle adunanze che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai rappresentati delle amministrazioni, mediante collegamenti da remoto, con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione all’udienza ovvero all’adunanza, anche utilizzando strutture informatiche messe a disposizione da soggetti terzi o con ogni mezzo di comunicazione che, con attestazione all’interno del verbale, consenta l’effettiva partecipazione degli interessati»), del “cura Italia” (D.L. n. 18/2020), ove si prevede lo svolgimento, sia delle udienze che delle camere di consiglio, mediante sistema da remoto per contrastare l’emergenza sanitaria per COVID-19;
  • la ratio della disciplina della videoconferenza è quella di evitare il blocco totale dell’attività magistratuale, ove lo svolgimento della medesima possa avvenire con modalità atte ad evitare l’esposizione a pericolo della salute dei soggetti interessati;
  • il Consiglio di Stato[1] ha osservato che il collegamento da remoto risulta una modalità alternativa allo svolgimento in aula dei lavori purché «sia garantita la riservatezza del collegamento e la segretezza»;
  • la videoconferenza consente di tutelare da una parte, la salute dei magistrati senza pregiudicare il funzionamento dell’Ufficio (che continuerà ad operare a pieno regime), dall’altra parte, risponde alle direttive impartite dal Governo.it, proprio in questa fase di emergenza, in materia di home working o smart working, senza oneri per le finanze pubbliche[2].

Passando oltre, la Corte dichiara il parere non ammissibile sotto il profilo oggettivo, rilevando che le richieste di parere:

  • devono avere per oggetto la materia della “contabilità pubblica”;
  • l’oggetto del parere ed allo stesso tempo il limite della funzione consultiva;
  • la funzione di collaborazione può esprimersi ai fini della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, ma non avere portata generale;
  • anche volendo aprire ad una “nozione dinamica” di “contabilità pubblica”, le Sezioni riunite hanno puntualizzato che i quesiti, per essere ammissibili, devono comunque essere relativi a modalità di utilizzo di risorse pubbliche, da inscrivere nell’ambito di precisi obiettivi di limitazione della spesa stabiliti dai principi di coordinamento della finanza pubblica.

Dunque, alla luce la richiesta di parere deve ritenersi inammissibile, «in quanto vertente su questioni che non possono ritenersi ricomprese nella nozione di contabilità pubblica, come sopra delineata».

In termini diversi, l’applicabilità ad una fondazione di interi plessi normativi («regole di diritto pubblico per lo svolgimento delle gare di appalto (ai sensi dell’art. 3 del d.lgs. n. 50/2016) e per le assunzioni di personale pur essendo ente di diritto privato»), non immediatamente connessi, nella loro complessità, a specifici obiettivi di contenimento della spesa sanciti dai principi di coordinamento della finanza pubblica non rientra tra le materie di contabilità pubblica, anche se gli effetti si potrebbero riflettere sulla partecipazione pubblica.

La Corte, tuttavia, rileva aspetti di interesse che possono essere ancora letti in chiave interpretativa, anche in relazione alle modalità di gestione dei servizi affidati alla fondazione in partecipazione.

Rileva, infatti, tanto i contratti quanto il personale possono avere un notevole impatto sulla spesa degli Enti locali, e nel loro complesso tali discipline sono primariamente finalizzate:

  • alla tutela della concorrenza, per quanto riguarda le «regole di diritto pubblico per lo svolgimento delle gare di appalto»[3];
  • a garantire il buon andamento ed il rispetto del principio dell’accesso per pubblico concorso nel caso delle regole pubblicistiche «per le assunzioni di personale»[4];
  • viene, pertanto, escluso l’ammissibilità, sotto il profilo oggettivo di quesiti su norme del Codice dei contratti pubblici, che non sono ritenute rientrare nella materia della “contabilità pubblica[5].

A rafforzare tali interpretazioni, soggiunte anche la competenza di altri organi giurisdizionali i quali rilevano che «la presenza di pronunce di organi giurisdizionali di diversi ordini (..) può costituire un indicatore sintomatico dell’estraneità della questione alla materia della contabilità pubblica. Si tratta, evidentemente, di fattispecie in cui i profili contabili, se non marginali, non sono comunque preminenti rispetto ad altre problematiche di ordine giuridico che più propriamente devono essere risolte in diversa sede»[6].

Al termine, la Corte si sofferma su un profilo dirimente e chiarificatore dell’inquadramento giuridico delle fondazioni in partecipazione: sotto siffatto angolo visuale, ammette la Corte, «l’odierno quesito si risolve, in ultima analisi, nella possibilità di qualificare, o meno, una fondazione come organismo di diritto pubblico, ai fini dell’applicabilità del d.lgs. n. 50/2016. Tale aspetto, tuttavia, è costantemente oggetto di pronunce del Giudice amministrativo»[7].

Si può convenire, dalle osservazioni poste, che la fondazione in partecipazione pubblica ricade nella nozione qualificatoria di “organismo di diritto pubblico” (rientrante anche nell’elenco delle “Amministrazioni Pubbliche”, di cui all’elenco formato dall’ISTAT), quando:

  • detiene tra i soci fondatori enti pubblici (Stato, Regione e Comune);
  • persegue rilevanti interessi pubblici, come nel caso di specie;
  • percepisce contributi pubblici[8];
  • viene assoggettata a controlli pubblici di assoluta pregnanza[9].

Giova rammentare che la figura dell’“organismo di diritto pubblico” è stata introdotta per allargare la nozione di “Amministrazione aggiudicatrice” (ex art. 3, comma 1, lettera a) del D.lgs. n. 50/2016) tenuta al rispetto delle regole di evidenza pubblica nell’affidamento di pubbliche commesse, facendo ricorso a criteri elastici di definizione[10].

Una volta inquadrata la fondazione in partecipazione all’interno della nozione di “organismo di diritto pubblico”, l’art. 5, comma 6 del cit. Codice dei contratti pubblici, contempla la possibilità per le Amministrazioni aggiudicatrici, aventi i requisiti citati, di concludere accordi cooperativi di matrice convenzionale con altre Amministrazioni aggiudicatrici allorquando ricorrano le condizioni ivi previste:

  • «l’accordo stabilisce o realizza una cooperazione tra le Amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti, finalizzata a garantire che i servizi pubblici che essi sono tenuti a svolgere siano prestati nell’ottica di conseguire gli obiettivi che essi hanno in comune;
  • l’attuazione di tale cooperazione è retta esclusivamente da considerazioni inerenti all’interesse pubblico;
  • le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20 per cento delle attività interessate dalla cooperazione».

Il parere, sez. controllo Liguria della Corte dei Conti, n. 28 del 27 marzo 2020, con le motivazioni di inammissibilità conferma, con una lettura a contrario che le fondazioni in partecipazione, come riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale, hanno natura privata[11], esulano dalla materia della contabilità pubblica, sono espressione organizzativa delle libertà sociali, i cosiddetti corpi intermedi, collocati fra Stato e mercato, che trovano nel principio di sussidiarietà orizzontale (partenariato pubblico – privato), di cui all’ultimo comma dell’art. 118 della Costituzione, un preciso presidio rispetto all’intervento pubblico.

Le fondazioni in partecipazione, senza scopo di lucro con patrimonio funzionale all’interesse generale, godendo di una disciplina privatistica, possono operare per finalità squisitamente pubbliche: un modello gestionale aperto alla partecipazione di più soggetti giuridici, tra cui enti pubblici e privati, esprimendo una convergenza di visione per il perseguimento dell’interesse pubblico, quello che anima la P.A., di cui all’art. 97 Cost.: un fine generale pur con strumenti governati dal diritto privato.

[1] Cons. Stato, adunanza Commissione speciale, parere 10 marzo 2020, n. 571, estensore Neri, soffermandosi anche sulla sospensione dei termini, in relazione alle norme emergenziali di contenimento della pandemia, ritenendo che, in ogni caso, il giudice, in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto (circostanze entrambe che potrebbero ben ricorrere in casi del genere), può disporre, anche d’ufficio, la rimessione in termini per errore scusabile.

[2] Vedi, sul punto un contributo, La videoconferenza e il lavoro agile verso il futuro dopo il COVID-19, mauriziolucca.com, 8 aprile 2020, ove si analizzava il Decreto 1 aprile 2020 della Corte dei Conti (in G.U. n. 89 del 3 aprile 2020), «Regole tecniche ed operative in materia di svolgimento delle udienze in videoconferenza e firma digitale dei provvedimenti del giudice nei giudizi dinanzi alla Corte dei conti», per garantire la funzionalità della “Giustizia contabile” con collegamenti da remoto.

[3] Cfr. Corte Cost., sentenze n. 166/2019, n. 263/2016, n. 187 e n. 36 del 2013.

[4] Cfr. Corte Cost., sentenze n. 5/2020, n. 225/2010.

[5] Cfr. Corte Conti, sez. contr. Lazio, Delibera n. 97/2016; sez. contr. Lombardia, Delibera n. 21/2015; sez. contr. Veneto, Delibera n. 172/2013.

[6] Corte Conti, Sezione delle Autonomie, n. 3/2014.

[7] Cfr. Cons. Stato, sentenze n. 5617/2015, nn. 2843, 2362, 2026, 6146/2014, n. 4934/2013 e, da ultimo, nn. 964/965/2020.

[8] Le fondazioni bancarie che non usufruiscono di finanziamenti pubblici, o di altri ausili pubblici di carattere finanziario, non sono qualificabili come organismi di diritto pubblico, Cons. Stato, sez. VI 3 marzo 2010, n. 1255

[9] Cons. Stato, sez. VI, 10 dicembre 2015, n. 5617.

[10] T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 3 maggio 2019, n. 610.

[11] Corte Conti, sez. contr. Lombardia, deliberazione n. 232/2013.