La sez. II Napoli del TAR Campania, con la sentenza 6 giugno 2025, n. 4314 (estensore Pappalardo), affronta una tendenza dell’attualità (moderna), ove il sentimento comune ritiene che solo il digitale assume uno status di legalità (ergo legittimità), relegando l’analogico ad una “riserva di vetustà” (forma arcaica, uno sfavore), quasi l’inidoneità ad una qualche valenza giuridica (una nullità), quando la carta – da secoli – tramanda il diritto, la storia, le relazioni tra persone, mentre sul file si nutre qualche perplessità, almeno di lettura (la “conservazione”, secondo il manuale, la dovrebbe risolvere).
In dipendenza di ciò, il GA legittima la prova scritta di un concorso pubblico svolta in modalità analogica (fogli protocollo cartacei e scrittura a mano) e non mediante PC (personal computer) non ostando norme in senso contrario nell’ordinamento giuridico.
La sostanza prevale sulla forma non costituendo la prova scritta (con biro) una violazione al principio di parità di trattamento e alle regole generali di imparzialità delle operazioni concorsuali (dell’agere amministrativo): nessun vulnus alle operazioni concorsuali.
Il ricorso risulta fondato, con annullamento della determinazione del RUP e con condanna alle spese dalle PPAA evocate in giudizio.
Il merito si fonda sulle seguenti motivazioni:
– il bando concorsuale tra le regole di svolgimento della prova scritta ricalcava il contenuto dell’art. 1, Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, comma 1, lett. n), del DPR 16 giugno 2023, n. 82, secondo cui «Gli elaborati sono redatti in modalità digitale attraverso la strumentazione fornita per lo svolgimento delle prove» (fonte primaria);
– la cit. norma non è connotata da alcuna previsione di obbligatorietà e/o esclusività della modalità digitale: la stessa rappresenta la nuova formulazione di quella previgente – art. 13, comma 2, del DPR 487/1994 – ma ne differisce per la mancanza dell’avverbio “esclusivamente” che nell’art. 13 cit. sanciva l’obbligatorietà della redazione degli elaborati «su carta portante il timbro dell’ufficio e la firma di un componente della commissione esaminatrice»;
– tra il raffronto delle discipline, la versione testuale della norma attuale non includendo più l’avverbio “esclusivamente”, non rende obbligatoria la forma digitale, segnalando semmai una preferenza legislativa (favor) per promuovere l’utilizzo dello strumento informatico, senza pregio non ammettere quella analogica: la scelta è rimessa alla discrezionalità della PA, a condizione che siano garantiti i principi di trasparenza, equità e imparzialità;
– scelta effettuata dalla PA con fornitura non di supporti digitali ma di fogli carta e penna, senza peraltro ricevere alcuna contestazione dai candidati.
La modalità cartacea, rispetto alla redazione con supporti informatici attiene a modalità formali dello svolgimento della prova, non possono (per quanto sia in corso un imponente fenomeno di dematerializzazione nell’attività amministrativa) assurgere a regola della sostanza dell’azione amministrativa, idonea ad inficiare ex se ed in mancanza di comprovate violazioni della imparzialità e trasparenza la procedura concorsuale.
(estratto, pubblicato, Lexitalia.it, n. 6, 9 giugno 2025)