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Articolo Pubblicato il 10 Giugno, 2025

Nessun accesso alle schede di valutazioni della performance

Nessun accesso alle schede di valutazioni della performance

Premessa di inquadramento

L’art. 7, Sistema di misurazione e valutazione della performance, del Decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni (c.d. riforma Brunetta)[1], stabilisce al comma 1 che «Le amministrazioni pubbliche valutano annualmente la performance organizzativa e individuale. A tale fine adottano e aggiornano annualmente, previo parere vincolante dell’Organismo indipendente di valutazione, il Sistema di misurazione e valutazione della performance», delineando un meccanismo valoriale (soggetto all’andamento dell’esperienza maturata, con un monitoraggio scadenzato all’anno) in grado di analizzare e cogliere il merito della prestazione lavorativa all’interno della struttura, sia con riferimento al dipendente che al contesto nel quale si trova ad operare.

In questo processo premiale, le PPAA annualmente pubblicano un documento che ne descrive il funzionamento e la validazione, in piena autonomia e secondo gli indirizzi forniti dal Dipartimento della Funzione Pubblica (DFP), riporta i ruoli e le responsabilità di ciascuno dei soggetti coinvolti nelle diverse fasi di programmazione, misurazione, valutazione e rendicontazione: una relazione in grado di cogliere i miglioramenti e la coerenza delle scelte operate, con il quadro normativo vigente e lo specifico contesto interno (organizzativo) ed esterno (policy e stakeholders) dell’Amministrazione di appartenenza.

La trasparenza del risultato

L’art. 20, Obblighi di pubblicazione dei dati relativi alla valutazione della performance e alla distribuzione dei premi al personale, del d.lgs. n. 33/2013, si occupa di rendere trasparente l’attività di valutazione stabilendo che le PA pubblicano:

  • i dati relativi all’ammontare complessivo dei premi collegati alla performance stanziati e l’ammontare dei premi effettivamente distribuiti;
  • i criteri definiti nei sistemi di misurazione e valutazione della performance per l’assegnazione del trattamento accessorio e i dati relativi alla sua distribuzione, in forma aggregata, al fine di dare conto del livello di selettività utilizzato nella distribuzione dei premi e degli incentivi, nonché i dati relativi al grado di differenziazione nell’utilizzo della premialità, sia per i dirigenti e sia per i dipendenti, con evidente esclusione della pubblicazione delle singole schede di valutazione[2].

La valutazione della performance

Il ciclo della performance comprende un’attività pratica di analisi e giudizio del singolo sulla quantificazione del livello di raggiungimento dei risultati e degli impatti, ex art. 9, Ambiti di misurazione e valutazione della performance individuale, del cit. d.lgs., sia sui servizi erogati che sull’andamento interno dei rapporti (capacità collaborativa, c.d. comportamento), attraverso il ricorso a indicatori: una valutazione di analisi e interpretazione dei valori misurati, che tiene conto dei fattori di contesto che possono avere determinato l’allineamento o lo scostamento rispetto ad un valore di riferimento (obiettivi specifici programmati ex ante): valutazione fatta da un nucleo di valutazione (o, il alternativa da un OIV) per la dirigenza apicale, ovvero dal Responsabile della struttura/servizio per il personale assegnato.

Ogni valutazione (il c.d. output) in quanto tale è espressione di una discrezionalità del valutatore, connessa al livello di esperienza e professionalità propria, nel verificare i dati forniti e nel percepire il risultato, dunque, non può che essere, per quanto definita o adeguata la metodologia (c.d. framework) o la scheda di misurazione (con i relativi feedback dell’eventuale colloquio, c.d. calibrazione), di natura soggettiva.

Questo non significa che la valutazione possa considerarsi del tutto avulsa dal sistema di valutazione, semmai si può affermare che la valutazione ricomprende l’esercizio di una discrezionalità tecnica, che si muove all’interno di un sistema di indicatori prefissati, costituendo una griglia di possibilità dalle quale inquadrare le condotte e gli obiettivi da rendicontare nel giudizio finale.

In dipendenza di ciò, la valutazione (atto di natura privatistica di gestione del rapporto di lavoro, ai sensi del comma 2, dell’articolo 5, Potere di organizzazione, del d.lgs. n. 165/2001) può essere contestata: il giudizio va impugnato (c.d. ricorso) secondo le regole delle singole PA, oppure (espletato un tentativo di conciliazione, ex comma 2 bis dell’art. 7 del decreto Brunetta) di fronte al Giudice del lavoro (TAR per il personale non privatizzato).

La scheda di valutazione

Invero, la scheda, pur seguendo uno schema predefinito, si caratterizza (in generale) dalla flessibilità necessaria a garantire un significativo grado di adattamento dello strumento valutativo alle specifiche “performance” professionali del funzionario valutato e del ruolo ricoperto, connotata da un contenuto descrittivo dei livelli di conseguimento degli obiettivi assegnati e dei comportamenti organizzativi posti in essere, nell’ambito delle attività inerenti le proprie responsabilità, tale da renderla idonea ad assolvere, in misura soddisfacente, al relativo “standard” motivazionale, specie se arricchita dall’apporto partecipativo dato dall’interessato, sia a monte della compilazione della scheda, ovvero nella predisposizione della relazione di autovalutazione, sia a valle della stessa, attraverso la presentazione delle eventuali osservazioni (cui l’organo valutatore dà riscontro nella sua relazione conclusiva).

Quando la valutazione individuale rispetta i criteri predeterminati, assolvendo l’onere motivazionale del giudizio (inteso nell’avere adeguatamente esplicitato gli elementi che lo hanno determinato) si può sostenere di aver validamente accertato la rispondenza o meno della scheda ad una ragionevole esigenza esplicativa delle ragioni sottese alla valutazione, e conseguentemente ritenere la valutazione corretta; diversamente, quando il valutato non sia messo nelle condizioni di percepire le ragioni poste alla base di una valutazione non condivisa e che, parimenti, non può esserci crescita qualora gli aspetti che impediscono la conferma del giudizio non vengano adeguatamente rappresentati in modo da consentirne la comprensione da parte del dirigente e poter così costituire la base per ottimizzare le relative prestazioni, la valutazione risulta viziata mancando di motivazione[3].

L’interesse ostensivo

Alla luce delle considerazioni che precedono, l’interessato che ritenga di aver subito un giudizio negativo, nel senso che il valutatore ha assegnato un punteggio non corrispondente alle aspettative, nel tentativo di rivedere la valutazione potrà presentare un ricorso con le proprie ragioni.

All’interno della memoria sarà possibile o meno richiedere le valutazioni dei propri colleghi (schede) per dimostrare un’errata valutazione (insoddisfazione), se comparata con altri giudizi di colleghi ugualmente valutati dal medesimo dirigente/nucleo/OIV? Oppure, la circoscrivibilità dell’interesse ostensivo viene sottratto all’accesso disciplinato dalla legge n. 241 del 1990 nella valutazione della performance?

Formulare un’istanza di accesso motivata dall’interesse a conoscere i criteri di valutazione adottati, onde verificarne l’omogeneità (standardizzazione), se del caso anche in vista dell’avvio di un ricorso (azione legale), rectius essere titolare di un interesse qualificato e differenziato a verificare la regolarità delle valutazioni (applicazione dei medesimi criteri, c.d. obiettività), ferma restando l’accessibilità ad ogni tipologia di atto della pubblica amministrazione, anche a contenuto non provvedimentale, come le schede di valutazioni di terzi (c.d. controinteressati)[4].

L’accesso alle schede

Ciò posto, la giurisprudenza[5] sul punto osserva da principio che l’istanza tesa alla verifica dell’omogeneità dei criteri adottati per la valutazione del risultato, si presenta come una pretesa di automatismo, quasi meccanico, che implicitamente nega l’idea stessa di un’effettiva valutazione da parte dell’ufficio a ciò deputato: l’accesso è negato mancando l’interesse qualificato.

Si conferma, come nella logica di ogni valutazione, la sua estraneità ad una natura comparativa (concorsuale/selettiva)[6], essendo il giudizio sulla performance individuale un’attività autonoma che implica un congruo grado di discrezionalità amministrativa: la quale, se pur va ancorata a presupposti fattuali precisi e verificabili e se pur deve rispettare canoni di coerenza logica e linearità (pena, in caso contrario, la sua illegittimità per eccesso di potere), non consente una previa e concludente comparazione automatica, di cui l’ufficio valutatore sia solo la voce: manca una tale graduazione, che d’altronde consente di differenziare i giudizi all’interno del sistema di valutazione e dei diversi parametri/indicatori messi a disposizione (non in chiave di individuazione dei migliori, anche se di fatto questo avviene).

Questo trova conferma, peraltro, dal fatto che non vi sia alcuna graduatoria di merito oggetto di pubblicazione, dando atto che anche qualora si contestasse una paventata graduatoria concorsuale (volendo ipotizzare una selezione comparativa) non si potrebbe prescindersi, ai fini della verifica della sussistenza di un interesse attuale al ricorso, dalla c.d. prova di resistenza, dovendo il ricorrente dimostrare (o comunque fornire un principio di prova) la possibilità di ottenere un collocamento in graduatoria in posizione utile in caso di eventuale accoglimento dei motivi di ricorso proposti, essendo altrimenti inammissibile la domanda formulata[7].

In effetti, in relazione alla pretesa conoscenza della documentazione relativa alla retribuzione di risultato riconosciuta ad altri dirigenti, non appare configurabile, in capo al soggetto che formula l’istanza, alcun interesse meritevole di tutela, azionabile con il rimedio peculiare apprestato dall’art.116, Rito in materia di accesso ai documenti amministrativi, cpa[8].

È noto che l’esercizio del diritto di accesso è autorizzato solo se sostenuto dall’esigenza di tutelare un interesse giuridicamente rilevante, intendendosi per tale un interesse serio, effettivo, concreto, attuale e, in definitiva, ricollegabile all’istante da un preciso e ben identificabile nesso funzionale alla realizzazione di esigenze di giustizia[9]: la conoscenza delle schede di valutazioni di altri dirigenti non risulterebbe idonea a soddisfare alcun apprezzabile interesse, tanto meno collegato ad esigenze di difesa giurisdizionale, attesa l’assoluta irrilevanza, a qualsiasi fine di tutela dei suoi interessi, del mero confronto della retribuzione di risultato del richiedente con quella riconosciuta ai suoi colleghi, in ragione dell’autonomia e dell’indipendenza delle relative posizioni soggettive.

(Pubblicato, gruppodelfino.it, 9 giugno 2025)

[1] Si rinvia per una disamina, LUCCA, Il Decreto Legislativo 25 maggio 2017, n. 74 di modifica al decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 in materia di performance dei dipendenti pubblici, Comuni d’Italia, 2017, dove si segnala che la valutazione dovrà tenere in considerazione i risultati dell’anno precedente, con l’ovvio obiettivo di rilevare i miglioramenti o meno rispetto ad un arco temporale più esteso, e indicando pertanto un percorso nella definizione degli obiettivi stessi, anche in relazione al loro grado di raggiungimento temporale, oltre che qualitativo; tali risultati dovranno essere condivisi con tutte le componenti istituzionali e tecniche interne all’Amministrazione, inserendo la loro comunicazione anche ai componenti degli organi di controllo interni.

[2] Sul diniego all’ostensione, vedi, Garante per la protezione dei dati personali, Parere su istanza di accesso civico – 29 luglio 2020 [9445796], ove si rileva il particolare regime di pubblicità dei dati e delle informazioni ricevute tramite l’istituto dell’accesso civico (cfr. art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 33/2013), potrebbe determinare un’interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà dei dirigenti controinteressati, arrecando a questi ultimi proprio quel pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali previsto dall’art. 5 – bis, comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 33/2013.

[3] Cons. Stato, sez. III, 9 gennaio 2023, n. 293.

[4] In caso di mancata individuazione di controinteressati, il giudice adito, qualora rilevi la presenza di posizioni di controinteresse, può imporre d’ufficio la notifica del ricorso ai soggetti controinteressati ai sensi dell’art. 116 cpa, pena l’inammissibilità del ricorso per mancata integrazione del contraddittorio, Cons. Stato, sez. V, 13 gennaio 2025, n. 162.

[5] Cons. Stato, sez. V, 19 maggio 2020, n. 3176. In precedenza l’orientamento era diverso in relazione al fatto che in materia di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni il dipendente è portatore di un interesse qualificato alla conoscenza degli atti e documenti che riguardano la propria posizione lavorativa, atteso che gli stessi esulano dal diritto alla riservatezza e che l’art. 22 della legge n. 241/1990 garantisce l’accesso ai documenti amministrativi relativi al rapporto di pubblico impiego “privatizzato”, anche se le eventuali controversie attinenti a detto rapporto sono devolute alla giurisdizione del Giudice Ordinario (cfr., per tutti, TAR Campania Napoli, VI Sezione, 3 Febbraio 2011 n. 645), Cons. Stato, sez., III, 27 maggio 2013, n. 2894. Idem TAR Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 16 aprile 2015, n. 288, ritenendo accessibili le schede degli altri dirigenti, essendo strettamente funzionale e necessaria alla tutela del proprio interesse, poiché sottoposta a valutazione negativa dal competente organismo indipendente, al fine di verificare i criteri seguiti dall’organismo di valutazione e di sindacare l’incidenza degli aspetti attitudinali negativi sul voto complessivo attribuito dall’organismo indipendente di valutazione.

[6] Il risultato, o premio, o produttività non viene attribuito all’esito di procedure comparative, TAR Emilia – Romagna, Parma, sez. I, 28 luglio 2014, n. 344.

[7] Cons. Stato, sez. VII, 30 agosto 2024, n. 7322; sez. VI, 9 gennaio 2023, n. 219.

[8] Cons. Stato, sez. III, 27 ottobre 2015, n. 4903.

[9] Cfr. Cons. Stato, sez. V, 23 settembre 2015, n. 4452.