La sez. I Napoli, del TAR Campania, con sentenza 17 settembre 2025, n. 6218, interviene per riaffermare che i procedimenti amministrativi devono avere un termine finale certo, sicché a fronte di una richiesta (ossia, un procedimento ad istanza di parte) l’Amministrazione deve dare un riscontro (provvedere), nel senso di avviare il procedimento con una decisione (ex art. 2, Conclusione del procedimento, della legge n. 241/1990): il silenzio corrisponde ad inadempimento, anche di fronte ad una richiesta del conferimento del titolo di “Professore emerito”[1].
L’obbligo di provvedere
L’obbligo di provvedere è stato ritenuto sussistente anche in mancanza di una espressa disposizione normativa che tipizzi il potere del privato di presentare un’istanza e, dunque, anche in tutte le fattispecie particolari nelle quali “ragioni di giustizia e di equità” impongano l’adozione di un provvedimento, ovvero le volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, ex comma 2 bis dell’art. 1, della legge n. 241/1990, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni – qualunque esse siano – dell’Amministrazione[2].
Ne deriva che l’inerzia della Pubblica Amministrazione rileva, ai fini della configurabilità del silenzio inadempimento, solo nel caso in cui sussista in capo all’Amministrazione uno specifico obbligo di provvedere attraverso un atto tipizzato, gravitante nella sfera autoritativa della Pubblica Amministrazione, volto ad incidere in maniera positiva o negativa sulla posizione giuridica e differenziata del ricorrente[3].
La facoltà di non provvedere
Di converso, la sussistenza dell’obbligo di provvedere, anche nel caso di procedimenti ad istanza di parte, nell’ipotesi in cui l’istanza sia manifestamente infondata, donde risulta del tutto diseconomico obbligare l’Amministrazione a provvedere laddove l’atto espresso non potrebbe che essere di rigetto[4]: il dovere di concludere il procedimento, infatti, deve essere verificato in concreto in relazione non ad una pronuncia qualsiasi, ma ad una pronuncia di contenuto positivo, in quanto non sarebbe utile imporre all’Amministrazione l’obbligo di una decisione espressa in presenza di una pretesa manifestamente infondata[5].
Fatto
Nella sua essenzialità, la parte ricorrente ricorre al GA per la condotta silente del Rettore di una Università (inerzia/arresto procedimentale nel dare seguito alla richiesta del “lustro”, con inoltro al Ministero) in ordine al procedimento amministrativo a oggetto la proposta di conferimento del titolo di “Professore emerito” (riconoscimento approvato dal Consiglio di Dipartimento): il termine regolamentare non è stato rispettato; termine che decorre, per la conclusione del procedimento, dal ricevimento della domanda.
Legittimazione
Viene subito respinto il rilievo sul difetto di legittimazione della parte ricorrente sulle seguenti considerazioni:
- il titolo rappresenta un encomio, ossia un tributo di onore ed ammirazione, rivolto ad un soggetto quale ricompensa per aver svolto una carriera meritevole, da ricomprendersi fra i titoli onorifici che sono, di norma e per prassi, il risultato di una valutazione, per così dire, ontologicamente discrezionale dell’Autorità conferente (rappresenta un potere altamente discrezionale, connesso ad un interesse pubblico, piuttosto che ad uno privato, protetto solo di rimbalzo, e come tale risulta limitatamente sindacabile in sede giurisdizionale)[6];
- la possibilità di conseguire un atto ampliativo, a contenuto favorevole, rispetto al quale non può disconoscersi, pertanto, la ricorrenza di un interesse, in capo alla medesima parte, qualificato e differenziato alla definizione del relativo procedimento, qualunque ne sia l’esito (rimesso alle valutazioni ministeriali), non essendo sul punto dirimente l’assenza di una norma specifica che le attribuisca un autonomo potere di iniziativa procedimentale[7].
La verifica dell’interesse a ricorrere, diversamente che nel processo civile, non può limitarsi alla prospettazione datane dalla parte ricorrente, ma, pur partendo da essa, va compiuta tenendo conto del contraddittorio e di tutti gli apporti intervenuti allo stato degli atti, anche con prolessi nelle relative valutazioni pregiudiziali di quelle attinenti al merito che risultino funzionali allo scopo[8].
Silenzio inadempimento
Il ricorso viene accolto con condanna alle spese, non potendo dubitare «della configurabilità di un obbligo di provvedere in capo al Rettore»:
- l’omissione di un atto, alla quale consegua un illegittimo arresto procedimentale, costituisce violazione del dovere di provvedere tanto nei casi in cui non venga dato avvio al procedimento, quanto in quelli in cui lo stesso non venga concluso con l’emanazione del provvedimento finale[9];
- il mancato espletamento di una “fase” del procedimento, ne esclude ovviamente la conclusione, determinandone l’arresto, ossia la prosecuzione dell’iter procedimentale, rendendo l’inazione dell’Organo competente “giustiziabile” con il rito speciale, ex 31 e 117 c.p.a. (arresto in aperto contrasto con una norma regolamentare interna all’Ateneo inerente al cit. procedimento);
- l’obbligo giuridico di provvedere deriva da una norma di legge (quella generale e trasversale si rinviene nel cit. art. 2 della legge n. 241/1990, nel definire un termine certo di trenta giorni in difetto dello stesso, ovvero quando manca), di regolamento o da un atto amministrativo[10], scaduto il quale siamo in presenza di un inadempimento (nella sequenza procedimentale afferente al riconoscimento del titolo).
Nello specifico, una volta ottenuto il parere favorevole del Dipartimento, il Rettore (in via astratta) è titolare di un potere di “rinvio”, potendo motivatamente richiedere, al cit. Dipartimento, di riesaminare la propria decisione con un supplemento di indagine o di verifica (così adottando un atto istruttorio), pena, altrimenti, l’assoluto svilimento del ruolo riconosciuto a quest’ultimo («irragionevolmente ridotto a mero “passacarte” del Consiglio di Dipartimento»).
In termini diversi, è riconosciuto al Rettore la facoltà di formulare un provvedimento interlocutorio, rimettendo al Dipartimento su apposita richiesta, dalla quale si possa evincere una carenza di istruttoria o un giudizio negativo fondato su argomentazioni documentate, la c.d. motivazione, ex art. 3 della legge n. 241/1990; motivazione che dovrebbe essere rafforzata, avendo l’istruttoria ricevuto una prima valutazione positiva (valutazione passata al vaglio di un organo deputato ad esprimere una parere tecnico).
Dunque, non la mera trasmissione interlocutoria, senza contenere un qualche rilievo, ma un provvedimento atto a sollecitare (rinnovare) la valutazione, nel senso di sollecitare (formulare) una nuova decisione sulla base di un apporto istruttorio nuovo, quelle del Rettore dissenziente.
Manca questo contenuto decisionale (contrario o a favore) che renderebbe il ricorso improcedibile (nello specifico, l’emanazione di un «provvedimento (o l’adozione di un comportamento) esplicito in risposta all’istanza dell’interessato od in ossequio all’obbligo di legge»)[11].
Il ricorso risulta accolto con condanna alle spese («le sentenze passate in giudicato che accolgono il ricorso proposto avverso il silenzio inadempimento dell’amministrazione sono trasmesse, in via telematica, alla Corte dei conti», seconda parte, del comma 8, dell’art. 2 della legge 241/1990), avendo accertato il silenzio inadempimento, con ordine di concludere la procedura seguendo le fasi: istruttoria del Rettore, riesame da parte del Dipartimento, e inoltro al Ministero, in caso di conferma del giudizio positivo (nec spe nec metu).
Il principio di diritto
Il termine per la conclusione del procedimento, quand’anche si profili una assenza dei presupposti per l’ottenimento di un provvedimento favorevole all’istante, l’Amministrazione non è esonerata dall’obbligo di pronunciarsi con un provvedimento espresso attesa la sussistenza di tale obbligo.
Secondo i principi generali, ogniqualvolta, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica ed indipendentemente da una previsione espressa di legge, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle relative determinazioni, l’Amministrazione deve provvedere, non potendo surrogare il risultato (la motivazioni espressa) soltanto con la costituzione in giudizio a seguito della proposizione dell’actio contra silentium[12].
Appurato in via definitiva il silenzio inadempimento, segue l’azione di responsabilità erariale, oltre a quella disciplinare, incidendo sulla performance individuale.
[1] Ai sensi dell’art. 15, secondo comma, della legge 18 marzo 1959, n. 311, e dell’art. 111 del RD 31 agosto 1933, n. 1592, al fine del conferimento della onorificenza di professore emerito, rileva unicamente l’attività svolta nella qualità di professore ordinario per almeno venti anni e non anche il periodo di servizio prestato quale professore associato, Cons. Stato, Ad, Plen, 23 gennaio 2025, n. 1.
[2] Cons. Stato, sez. IV, 14 dicembre 2004, n. 7975.
[3] Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 maggio 2023, n. 5206; sez. V, 31 luglio 2019, n. 5417; sez. II, 19 febbraio 2024, n. 1606; sez. III, 12 marzo 2024, n. 2357; sez. IV, sentenza n. 9014/2024.
[4] Cfr. Cons. Stato, sez. V, 22 gennaio 2015, n. 273; sez. IV, 12 marzo 2010, n. 1468; TAR Campania, Napoli, sentenze nn. 960/2022 e 6598/2021; TAR Lazio, Roma, sentenza n. 6701/2016.
[5] TAR Sardegna, sez. I, 30 agosto 2025, n. 701.
[6] Cons. Stato, sez. VII, 7 luglio 2023, n. 6665. Tale potere di apprezzamento positivo fa parte del contenuto minimo di qualsiasi autonomia, Cons. Stato, sez. VI, 16 febbraio 2017, n. 696. Se tale esercizio del potere esprime non solo il merito scientifico, ma anche l’adesione ad un più ampio complesso di valori civili, risulta legittimo e non anomalo, o affetto da eccesso di potere, il giudizio di non meritevolezza (diniego), basato sull’esser stato membro di un’associazione segreta (nota “Loggia P2”.), perché conforme ad una valutazione negativa dello stesso legislatore: un’associazione sciolta d’autorità con la legge 25 gennaio 1982, n. 17, come esempio concreto delle associazioni segrete proibite dalla stessa legge, anche a pena di responsabilità disciplinare per i dipendenti pubblici che ne facciano parte, Cons. Stato, sez. VI, 24 febbraio 2017, n. 891. Vedi, Cons. Stato, sez. IV, 6 ottobre 2003, n. 5881, sulla legittimità di una norma regionale che imponga la dichiarazione di appartenenza a qualsiasi tipo di associazioni, comprese quelle segrete.
[7] TAR Campania, Napoli, sez. VII, 26 gennaio 2022, n. 520; TAR Lazio, Roma, sez. II, 3 dicembre 2020, n. 12924.
[8] TAR Veneto, sez. II, 27 novembre 2023, n. 1742.
[9] Cons. Stato, sez. II, 21 novembre 2023, n. 4694; TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 7 giugno 2022, n. 566.
[10] Cons, Stato, Ad. Plen., 10 marzo 1978, n. 10; TAR Lazio, Roma, sez. III, 22 maggio 2022, n. 5394.
[11] Cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 2016, n. 1502.
[12] TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 16 maggio 2024, n. 772.
