La sez. VI del Consiglio di Stato, con la sentenza 29 aprile 2025, n. 3607, conferma un orientamento costante sulle modalità di redazione di un verbale di Commissione concorsuale: deve riportare – per la sua regolarità – gli aspetti salienti e significativi delle attività svolte non la loro puntuale descrizione.
Funzione del verbale
La funzione della verbalizzazione delle prove concorsuali risulta essenzialmente strumentale e probatoria, tal che le ipotetiche irregolarità o carenze nella verbalizzazione stessa non inficiano, di per sé, il concorso se non vi è prova di una incidenza effettiva sulla regolarità della correzione.
In questo senso, il verbale è sostanzialmente la documentazione della volontà espressa dall’’organo collegiale, tale dunque da non invalidare, di per sé, le operazioni dell’organo medesimo, quando queste si siano svolte regolarmente e dall’intestazione dell’atto risulti la presenza anche dei componenti della Commissione che non hanno sottoscritto il verbale[1].
In effetti, ad esempio, la mancanza di sottoscrizione va considerata quale mera irregolarità e non idonea ad inficiare la validità del verbale, qualora non sia stata svolta alcuna contestazione circa la effettività e veridicità del suo contenuto[2].
Merito
La sentenza, nel respingere il ricorso, affronta una serie di profili di contestazione che coinvolgono le diverse fasi e attività della Commissione concorsuale (c.d. modalità), utile spunto operativo (l’elenco segue i punti della sentenza e personali aggiunte):
ASPETTI PROCEDURALI
L’art. 12, Trasparenza amministrativa nei procedimenti concorsuali, del DPR n. 487/1994, esordisce nello stabilire che «le commissioni esaminatrici, alla prima riunione, stabiliscono i criteri e le modalità di valutazione delle prove concorsuali, da formalizzare nei relativi verbali, al fine di assegnare i punteggi attribuiti alle singole prove. Esse, immediatamente prima dell’inizio di ciascuna prova orale, determinano i quesiti da porre ai singoli candidati per ciascuna delle materie di esame. Tali quesiti sono proposti a ciascun candidato previa estrazione a sorte».
La modalità di predisporre dei quesiti meno di 24 ore prima dell’inizio dell’intero ciclo di sedute di prova orale rientra nel novero delle soluzioni astrattamente consentite dalla cit. norma, atteso che la stessa non appare lesiva dei principi di segretezza e imparzialità a cui tale norma tende, né appare manifestamente irragionevole con riferimento ad una interpretazione della locuzione «immediatamente prima dell’inizio di ciascuna prova orale».
A conferma della ratio manca una prova certa di una eventuale supposta fuga di notizie (violazione del segreto), in relazione alla tempistica di stesura delle domande: segretezza garantita dal fatto (riportato a verbale) che i quesiti venivano inseriti in buste chiuse e sigillate, nonché siglate nei lembi dai Commissari, posti in custodia un luogo sicuro e sotto chiave (garantendone – così facendo – l’integrità; integrità appurata nella successiva fase di aperture delle buste al momento delle prove)[3].
È noto che i verbali della Commissione hanno natura di atto pubblico in ordine ai fatti in essi riportati: una loro contestazione dovrebbe avvenire con apposita querela di falso (contestazione di veridicità)[4].
Volendo aggiungere alcune considerazioni sulle modalità di custodia e conservazione di eventuali plichi contenenti le domande, in aderenza con gli orientamenti giurisprudenziale nelle procedure di gara, si è orientata verso criteri non formalistici quanto all’omessa dettagliata esposizione nel verbale delle modalità adoperate, ritenendo che questa non costituisca di per sé un vizio invalidante degli atti del procedimento in assenza di ulteriori elementi realmente idonei a far ritenere verificate in concreto manomissioni o alterazione dei documenti[5]: tale criterio elastico di apprezzamento delle lacune cade quando la verbalizzazione di determinate operazioni serva a dar conto del rispetto delle scansioni procedurali poste a tutela di specifici interessi e sia stata invece del tutto omessa[6].
QUESITI
Le domande della prova orale, estratte a sorte, possono non riferirsi a tutte le materie previste dal bando, atteso che la norma di riferimento non sancisce in alcun modo che l’esame debba necessariamente estendersi a tutte le materie, ma solo che le domande da sottoporre al concorrente debbano essere estratte a sorte.
Il carattere interdisciplinare delle prove orali, infatti, non si realizza con una prova orale che verta obbligatoriamente su tutte le materie, ma sulla necessità che i candidati si preparino al colloquio su tutte le materie, non avendo preventiva conoscenza degli argomenti su cui saranno interrogati[7].
Appare utile segnalare che in presenza di quesiti a risposta multipla, risulta imprescindibile che l’opzione, da considerarsi valida per ciascun quesito, sia l’unica effettivamente e incontrovertibilmente corretta sul piano scientifico, costituendo tale elemento un preciso obbligo dell’Amministrazione[8]: la formulazione dei quesiti deve consentire di desumere distintamente gli argomenti a favore della correttezza dell’una o dell’altra possibile risposta[9].
Si giunge alla conclusione che laddove la prova scritta sia articolata su risposte multiple, la formulazione del quesito deve contemplare la presenza di una sola risposta “oggettivamente” esatta[10], rimanendo preclusa ogni possibilità di interpretazione soggettiva da parte della Commissione, dovendosi ritenere legittima esclusivamente la prova condotta alla stregua di un quiz a risposta multipla che conduca ad una risposta univoca ovvero che contempli, tra le risposte da scegliere, quella indubitabilmente esatta[11].
Deve dunque farsi applicazione dei superiori principi per cui ogni quesito deve prevedere una sola risposta esatta, cosicché quelli che prevedono più risposte esatte o nessuna risposta esatta sono da considerare illegittimi e dunque da annullare in autotutela (correggendo la risposta e riformulando la graduatoria sulla base del punteggio conseguentemente attribuibile), in modo tale da neutralizzare l’incidenza negativa svolta dal quesito errato sulla valutazione complessiva dei candidati[12].
CONVOCAZIONE
La convocazione deve pervenire all’interessato personalmente, o con altre forme di pubblicità (equivalente), sicché appare irrilevante l’eventuale mancata pubblicazione dell’elenco dei candidati ammessi alla prova orale ai fini di contestare una irregolarità specifica a pregiudizio della posizione in sede di prova orale.
SUB – CRITERI DI VALUTAZIONE
La Commissione può legittimamente attribuire un punteggio per ciascun ambito disciplinare, alla luce dei singoli criteri di valutazione predeterminati rendendoli noti a ciascun candidato, essendo piena la discrezionalità sia dell’Amministrazione che della Commissione di individuazione dei criteri di valutazione nell’ambito di una procedura selettiva di un concorso pubblico, con conseguente limitazione del relativo sindacato di legittimità del giudice amministrativo alle sole ipotesi di manifesta irragionevolezza, illogicità, abnormità, ovvero non intellegibilità e trasparenza dei criteri e delle valutazioni, nonché per travisamento di fatto od errori procedurali.
Infatti, in linea con l’ineludibile principio di trasparenza, le Commissioni esaminatrici debbano rendere percepibile l’iter logico seguito nell’attribuzione del punteggio, non necessariamente mediante diffuse esternazioni verbali relative al contenuto delle prove, essendo sufficiente l’indicazione del punteggio numerico, che sintetizza le ragioni dell’apprezzamento purché a monte siano stati predeterminati criteri idonei alla ricostruzione dell’iter logico seguito dalla Commissione nella valutazione delle prove d’esame[13].
In termini più esplicativi, siamo in presenza di un giudizio tecnico-discrezionale, caratterizzato da profili di puro merito non sindacabile in sede di legittimità, salvo che risulti manifestamente viziato da illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà o travisamento dei fatti: il sindacato di legittimità del giudice amministrativo incontra il limite costituito dalla non ingerenza nel c.d. merito amministrativo, sfera riservata dell’agire della PA, gravando, grava sul ricorrente l’indicazione di quei profili di illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà o travisamento dei fatti, tali da sostanziare il vizio di eccesso di potere[14].
LA VOTAZIONE NUMERICA
La ritenuta incongruenza (rispetto alla qualità delle risposte concretamente date) del voto numerico assegnato non può ritenersi elemento invalidante, visto che le valutazioni espresse dalla Commissione giudicatrice di un concorso sono espressione di un’ampia discrezionalità, sindacabile in sede di legittimità nei soli casi di esiti abnormi, caratterizzati da illogicità, ovvero superficialità manifeste, emergenti dalla stessa documentazione[15], ed inoltre deve essere coerente con criteri di valutazione predeterminati e adeguatamente esplicitati a verbale[16].
Il voto numerico alle prove o ai titoli nell’ambito – in mancanza di una contraria disposizione – esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della Commissione stessa, contenendo in sé stesso la motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni.
Quale principio di economicità amministrativa di valutazione, assicura la necessaria chiarezza e graduazione delle valutazioni compiute dalla Commissione nell’ambito del punteggio disponibile e del potere amministrativo da essa esercitato e la significatività delle espressioni numeriche del voto[17], sotto il profilo della sufficienza motivazionale in relazione alla prefissazione (a monte), da parte della stessa Commissione esaminatrice, di criteri di massima di valutazione che soprassiedono all’attribuzione del voto, da cui desumere, con evidenza, la graduazione e l’omogeneità delle valutazioni effettuate mediante l’espressione della cifra del voto, con il solo limite della contraddizione manifesta tra specifici elementi di fatto obiettivi, i criteri di massima prestabiliti e la conseguente attribuzione del voto (solo se mancano criteri di massima e precisi parametri di riferimento cui raccordare il punteggio assegnato, si può ritenere illegittima la valutazione dei titoli in forma numerica)[18].
Si deve osservare che quando il criterio prescelto dal legislatore per la valutazione delle prove scritte nell’esame è quello del punteggio numerico, costituente la modalità di formulazione del giudizio tecnico-discrezionale finale espresso su ciascuna prova, con indicazione del punteggio complessivo utile per l’ammissione all’esame orale, tale punteggio, già nella varietà della graduazione con la quale si manifesta, esterna una sintetica valutazione che si traduce in un giudizio di sufficienza o di insufficienza, a sua volta variamente graduato a seconda del parametro numerico attribuito al candidato, che non solo stabilisce se quest’ultimo ha superato o meno la soglia necessaria per accedere alla fase successiva del procedimento valutativo, ma dà anche conto della misura dell’apprezzamento riservato dalla Commissione esaminatrice all’elaborato e, quindi, del grado di idoneità o inidoneità riscontrato[19].
CORREZIONI E GIUDIZIO
Ai fini della verifica di legittimità dei verbali di correzione e dei conseguenti giudizi non occorre l’apposizione di glosse, segni grafici o indicazioni di qualsivoglia tipo sugli elaborati in relazione a eventuali errori commessi[20].
Va anche detto che ai fini della contestazione del giudizio negativo di una prova scritta di un concorso, la perizia di parte, così come un parere pro veritate, non può essere contrapposta all’attività di valutazione della Commissione connotata da discrezionalità tecnica.
Valutazioni di tale genere sono sostanzialmente irrilevanti ai fini di confutare il giudizio della Commissione, in quanto spetta a quest’ultima la competenza a valutare gli elaborati degli esaminandi e, a meno che non ricorra l’ipotesi residuale del macroscopico errore logico, non è consentito al giudice della legittimità sovrapporre alle determinazioni da essa adottate il parere reso da un soggetto terzo[21].
NATURA E VERBALIZZAZIONE
L’art. 15, Processo verbale delle operazioni d’esame e formazione delle graduatorie, del DPR n. 487/94, dispone che «di tutte le operazioni di esame e delle deliberazioni prese dalla commissione esaminatrice, anche nel giudicare i singoli lavori, si redige giorno per giorno un processo verbale sottoscritto da tutti i commissari e dal segretario», significando che il verbale non deve obbligatoriamente contenere una puntuale descrizione dell’attività svolta dalla Commissione giudicatrice atteso che l’oggetto del verbale sono soltanto gli aspetti salienti e significativi dell’attività amministrativa oggetto di documentazione[22].
L’approdo comporta che le irregolarità nella verbalizzazione non hanno di per sé carattere viziante qualora non compromettano la funzione strumentale propria del verbale di carattere probatorio, per cui le irregolarità o carenze di verbalizzazione non sono di per sé idonee ad inficiare la procedura qualora detta funzione non sia stata validamente provata che sia rimasta compromessa: il verbale non è atto collegiale ma solo un documento che attesta, con le dovute garanzie legali, il contenuto della volontà collegiale[23].
MANCATO SUPERAMENTO DELLA PROVA ORALE
Una volta che viene accertata la regolarità della procedura e appurato che il candidato non ha superato le prove, viene meno l’interesse alla verifica di eventuali irregolarità nella valutazione dei titoli.
Invero, da un lato, la valutazione dei titoli è del tutto autonoma rispetto alla successiva fase orale e, dunque, è inidonea ad esplicare alcun effetto sull’esito della prova orale in contestazione.
L’esito negativo di questa rende invece irrilevanti gli eventuali vizi della procedura di valutazione dei titoli, dal momento che, in ogni caso, l’appellante non vedrebbe mutata la propria condizione di esclusa: deve ritenersi inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso contro un provvedimento qualora, dall’esperimento della c.d. prova di resistenza, risulti con certezza che il ricorrente non avrebbe comunque ottenuto il bene della vita perseguito nel caso di accoglimento del ricorso[24].
CONFLITTO DI INTERESSI
La non corretta composizione di una Commissione esaminatrice non può, di per sé, integrare un motivo di ricorso da parte del candidato non soddisfatto del risultato concorsuale, laddove non si dimostri che la non corretta composizione abbia influenzato l’andamento del concorso e l’esito negativo per il concorrente[25].
Sotto questo profilo, l’art. 11, Adempimenti della commissione esaminatrice, del DPR n. 487 del 1994, prevede che «Prima dell’inizio delle prove concorsuali la commissione, considerato il numero dei concorrenti, stabilisce il termine del procedimento concorsuale e lo rende pubblico. I componenti, presa visione dell’elenco dei partecipanti, sottoscrivono la dichiarazione che non sussistono situazioni di incompatibilità tra essi ed i concorrenti, ai sensi degli articoli 51 e 52 del codice di procedura civile».
Le cause d’incompatibilità, sancite dall’art. 51 cpc, estendibili a tutti i campi dell’azione amministrativa, in considerazione del principio costituzionale di imparzialità, affermandone al contempo il carattere tassativo e l’impossibilità di procedere ad un’estensione analogica delle stesse[26], stante, altresì, l’esigenza di assicurare la certezza dell’azione amministrativa e di evitare un pretestuoso ricorso ad elementi invalidanti che non sia basato su un effettivo conflitto di interessi[27].
Nei termini, per garantire la continuità all’azione amministrativa e stabilità della composizione delle Commissioni giudicatrici, in tale materia il ricorso ad elementi invalidanti deve basarsi su un effettivo conflitto di interessi[28].
Inoltre, si deve chiarire che:
- la semplice sussistenza di rapporti di ufficio tra commissario e candidato non è idonea ad integrare gli estremi delle cause d’incompatibilità normativamente cristallizzate, a meno che i rapporti personali o professionali non siano di rilievo ed intensità tali da far sorgere il sospetto che il candidato sia giudicato non in base al risultato delle prove, bensì in virtù delle conoscenze personali;
- l’appartenenza allo stesso ufficio del candidato e il legame di subordinazione o di collaborazione tra i componenti della Commissione e il candidato stesso non rientrano nelle ipotesi di astensione, di cui all’art. 51 cpc[29];
- i rapporti personali di colleganza o di collaborazione tra alcuni componenti della Commissione e determinati candidati non sono sufficienti a configurare un vizio della composizione della Commissione stessa, non potendo le cause di incompatibilità previste dall’art. 51 (tra le quali non rientra l’appartenenza allo stesso ufficio e il rapporto di colleganza) essere oggetto di estensione analogica, in assenza di ulteriori e specifici indicatori di una situazione di particolare intensità e sistematicità, tale da dar luogo ad un vero e proprio sodalizio professionale[30];
- la conoscenza personale e/o l’instaurazione di rapporti lavorativi ed accademici non sono di per sé motivi di astensione, a meno che i rapporti personali o professionali non siano di rilievo ed intensità tali da far sorgere il sospetto che il candidato sia giudicato non in base al risultato delle prove, bensì in virtù delle conoscenze personali[31];
- perché i rapporti personali assumano rilievo, deve trattarsi di rapporti diversi e più saldi di quelli che di regola intercorrono tra maestro ed allievo o tra soggetti che lavorano nello stesso ufficio, essendo rilevante e decisiva la circostanza che il rapporto tra commissario e candidato, trascendendo la dinamica istituzionale delle relazioni docente/allievo, si sia concretato in un autentico sodalizio professionale, in quanto tale connotato dai caratteri della stabilità e della reciprocità d’interessi di carattere economico, in un rapporto personale di tale intensità da fare sorgere il sospetto che il giudizio non sia stato improntato al rispetto del principio di imparzialità[32];
- sussiste una causa di incompatibilità – con conseguente obbligo di astensione – per il componente di una Commissione giudicatrice di concorso universitario ove risulti dimostrato che fra lo stesso e un candidato esista un rapporto di natura professionale con reciproci interessi di carattere economico ed una indubbia connotazione fiduciaria[33];
- l’incompatibilità tra esaminatore e concorrente si può realmente ravvisare non già in ogni forma di rapporto professionale o di collaborazione scientifica, ma soltanto in quei casi in cui tra i due sussista un concreto sodalizio di interessi economici, di lavoro o professionali talmente intensi da ingenerare il sospetto che la valutazione del candidato non sia oggettiva e genuina, ma condizionata da tale cointeressenza[34];
- sono tutte le ipotesi di peculiare “amicizia” o assiduità nei rapporti (personali, scientifici, lavorativi, di studio), rispetto ad un altro concorrente, in misura tale che possa determinare anche solo il dubbio di un sostanziale “turbamento” o “offuscamento” del principio di imparzialità: l’esistenza di un rapporto di collaborazione costante (per non dire assoluta) determina necessariamente un particolare vincolo di amicizia tra i detti soggetti, che è idonea a determinare una situazione di incompatibilità dalla quale sorge l’obbligo di astensione del Commissario, pena, in mancanza, il viziare in toto le operazioni concorsuali[35];
- l’obbligo di astensione, che la situazione di conflitto di interessi ingenera, costituisce un corollario del principio di imparzialità (ex 97 Cost.) e, pertanto, le ipotesi di astensione obbligatoria non sono tassative, e come tali da interpretarsi restrittivamente, ma piuttosto esemplificative: in ordine alle conseguenze giuridiche, la mancata astensione del funzionario comporta una illegittimità procedimentale che incide sulla legittimità dell’atto finale[36];
- il sindacato in ordine alla sussistenza di situazioni di conflitto di interesse deve essere svolto, in concreto, con il dovuto rigore, valorizzando i canoni di imparzialità, obiettività e trasparenza che devono informare l’attività valutativa delle Commissioni di concorso, dovendosi anche precisare che, ad assumere rilievo, in forza delle generali previsioni dell’art. 6 bis della legge n. 241 del 1990, sono non solo i conflitti di interessi conclamati ma anche quelli potenziali, integrati dalla sussistenza di gravi ragioni di convenienza percepite come una minaccia alla imparzialità e indipendenza dei componenti dell’organo collegiale nel contesto della procedura concorsuale[37];
- affinché i rapporti personali assumano rilievo deve trattarsi di rapporti diversi e più saldi di quelli che di regola intercorrono tra soggetti che lavorano nello stesso ufficio, essendo rilevante e decisiva la circostanza che il rapporto tra commissario e candidato, trascendendo la dinamica istituzionale delle relazioni docente/allievo o tra collega/collega, si sia concretato in un autentico sodalizio professionale connotato dai caratteri della stabilità e della reciprocità d’interessi di carattere economico[38].
COMPONENTI DELLA COMMISSIONE CONCORSO
Nulla vieta che i Commissari debbano essere necessariamente esterni, dovendo valutare (di converso) la professionalità posseduta, rilevando che, salvo espresse previsioni di legge, non si esige che tutti i membri dalla Commissione posseggano una qualifica di dirigente, contemplando anche la categoria degli “esperti di comprovata qualificazione”, entro la quale può farsi rientrare anche un funzionario[39].
L’art. 9, Commissioni esaminatrici, del DPR n. 487/1994, al comma uno, individua i commissari come «tecnici esperti nelle materie oggetto del concorso, scelti tra dipendenti di ruolo delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime», avendo cura di:
- garantire il principio della parità di genere;
- l’individuazione preferenziale di personale di qualifica pari o superiore a quella cui il concorso è riferito;
- la scelta anche tra il personale in quiescenza che abbia posseduto, durante il servizio attivo, la qualifica richiesta per i concorsi;
- la nomina in via definitiva dei supplenti, tanto per il presidente quanto per i singoli componenti la commissione;
- di aggiungere aggregati membri per gli esami di lingua straniera e per le materie relative a specializzazioni non rinvenibili nelle amministrazioni, oltre (una facoltà) agli specialisti in psicologia e risorse umane.
Breve nota
Il pregio della sentenza è quello di aver individuato una batteria di casi e regole procedimentali per una corretta stesura (verbalizzazione) delle operazioni concorsuali, entrando nel merito della loro legittimità, avendo sempre come obiettivo di presidiare la trasparenza e la motivazione di quanto operato: una qualità di contenuto.
Una verbalizzazione per punti essenziali, oltre a semplificare le attività della Commissione, dimostra una linearità di giudizio, senza soffermarsi su formalismi ma entrando nella sostanza delle valutazioni.
Una vera capacità (quasi una virtù) di superare brillantemente la prova, dimostrando un’attitudine non tanto ad una visione nozionistica delle materie ma ad una comprensione del lavoro da svolgere: una diligenza bilanciata dal ruolo e dalle responsabilità da deporre all’altare dell’“interesse pubblico”, quello delle Istituzioni (ex artt. 54, 97 e 98 Cost.), dove se da una parte, la formazione e la preparazione sono un minimo non negoziabile, dall’altra parte, non appare superfluo possedere doti di “buon senso” (troppo spesso, insuperabili).
In questa aratura di consapevolezza, invece di ricercare il vizio procedurale o altre iatture, constatare le proprie mancanze (deficienze) potrebbe portare ad una maggiore cognizione (percezione dei limiti), sapendo (o intuendo) che un concorso pubblico dovrebbe essere affrontato (dai candidati) avendo (almeno, quanto meno) la conoscenza delle norme di base, dei principi e valori costituzionali, del contesto lavorativo: uno sforzo valoriale che arricchirebbe e arricchisce il servizio in una Pubblica Amministrazione.
Nelle prove selettive e nei concorsi “puliti” da ogni indebita pressione[40], riferendosi ai livelli più elevati di responsabilità, le tradizioni esperienziali narrano che il candidato vincitore sia quello che, oltre a conoscere la materia (non necessariamente tutta la materia), dimostra (in pratica, contrapposta alla teoria) non la sua “genialità” (irraggiungibile) quanto la sua normalità: un’abilità concreta.
(pubblicato, gruppodelfino.it, 29 aprile 2025)
[1] TAR Lazio, Roma, sez. I quater, sentenza n. 13755/2024.
[2] Cfr., TAR Lazio, Roma, sez. I, 15 luglio 2022, n. 10022; sez. III, 4 aprile 2022, n. 3835.
[3] Nell’ambito dei concorsi a pubblici impieghi, la violazione del principio di anonimato nell’ambito di una procedura concorsuale comporta un’illegittimità da pericolo astratto; tuttavia, è necessario che gli interessati offrano almeno un principio di prova sulla possibilità che tale violazione abbia potuto tradurre in concreto quel pericolo astratto, TAR Lazio, Roma, sez. I quater, 29 luglio 2024, n. 15384.
[4] L’atto di verbalizzazione ha una funzione di certificazione pubblica, contiene e rappresenta i fatti e gli atti giuridicamente rilevanti che è necessario siano conservati per le esigenze probatorie con fede privilegiata – dal momento che sono redatti da un pubblico ufficiale – che si sostanzia essenzialmente nella attendibilità in merito alla provenienza dell’atto, alle dichiarazioni compiute innanzi al pubblico ufficiale ed ai fatti innanzi a lui accaduti, cfr. Cass., sez. I, 3 dicembre 2002, n. 17106. Pertanto, in carenza, di querela di falso, non può sussistere dubbio sulla veridicità dei fatti accertati dai verbalizzanti, Cons. Stato, sez. VI, 22 ottobre 2024, n. 8453.
[5] Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 24 novembre 2017, n. 5487; sez. V, 13 maggio 2014, n. 2444; sez. V, 14 ottobre 2014, n. 5060; sez. IV, 22 dicembre 2014, n. 6226; sez. V, 9 marzo 2015, n. 1166; sez. V, 15 giugno 2015, n. 2937; sez. V, 27 ottobre 2016, n. 275.
[6] Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 14 aprile 2008, n. 1575 e sez. V, 8 agosto 2016, n. 3538.
[7] Cons. Stato, sez. V, 20 aprile 2016, n. 1567.
[8] Cfr.: TAR Lombardia, Milano, sez. I, 29 luglio 2011, n. 2035.
[9] Cons. Stato, sez. III, 4 febbraio 2019, n. 842; TAR Lazio, Roma, sez. III – IV, sentenza n. 7392/2018.
[10] Formulata in maniera chiara, non incompleta o ambigua, in modo da consentire l’univocità della risposta, Cons. Stato, sez. VI, sentenza n. 4862/2012.
[11] Cons. Stato, sez. II, 5 ottobre 2020, n. 5820.
[12] Cfr. Cons. Stato, sez. VI, sentenza n. 2673/2015.
[13] Cfr. Cons. Stato, sez. V, 23 aprile 2019, n. 2573 e sez. III, 29 aprile 2019, n. 2775.
[14] Cons. Stato, sez. III, 14 aprile 2023, n. 3765.
[15] Le valutazioni espresse dalle Commissioni di esame in merito alle prove di concorso costituiscono espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l’idoneità tecnica e/o culturale, ovvero attitudinale, dei candidati, con la conseguenza che non sono sindacabili dal giudice amministrativo, se non nei casi in cui sussistano elementi idonei ad evidenziarne uno sviamento logico o un errore di fatto o, ancora, una contraddittorietà ictu oculi rilevabile, TAR Lazio, Roma, II stralcio, 2 agosto 2024, n. 15641; Cons. Stato, sez. VI 30 settembre 2015, n. 4549, e 9 novembre 2011, n. 5924.
[16] TAR Sicilia, Catania, sez. III, 25 novembre 2024, n. 3895.
[17] TAR Veneto, sez. IV, 21 ottobre 2024, n. 2471.
[18] Cons. Stato, sez. VII, 9 aprile 2024, n. 3235.
[19] Cons. Stato, sez. V, 30 novembre 2015, n. 5407.
[20] Cons. Stato, sez. V, 12 gennaio 2023, n. 409, sez. III, sentenza n. 4367 del 2021; sez. II, sentenza n. 4018 del 2021; sez. VI, sentenza n. 207 del 2021; sez. V, sentenza n. 5743 del 2021; sez. IV, sentenza n. 4745 del 2018.
[21] Cons. Stato, sez. VII, 4 aprile 2024, n. 3070; sez. IV, 7 giugno 2021, n. 4331; sez. III, 24 maggio 2021, n. 4018.
[22] Cfr. Cons. Stato, sez. III, 18 gennaio 2017, n. 209; sez. IV, 12 gennaio 2011, n. 124; sez. II, 24 gennaio 2007, n. 7648.
[23] cfr. Cons. Stato, sez. VII, 11 ottobre 2023, n. 8871; sez. II, 24 gennaio 2007, n. 7648 e sez. IV, 22 settembre 2005, n. 4989.
[24] Cons. Stato, sez. V, 23 agosto 2019, n. 5837.
[25] Cons. Stato, sez. VI, 18 aprile 2012, n. 2217.
[26] Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 15 giugno 2020, n. 3804.
[27] Cons. Stato, sez. VI, 30 luglio 2013, n. 4015; sez. III, 2 aprile 2014, n. 1577; sez. III, 28 aprile 2016, n. 1628.
[28] Cons. Stato, sez. VII, 18 marzo 2025, n. 2236; sez. VI, 27 aprile 2015, n. 2119.
[29] Cfr. Cons. Stato, sez. III, 28 aprile 2016, n. 1628; sez. V, 17 novembre 2014, n. 5618; sez. VI, 27 novembre 2012, n. 4858.
[30] Cons. Stato, sez. VI, 23 settembre 2014, n. 4789.
[31] Cons. Stato, sez. VI, 26 gennaio 2015, n. 327.
[32] Cons. Stato, sez. III, 28 aprile 2016, n. 1628.
[33] Cons. Stato, sez. VI, 31 maggio 2013, n. 3006.
[34] TAR Lazio, Roma, sez. III bis, 11 luglio 2013, n. 6945.
[35] ANAC, delibera n. 353/2023, Richiesta di parere in ordine alla sussistenza di una ipotesi di conflitto di interessi a carico di un componente di commissioni giudicatrici di concorsi pubblici (Rif. nota prot. n. ANAC n. 88135 del 28 ottobre 2022) – Riscontro. Vedi, anche, ANAC, delibera n. 25 del 15 gennaio 2020, Indicazioni per la gestione di situazioni di conflitto di interessi a carico dei componenti delle commissioni giudicatrici di concorsi pubblici e dei componenti delle commissioni di gara per l’affidamento di contratti pubblici.
[36] Cons. Stato, sez. IV, 24 aprile 2023, n. 4129, nel senso che le circostanze esemplificative mutuano l’attitudine a generare il dovere di astensione direttamente dal superiore principio di imparzialità, che ha carattere immediatamente e direttamente precettivo, Cons. Stato sez. II, 26 settembre 2022, n. 8271; sez. II, 21 ottobre 2019, n. 7113; sez. II, 9 marzo 2020, n. 1654.
[37] Cons. Stato, sez. VII, 8 marzo 2023, n. 2408.
[38] Cons. Stato, sez. VI, sentenza n. 4015 del 2013.
[39] Intuitive esigenze di speditezza e semplificazione dell’azione amministrativa postulano che il requisito di “esperto” proprio di ciascun commissario sia valutato con una certa ragionevolezza, ad evitare che una interpretazione troppo rigorosa della qualifica di esperto in ciascuna delle materie d’esame (per titoli di studio, riconoscimenti scientifici, esperienza professionale etc.) comporti un intollerabile aggravamento del procedimento selettivo già nella fase della formazione dell’organo tecnico chiamato a operare le valutazioni sui titoli e le prove d’esame dei candidati, cfr. Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 5137/2015; sez. III, 21 ottobre 2020, n. 6366.
[40] Si rinvia, LUCCA, L’elogio della “spinta”: apologia classica di una nuova base giuridica del “raccomando”, comedonchisciotte.org, 7 febbraio 2021, ove si annota, in un bilanciamento valoriale, con riferimento ad una progressione di carriera, che vi è un obbligo “rafforzato” di motivazione, «dovendosi dare conto in maniera convincente di quali fossero i profili attitudinali e di merito di cui il candidato privo di pregresse esperienze direttive avesse esclusivo o maggior possesso rispetto all’altro candidato e in che modo tali profili fossero idonei ad attribuire allo stesso prevalenza, rendendolo più idoneo avuto riguardo alle esigenze funzionali da soddisfare».