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Articolo Pubblicato il 5 Marzo, 2019

Dissenso in sede di conferenza di servizi per il rilascio dell’AIA

Dissenso in sede di conferenza di servizi per il rilascio dell’AIA

La prima sez. del T.A.R. Umbria, con la sentenza 20 febbraio 2019 n. 79, interviene indicando la forma corretta per esprimere il dissenso, da parte di una Amministrazione, in sede di conferenza di servizi, ex art. 14 quater della Legge n. 241/1990, al fine di non lasciare spazio alla mera opposizione non significativa.

La questione verteva sul rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) sull’ampliamento di un impianto di incenerimento, dove la Regione non avrebbe tenuto conto del “dissenso qualificato” di un’Amministrazione locale (espresso dal Sindaco), emesso ai sensi del comma 3 dell’art. 14 quater della legge 241/1990 («In caso di approvazione unanime, la determinazione di cui al comma 1 è immediatamente efficace. In caso di approvazione sulla base delle posizioni prevalenti, l’efficacia della determinazione è sospesa ove siano stati espressi dissensi qualificati ai sensi dell’articolo 14 quinquies e per il periodo utile all’esperimento dei rimedi ivi previsti»)[1], e suffragato da evidenze scientifiche, dovendosi eventualmente rimettere il procedimento al Consiglio dei Ministri[2].

Il Collegio di prime cure entra subito nel merito della vicenda, richiamando i precedenti giurisprudenziali univoci sul dissenso manifestato in sede di conferenza di servizi che «deve rispondere ai principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, predicati dall’articolo 97 della Costituzione, non potendo limitarsi ad una mera sterile opposizione al progetto in esame, ma dovendo essere “costruttivo”; in altri termini, esso «deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell’assenso»[3].

L’intervento nella seduta della conferenza di servizi, il Sindaco si è limitato a dichiarare che «al momento, non vi siano le condizioni per dettare le prescrizioni… funzionali alla adozione del provvedimento AIA, mancandone, così come riportato in premessa, i necessari elementi costitutivi e pertanto si dichiara contrario al rilascio dello stesso provvedimento AIA».

Ad avviso del Tribunale la dichiarazione costituisce una forma non legittima per dichiarare una effettiva e valida manifestazione di dissenso, trattandosi semmai di un’espressione di una posizione meramente interlocutoria che rinvia surrettiziamente la manifestazione definitiva della volontà a un tempo successivo alla chiusura della conferenza, e che non può pertanto essere valutata in termini negativi, in quanto proveniente da Amministrazione che ha sostanzialmente dichiarato di non essere in grado di esprimersi[4].

A ben vedere, si annota, la presenza di una documentazione tecnica o l’eventuale presenza di un’indagine epidemiologica (cfr. gli artt. 216 e 217 del R.D. 1265/1934) in seno alla conferenza medesima avrebbe consentito all’Amministrazione di manifestare in modo consapevole un giudizio, con riscontri oggettivi del dissenso, arricchito da profili fattuali e motivazionali, capaci di influire il procedimento AIA.

L’assenza di prove in grado di dimostrare la pericolosità ambientale dell’impianto o, quanto meno, formulare delle prescrizioni cogenti sotto il profilo tecnico/sanitario snaturano di contenuto ogni ipotesi di paventato danno alla salute ed all’ambiente, ove si consideri, peraltro, che l’adeguamento alle prescrizioni AIA comportano una riduzione – in via cautelativa e precauzionale – delle emissioni di taluni inquinanti in atmosfera, con conseguente miglioramento dell’impianto di coincenerimento dei rifiuti.

In termini più divulgativi, era necessario dimostrare nel concreto e con appositi rilievi che l’invocato principio di precauzione era violato, dando prova dell’esistenza di un rischio specifico; rischio che consegue all’esito di una valutazione quanto più possibile completa, condotta alla luce dei dati disponibili che risultino maggiormente affidabili e che deve concludersi con un giudizio di stretta necessità della misura[5].

È noto che il principio di precauzione è uno dei capisaldi della politica ambientale dell’Unione europea, insieme a quelli del “chi inquina paga” e dell’azione preventiva[6]; tuttavia, tale principio non conduce automaticamente a vietare ogni attività che, in via di mera ipotesi soggettiva e non suffragata da alcuna evidenza scientifica, si assuma foriera di eventuali rischi per la salute, privi di ogni riscontro oggettivo e verificabile: il principio di precauzione richiede, piuttosto e in primo luogo, una seria e prudenziale valutazione, alla stregua dell’attuale stato delle conoscenze scientifiche disponibili, dell’attività che potrebbe ipoteticamente presentare dei rischi[7].

L’insieme, al di là del caso specifico, porta alla conclusione che il dissenso inserito in un modello procedimentale, come quello della conferenza di servizi, deve essere supportato da idonea documentazione tecnica/istruttoria o sostenuto da prescrizioni non ritraibili, ovvero dimostrare al fine di un esito positivo la conformazione del progetto/intervento alle previsioni di legge, sotto i diversi profili che interessano il singolo procedimento, ad es. la viabilità, l’esigenza ambientale, il livello di emissioni nell’aria, le dotazioni infrastrutturali.

La conferenza di servizi esprime, in questo modo, l’esigenza di concentrare e semplificare il processo decisionale, un modulo procedimentale che conduce all’adozione di un provvedimento che assorbe gli atti riconducibili alle Amministrazioni che hanno partecipato alla conferenza o che, regolarmente invitate, avrebbero dovuto prendervi parte[8], dove il dissenso non può essere che motivato e non una semplice manifestazione di disaccordo, avendo l’istituto una funzione di tipo acceleratorio[9], finalizzata ad acquisire ogni proposta per raggiungere l’esito voluto: l’approvazione finale del progetto o l’autorizzazione necessaria per dar corso ad un’attività o servizio.

[1] Cfr. Cons. Stato, Adunanza della Commissione speciale del 29 marzo 2018, numero 01127/2018, numero affare 00468/2018, oggetto: «Quesito sulle modalità di applicazione dell’articolo 14 ter, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241, così come sostituito dall’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 127, in merito al rappresentante unico delle amministrazioni statali in seno alla conferenza di servizi simultanea». Vedi, anche, Cass. Civ., S.U., 16 aprile 2018, n. 9338, dove si evidenzia che in caso di dissenso espresso da un’Amministrazione preposta alla tutela di un interesse sensibile, nel novero dei quali si colloca quello paesaggistico, il meccanismo previsto dal 3° comma dell’art. 14 quater della Legge n. 241/90 impedisce alla conferenza di servizi di procedere ulteriormente e rende doverosa, ove l’Amministrazione procedente intenda perseguire il superamento del dissenso, la rimessione della decisione al Consiglio dei ministri.

[2] Il procedimento presso il C.d.M. è “atto di alta amministrazione”, ossia una particolare categoria di atto, finalizzato a raccordare la funzione di governo con quella amministrativa, intrinsecamente caratterizzata da un elevatissimo grado di discrezionalità, T.A.R. Molise, Campobasso, sez. I, 18 luglio 2018, n. 460.

[3] Cons. Stato, sez. V, 23 maggio 2011, n. 3099 e 24 gennaio 2013, n. 434; sez. IV, 24 maggio 2013, n. 2836; sez. III, 23 gennaio 2014, n. 350; sez. V, 13 marzo 2014, n. 1180; sez. IV, 1 luglio 2015, n. 3252; sez. II, par. n. 2363 del 14 novembre 2016.

[4] Cons. Stato, sez. VI, 28 maggio 2015, n. 2675; T.A.R. Piemonte, sez. I, 18 aprile 2012, n. 449.

[5] Cons. Stato, sez. V, 27 dicembre 2013, n. 6250.

[6] Invero, il principio di precauzione impone che quando sussistono incertezze riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute umana, possono essere adottate misure di protezione senza dover attendere che siano pienamente dimostrate l’effettiva esistenza e la gravità di tali rischi, Cons. Stato, sez. IV, 27 marzo 2017, n. 1392.

[7] GA, sez. giurisdizionale, 3 settembre 2015, n. 581.

[8] La conferenza dei servizi costituisce soltanto un modulo organizzativo funzionale per l’acquisizione, circa un provvedimento da adottare, dell’avviso di tutte le Amministrazioni preposte alla cura degli interessi coinvolti in quest’ultimo, per un’accelerazione dei tempi procedurali (e dunque per la speditezza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa) attraverso un esame contestuale di tutti gli interessi pubblici coinvolti: essa non implica, tuttavia, la creazione di un apposito ufficio amministrativo speciale, separato dai soggetti che vi hanno partecipato, Cons. Stato, sez. VI, 10 aprile 2014, n. 1718.

[9] La conferenza di servizi è un’occasione procedimentale di accelerazione e coordinamento dei casi complessi, ma non un organo privativo della formazione collegiale della decisione, vale a dire decidente in luogo delle Amministrazioni convocate, Cons. Stato, sez. VI, 18 aprile 2011, n. 2378; 23 maggio 2012, n. 3039; 6 maggio 2013, n. 2417.