«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La sez. III del TAR Veneto, con la sentenza del 19 ottobre 2022 n. 1599, interviene per ribadire che l’onere di bonifica incombe sul responsabile dell’inquinamento, anche in caso di cessione della titolarità (subentro) nell’esercizio dell’attività che ha prodotto la contaminazione del suolo.

Il ricorso

Il ricorso, nella sua essenzialità, viene promosso contro una determinazione della Provincia nella parte in cui attribuisce alla società ricorrente (che era subentrata ad un precedente assegnatario) la responsabilità della contaminazione di un’area, già oggetto di concessione (produzione di gas da carbone), rientrata nella disponibilità di un Ente locale e successivamente dismessa mediante asta pubblica.

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Oneri di bonifica del subentrante

Oneri di bonifica del subentrante

La sez. III del TAR Veneto, con la sentenza del 19 ottobre 2022 n. 1599, interviene per ribadire che l’onere di bonifica incombe sul responsabile dell’inquinamento, anche in caso di cessione della titolarità (subentro) nell’esercizio dell’attività che ha prodotto la contaminazione del suolo.

Il ricorso

Il ricorso, nella sua essenzialità, viene promosso contro una determinazione della Provincia nella parte in cui attribuisce alla società ricorrente (che era subentrata ad un precedente assegnatario) la responsabilità della contaminazione di un’area, già oggetto di concessione (produzione di gas da carbone), rientrata nella disponibilità di un Ente locale e successivamente dismessa mediante asta pubblica.

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  1. Il caso e la ratio. 2. Interpretazione rigorosa. 3. La natura dei Consorzi di bonifica. 4. La composizione del Consorzio di bonifica. 5. L’esercizio dei poteri. 6. Il principio di separazione. 7. Precisazioni sull’inquadramento dei Consorzi di bonifica. 8. Modello organizzativo e separazione dei poteri nei Consorzi di bonifica. 9. I poteri del Consiglio di amministrazione del Consorzio di bonifica. 10. La mancanza di deleghe ai componenti del Consiglio di amministrazione (soluzione del caso).

 Il caso e la ratio

La questione posta verte sulla possibilità di nominare un consigliere comunale (di un comune superiore a 15.ooo abitanti), quale componente di un Consiglio di amministrazione di un Consorzio di bonifica (caso estendibile ad altri soggetti, ad es. società); componente privo di deleghe, e, dunque, escludendo (o meno) l’ipotesi di inconferibilità o incompatibilità, di cui al d.lgs. n. 39/2013.

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Analisi della disciplina sulla inconferibilità/incompatibilità ai fini della nomina regionale di un componente del C.d.a. di un Consorzio di bonifica (ente pubblico economico)

Analisi della disciplina sulla inconferibilità/incompatibilità ai fini della nomina regionale di un componente del C.d.a. di un Consorzio di bonifica (ente pubblico economico)
  1. Il caso e la ratio. 2. Interpretazione rigorosa. 3. La natura dei Consorzi di bonifica. 4. La composizione del Consorzio di bonifica. 5. L’esercizio dei poteri. 6. Il principio di separazione. 7. Precisazioni sull’inquadramento dei Consorzi di bonifica. 8. Modello organizzativo e separazione dei poteri nei Consorzi di bonifica. 9. I poteri del Consiglio di amministrazione del Consorzio di bonifica. 10. La mancanza di deleghe ai componenti del Consiglio di amministrazione (soluzione del caso).

 Il caso e la ratio

La questione posta verte sulla possibilità di nominare un consigliere comunale (di un comune superiore a 15.ooo abitanti), quale componente di un Consiglio di amministrazione di un Consorzio di bonifica (caso estendibile ad altri soggetti, ad es. società); componente privo di deleghe, e, dunque, escludendo (o meno) l’ipotesi di inconferibilità o incompatibilità, di cui al d.lgs. n. 39/2013.

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La sez. I stralcio del T.A.R. Lazio – Roma, con la sentenza 19 agosto 2020 n. 9258, dichiara l’illegittimità di un’ordinanza di bonifica di un sito inquinato senza l’instaurazione del dovuto contradditorio, ex art 7 ss. della legge n. 241/1990.

Il terzo comma, dell’art. 192 («Divieto di abbandono») del d.lgs. n. 152/2006 («Norme in materia ambientale») prevede che la violazione del divieto di abbandono e il deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo o l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee impone di «procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo», disponendo che il Sindaco con propria ordinanza determini tutte le operazioni necessarie entro un termine stabilito, pena l’esecuzione in danno.

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Ordinanza di bonifica sito inquinato e obblighi partecipativi

Ordinanza di bonifica sito inquinato e obblighi partecipativi

La sez. I stralcio del T.A.R. Lazio – Roma, con la sentenza 19 agosto 2020 n. 9258, dichiara l’illegittimità di un’ordinanza di bonifica di un sito inquinato senza l’instaurazione del dovuto contradditorio, ex art 7 ss. della legge n. 241/1990.

Il terzo comma, dell’art. 192 («Divieto di abbandono») del d.lgs. n. 152/2006 («Norme in materia ambientale») prevede che la violazione del divieto di abbandono e il deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo o l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee impone di «procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo», disponendo che il Sindaco con propria ordinanza determini tutte le operazioni necessarie entro un termine stabilito, pena l’esecuzione in danno.

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Attraverso operazioni societarie, nello spirito dei principi costituzionali di libertà economica (e in tempi non sospetti), si può incorrere nel rischio di essere esentati dalle responsabilità in materia di inquinamento ambientale.

La quarta sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5021 del 22 agosto 2018, conferma un giudicato di primo grado e afferma che la responsabilità in materia ambientale deve essere provata.

Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare provvedeva a sanzionare alcune società per inquinamento.

La circostanza fattuale emergeva a seguito di alcune analisi effettuate in alcuni siti che avevano dimostrato che gli inquinanti ivi riscontrati erano “compatibili” con la tipologia di attività industriale svolta dalle cennate imprese.

Si potrebbe affermare, astraendo la questione al caso di specie, che se in una determinata zona o area geografica è presente un’industria che tratta determinati composti chimici e quell’area, a seguito di rilevamenti ed esami clinici, si scoprono valori di quelle sostanze nel sangue della popolazione residente in un certo numero di volte superiori rispetto a popolazioni italiane che vivono in aree non inquinate, si possa (oltre ad associare tali livelli a forti rischi per la salute) dedurne l’inquinamento con la dovuta bonifica (e profilassi della popolazione)

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Scissione societarie e danno ambientale

Scissione societarie e danno ambientale

Attraverso operazioni societarie, nello spirito dei principi costituzionali di libertà economica (e in tempi non sospetti), si può incorrere nel rischio di essere esentati dalle responsabilità in materia di inquinamento ambientale.

La quarta sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5021 del 22 agosto 2018, conferma un giudicato di primo grado e afferma che la responsabilità in materia ambientale deve essere provata.

Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare provvedeva a sanzionare alcune società per inquinamento.

La circostanza fattuale emergeva a seguito di alcune analisi effettuate in alcuni siti che avevano dimostrato che gli inquinanti ivi riscontrati erano “compatibili” con la tipologia di attività industriale svolta dalle cennate imprese.

Si potrebbe affermare, astraendo la questione al caso di specie, che se in una determinata zona o area geografica è presente un’industria che tratta determinati composti chimici e quell’area, a seguito di rilevamenti ed esami clinici, si scoprono valori di quelle sostanze nel sangue della popolazione residente in un certo numero di volte superiori rispetto a popolazioni italiane che vivono in aree non inquinate, si possa (oltre ad associare tali livelli a forti rischi per la salute) dedurne l’inquinamento con la dovuta bonifica (e profilassi della popolazione)

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