«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

Il pronunciamento

La sez. III del Consiglio di Stato, con la sentenza 27 luglio 2020 n. 4771, risponde in maniera positiva al diritto di accesso ai documenti da parte di un giornalista del proprio istituto di previdenza; accesso finalizzato a conoscere le operazioni di conferimento (selezione, corrispondenza di stima, documenti istruttori, contratto/regolamento della gestione patrimoniale/immobiliare del fondo) del patrimonio immobiliare alla propria cassa (INPGI)[1].

In breve, la questione verteva sulla possibilità di accedere alla documentazione di gestione del “Fondo immobiliare” e del diniego espresso:

  • del soggetto gestore, in relazione alla riservatezza commerciale dell’attività svolta dallo stesso Fondo e dei relativi riflessi;
  • dell’Istituto di previdenza, per carenza di legittimazione (alias «sussistenza di un interesse diretto, attuale e concreto») non ritenendo sufficiente la mera qualità di iscritto alla Cassa, nonché trattandosi di questioni attinenti ad un’attività non pubblicistica ma esterna, priva per ciò di pubblico interesse visto che l’asset immobiliare deve garantire la migliore redditività, finalizzata a contribuire all’equilibrio economico finanziario dei conti dell’ente nel medio lungo periodo, non anche alla gestione delle risorse finalizzate alle attività di assistenza e previdenza presso i propri iscritti.

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Diritto di accesso alle operazioni patrimoniali privatistiche incidenti su una cassa di previdenza (fondazione): un caso singolare

Diritto di accesso alle operazioni patrimoniali privatistiche incidenti su una cassa di previdenza (fondazione): un caso singolare

Il pronunciamento

La sez. III del Consiglio di Stato, con la sentenza 27 luglio 2020 n. 4771, risponde in maniera positiva al diritto di accesso ai documenti da parte di un giornalista del proprio istituto di previdenza; accesso finalizzato a conoscere le operazioni di conferimento (selezione, corrispondenza di stima, documenti istruttori, contratto/regolamento della gestione patrimoniale/immobiliare del fondo) del patrimonio immobiliare alla propria cassa (INPGI)[1].

In breve, la questione verteva sulla possibilità di accedere alla documentazione di gestione del “Fondo immobiliare” e del diniego espresso:

  • del soggetto gestore, in relazione alla riservatezza commerciale dell’attività svolta dallo stesso Fondo e dei relativi riflessi;
  • dell’Istituto di previdenza, per carenza di legittimazione (alias «sussistenza di un interesse diretto, attuale e concreto») non ritenendo sufficiente la mera qualità di iscritto alla Cassa, nonché trattandosi di questioni attinenti ad un’attività non pubblicistica ma esterna, priva per ciò di pubblico interesse visto che l’asset immobiliare deve garantire la migliore redditività, finalizzata a contribuire all’equilibrio economico finanziario dei conti dell’ente nel medio lungo periodo, non anche alla gestione delle risorse finalizzate alle attività di assistenza e previdenza presso i propri iscritti.

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La sez. III quater Roma del T.A.R. Lazio, con la sentenza 6 luglio 2020, n. 7704 (estensore Marotta) consolida un orientamento sulla legittimazione all’accesso delle organizzazione sindacali a beneficio dei propri iscritti.

L’organizzazione sindacale tra i propri scopi statutari coinvolge indubbiamente la tutela degli interessi degli associati, ossia della categoria di riferimento, innestando una piena legittimazione a ricorrere in relazione all’esistenza di una posizione soggettiva qualificata: la legittimazione attiva consiste, infatti, nell’affermata titolarità di tale posizione giuridica in capo al sindacato, individuando l’interesse al ricorso che risiede nella possibilità di ottenere un vantaggio attinente ad uno specifico bene della vita, che rientra tra i propri scopi (come si vedrà)[1].

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Diritto di accesso delle organizzazioni sindacali

Diritto di accesso delle organizzazioni sindacali

La sez. III quater Roma del T.A.R. Lazio, con la sentenza 6 luglio 2020, n. 7704 (estensore Marotta) consolida un orientamento sulla legittimazione all’accesso delle organizzazione sindacali a beneficio dei propri iscritti.

L’organizzazione sindacale tra i propri scopi statutari coinvolge indubbiamente la tutela degli interessi degli associati, ossia della categoria di riferimento, innestando una piena legittimazione a ricorrere in relazione all’esistenza di una posizione soggettiva qualificata: la legittimazione attiva consiste, infatti, nell’affermata titolarità di tale posizione giuridica in capo al sindacato, individuando l’interesse al ricorso che risiede nella possibilità di ottenere un vantaggio attinente ad uno specifico bene della vita, che rientra tra i propri scopi (come si vedrà)[1].

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La sez. terza Milano del T.A.R. Lombardia, con la sentenza 27 dicembre 2019, n. 2750 chiarisce i contorni di un’istanza di accesso ai documenti, ben potendo coesistere – nella richiesta ostensiva – il diritto di accesso civico generalizzato (ex art. 5, comma 2, del D.lgs. n. 33/2013) e l’accesso documentale (ex art. 22 della Legge n. 241/1990).

A fronte del silenzio di una richiesta rivolta alla P.A. veniva inoltrata tramite pec da un legale, appositamente autorizzato dal titolare del diritto, domanda di accesso documentale, ai sensi della Legge n. 241/1990, nonché di accesso generalizzato, ai sensi del D.lgs. 33/2013 al fascicolo personale ed a tutta la documentazione in possesso dell’Amministrazione, chiedendo in particolare:

  • l’ufficio competente all’istruttoria;
  • «di poter prendere visione ed estrarre copia di qualsivoglia atto e/o documento relativo al procedimento de quo».

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Istanza congiunta di accesso documentale e generalizzato

Istanza congiunta di accesso documentale e generalizzato

La sez. terza Milano del T.A.R. Lombardia, con la sentenza 27 dicembre 2019, n. 2750 chiarisce i contorni di un’istanza di accesso ai documenti, ben potendo coesistere – nella richiesta ostensiva – il diritto di accesso civico generalizzato (ex art. 5, comma 2, del D.lgs. n. 33/2013) e l’accesso documentale (ex art. 22 della Legge n. 241/1990).

A fronte del silenzio di una richiesta rivolta alla P.A. veniva inoltrata tramite pec da un legale, appositamente autorizzato dal titolare del diritto, domanda di accesso documentale, ai sensi della Legge n. 241/1990, nonché di accesso generalizzato, ai sensi del D.lgs. 33/2013 al fascicolo personale ed a tutta la documentazione in possesso dell’Amministrazione, chiedendo in particolare:

  • l’ufficio competente all’istruttoria;
  • «di poter prendere visione ed estrarre copia di qualsivoglia atto e/o documento relativo al procedimento de quo».

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La seconda sez. del T.A.R. Toscana, con la sentenza n. 1295 del 25 settembre 2019, interviene per limitare il diritto di accesso emulativo sull’attività della P.A., non funzionale o strumentale all’esercizio di una propria libertà o incisione della sfera giuridica: un controllo avulso dai principi del FOIA, pur ammissibile se circostanziato e anche in pendenza di procedimenti giudiziari.

La questione si presenta a fronte del silenzio – rigetto formatosi, ex art. 25, comma 4, della Legge n. 241/1990, sull’istanza relativa ad ordinanze di demolizione e successivi provvedimenti adottati dall’Amministrazione nei confronti di terzi soggetti, con l’intento di verificare l’attività posta in essere dagli organi tecnici in relazione ai provvedimenti repressivi in materia edilizia: una evidente cesura sul facere.

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Diritto di accesso “emulativo” in pendenza di procedimenti giudiziari

Diritto di accesso “emulativo” in pendenza di procedimenti giudiziari

La seconda sez. del T.A.R. Toscana, con la sentenza n. 1295 del 25 settembre 2019, interviene per limitare il diritto di accesso emulativo sull’attività della P.A., non funzionale o strumentale all’esercizio di una propria libertà o incisione della sfera giuridica: un controllo avulso dai principi del FOIA, pur ammissibile se circostanziato e anche in pendenza di procedimenti giudiziari.

La questione si presenta a fronte del silenzio – rigetto formatosi, ex art. 25, comma 4, della Legge n. 241/1990, sull’istanza relativa ad ordinanze di demolizione e successivi provvedimenti adottati dall’Amministrazione nei confronti di terzi soggetti, con l’intento di verificare l’attività posta in essere dagli organi tecnici in relazione ai provvedimenti repressivi in materia edilizia: una evidente cesura sul facere.

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La prima sez. Pescara del T.A.R. Abruzzo, con la sentenza 22 luglio 2019 n. 193, legittima l’accesso ai messaggi di posta elettronica scambiati dai commissari di un concorso pubblico, ritenendo pienamente legittima l’ostensione delle comunicazioni quando sono riferite all’attività istruttoria della predisposizione delle domande d’esame, a fronte di un diniego tacito sull’istanza di accesso agli atti del procedimento amministrativo.

La ricorrente richiedeva l’accesso integrale ai «messaggi di posta elettronica circolati tra i membri della Commissione» in determinati giorni e di una «e – mail menzionata a pagina 26, terz’ultimo capoverso, del Verbale» di concorso.

L’Amministrazione resistente, pur riconoscendo i diritti di partecipazione (alias accesso) stabiliti dalla Legge n. 241/1990, nega il possesso della cit. documentazione, rilevando che «le e – mail reclamate sono intercorse esclusivamente tra i membri della Commissione i quali hanno fatto uso di computer privati né le mail in parola sono pervenute o acquisite dall’Ateneo agli atti della procedura».

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Diritto di accesso alle conversazioni e – mail tra commissari d’esame

Diritto di accesso alle conversazioni e – mail tra commissari d’esame

La prima sez. Pescara del T.A.R. Abruzzo, con la sentenza 22 luglio 2019 n. 193, legittima l’accesso ai messaggi di posta elettronica scambiati dai commissari di un concorso pubblico, ritenendo pienamente legittima l’ostensione delle comunicazioni quando sono riferite all’attività istruttoria della predisposizione delle domande d’esame, a fronte di un diniego tacito sull’istanza di accesso agli atti del procedimento amministrativo.

La ricorrente richiedeva l’accesso integrale ai «messaggi di posta elettronica circolati tra i membri della Commissione» in determinati giorni e di una «e – mail menzionata a pagina 26, terz’ultimo capoverso, del Verbale» di concorso.

L’Amministrazione resistente, pur riconoscendo i diritti di partecipazione (alias accesso) stabiliti dalla Legge n. 241/1990, nega il possesso della cit. documentazione, rilevando che «le e – mail reclamate sono intercorse esclusivamente tra i membri della Commissione i quali hanno fatto uso di computer privati né le mail in parola sono pervenute o acquisite dall’Ateneo agli atti della procedura».

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La prima sez. del T.A.R. Toscana, con la sentenza 26 aprile 2019 n. 615, definisce i poteri dell’Amministrazione sulla determinazione dei costi in materia di accessibilità ed estrazione copia dei documenti amministrativi.

Si premette che la questione investe il diritto di accesso documentale (ex art. 22 della Legge n. 241/1990) considerato (prima dell’accesso civico inserito in quel processo di accountability che anima la recente riforma in tema di trasparenza, ex D.Lgs. n. 33/2013, secondo il modello FOIA)[1] il principale strumento di partecipazione, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse: principio generale dell’attività amministrativa, finalizzato a favorire e ad assicurare l’imparzialità e la trasparenza dell’azione amministrativa: un istituto di controllo democratico delle decisioni amministrative da parte dei cittadini generalmente considerati, che sostanzia uno strumento a disposizione del singolo per tutelare propri interessi giuridici nei rapporti con l’Amministrazione pubblica.

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Il costo della trasparenza e del diritto di accesso

Il costo della trasparenza e del diritto di accesso

La prima sez. del T.A.R. Toscana, con la sentenza 26 aprile 2019 n. 615, definisce i poteri dell’Amministrazione sulla determinazione dei costi in materia di accessibilità ed estrazione copia dei documenti amministrativi.

Si premette che la questione investe il diritto di accesso documentale (ex art. 22 della Legge n. 241/1990) considerato (prima dell’accesso civico inserito in quel processo di accountability che anima la recente riforma in tema di trasparenza, ex D.Lgs. n. 33/2013, secondo il modello FOIA)[1] il principale strumento di partecipazione, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse: principio generale dell’attività amministrativa, finalizzato a favorire e ad assicurare l’imparzialità e la trasparenza dell’azione amministrativa: un istituto di controllo democratico delle decisioni amministrative da parte dei cittadini generalmente considerati, che sostanzia uno strumento a disposizione del singolo per tutelare propri interessi giuridici nei rapporti con l’Amministrazione pubblica.

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