«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

Massima

La sez. III Napoli del TAR Campania, con la sentenza 21 luglio 2022 n. 4894, espone in chiaro gli obblighi di vigilanza del Comune a fronte dell’atto di impulso di un “whistleblower” riferito ad un abuso edilizio che dà luogo a un’alterazione permanente dell’ordine urbanistico, laddove l’ordinanza di demolizione ha lo scopo di ripristinare l’ordine stesso, a prescindere dall’individuazione dell’autore dell’abuso.

Si tratta di un vero e proprio cangiante obbligo di agire del Comune insito nei compiti istituzionali[1].

È noto che l’azione avverso il silenzio assume una natura giuridica mista, tendendo ad ottenere sia:

  • l’accertamento dell’obbligo di definire il procedimento nel termine prescritto dalla disciplina legislativa o regolamentare, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 241/1990;
  • la condanna della stessa Amministrazione inadempiente all’adozione di un provvedimento (ovvero, provvedere)[2].

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Abuso edilizio e segnalazioni del privato

Abuso edilizio e segnalazioni del privato

Massima

La sez. III Napoli del TAR Campania, con la sentenza 21 luglio 2022 n. 4894, espone in chiaro gli obblighi di vigilanza del Comune a fronte dell’atto di impulso di un “whistleblower” riferito ad un abuso edilizio che dà luogo a un’alterazione permanente dell’ordine urbanistico, laddove l’ordinanza di demolizione ha lo scopo di ripristinare l’ordine stesso, a prescindere dall’individuazione dell’autore dell’abuso.

Si tratta di un vero e proprio cangiante obbligo di agire del Comune insito nei compiti istituzionali[1].

È noto che l’azione avverso il silenzio assume una natura giuridica mista, tendendo ad ottenere sia:

  • l’accertamento dell’obbligo di definire il procedimento nel termine prescritto dalla disciplina legislativa o regolamentare, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 241/1990;
  • la condanna della stessa Amministrazione inadempiente all’adozione di un provvedimento (ovvero, provvedere)[2].

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La sez. II del Consiglio di Stato, con la sentenza 24 agosto 2020 n. 5182 (est. Luttazi), conferma un orientamento che riconosce il rimborso alle spese legali solo sul presupposto che il fatto, o l’atto oggetto del giudizio, sia stato compiuto nell’esercizio delle attribuzioni affidate al dipendente pubblico e vi sia un nesso di strumentalità – tra l’adempimento del dovere e il compimento dell’atto – nel senso che il dipendente non avrebbe eseguito ai suoi compiti se non compiendo quel fatto o quell’atto, oltre, la dovuta assenza del conflitto di interessi[1].

La questione del negato rimborso (su parere dell’Avvocatura dello Stato) per la pretesa attività connessa al servizio verte sul seguente fatto: un militare, nell’ambito di un processo penale subito dallo stesso per fatto connesso al servizio, richiede il ristoro delle spese legali «nel processo penale in cui egli era stato assolto dall’accusa di omicidio colposo a seguito di un sinistro stradale in cui era stato coinvolto nel recarsi con la propria autovettura ad un corso di aggiornamento che si svolgeva in regione diversa da quella di residenza».

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Niente rimborso delle spese legali per omicidio colposo durante un viaggio di servizio

Niente rimborso delle spese legali per omicidio colposo durante un viaggio di servizio

La sez. II del Consiglio di Stato, con la sentenza 24 agosto 2020 n. 5182 (est. Luttazi), conferma un orientamento che riconosce il rimborso alle spese legali solo sul presupposto che il fatto, o l’atto oggetto del giudizio, sia stato compiuto nell’esercizio delle attribuzioni affidate al dipendente pubblico e vi sia un nesso di strumentalità – tra l’adempimento del dovere e il compimento dell’atto – nel senso che il dipendente non avrebbe eseguito ai suoi compiti se non compiendo quel fatto o quell’atto, oltre, la dovuta assenza del conflitto di interessi[1].

La questione del negato rimborso (su parere dell’Avvocatura dello Stato) per la pretesa attività connessa al servizio verte sul seguente fatto: un militare, nell’ambito di un processo penale subito dallo stesso per fatto connesso al servizio, richiede il ristoro delle spese legali «nel processo penale in cui egli era stato assolto dall’accusa di omicidio colposo a seguito di un sinistro stradale in cui era stato coinvolto nel recarsi con la propria autovettura ad un corso di aggiornamento che si svolgeva in regione diversa da quella di residenza».

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Il T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, con la sentenza 24 giugno 2019 n. 1450, stabilisce un principio di diritto essenziale per le libertà individuali, non potendo essere sanzionati per una condotta non consapevole: un addebito, per essere legittimo, deve fondarsi su fatti provati, su un’istruttoria completa, e sul principio della responsabilità.

Il fatto, che segna un prisma giuridico che va oltre al singolo caso, vede coinvolto un militare (di un nucleo investigativo) rimproverato (suo malgrado) per una relazione, breve e superficiale, con una cittadina straniera; relazione consistente in qualche messaggio e telefonata senza frequentazione de visu, senza svelare la propria qualifica.

La comminata sanzione disciplinare, recava come motivazione un dimostrato (che però non risulterà dimostrato) «minore senso di responsabilità per avere instaurato, trascurando la prudenza che il delicato incarico porrebbe e sottacendo la propria reale identità, un rapporto confidenziale con donna di nazionalità …, risultata successivamente gravata da pregiudizi di polizia e tratta in arresto per reati in materia di sostanze stupefacenti».

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La rilevanza disciplinare di chattare e chiamare via cell. in ambito extra lavorativo

La rilevanza disciplinare di chattare e chiamare via cell. in ambito extra lavorativo

Il T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, con la sentenza 24 giugno 2019 n. 1450, stabilisce un principio di diritto essenziale per le libertà individuali, non potendo essere sanzionati per una condotta non consapevole: un addebito, per essere legittimo, deve fondarsi su fatti provati, su un’istruttoria completa, e sul principio della responsabilità.

Il fatto, che segna un prisma giuridico che va oltre al singolo caso, vede coinvolto un militare (di un nucleo investigativo) rimproverato (suo malgrado) per una relazione, breve e superficiale, con una cittadina straniera; relazione consistente in qualche messaggio e telefonata senza frequentazione de visu, senza svelare la propria qualifica.

La comminata sanzione disciplinare, recava come motivazione un dimostrato (che però non risulterà dimostrato) «minore senso di responsabilità per avere instaurato, trascurando la prudenza che il delicato incarico porrebbe e sottacendo la propria reale identità, un rapporto confidenziale con donna di nazionalità …, risultata successivamente gravata da pregiudizi di polizia e tratta in arresto per reati in materia di sostanze stupefacenti».

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