«Libero Pensatore» (sempre)
Articolo Pubblicato il 7 Dicembre, 2014

Modelli di sviluppo urbano

Lo sviluppo di una Comunità è sempre più legato alla capacità dei soggetti istituzionali ed economico – sociali di interagire per la costruzione di un modello razionale in grado si sostenere la distruzione delle risorse tra ricchi e poveri, per una equilibrata crescita del reddito individuale e di quello collettivo in modo da limitare fortemente le discriminazioni e i conflitti interni, depotenziando ogni ragione di diversità nel Paese, in una nuova sfida culturale prima che politica, collocata in un sistema privatizzato, internazionalizzato, globalizzato.

Il concetto che alimenta la gestione delle risorse finanziarie è quello che si lega alla conservazione dell’esistente e al reperimento di nuovi soggetti finanziatori, mentre per quelle energetiche si punta alla rigenerazione (fonti rinnovabili) impedendone uno sfruttamento errato che porta alla perdita irrimediabile del sistema ambiente, per un aumento insensato dei consumi e una crescita esponenziale a danno dell’uomo e della natura, in evidente contrapposizione alla politica dei paesi occidentali.

L’azione degli organi di governo e le recenti produzioni normative (nazionali e regionali) sull’associazionismo degli Enti Locali portano a rivedere i modelli di sviluppo e la necessità di accorpare le funzioni (fondamentali), specie nei comuni sotto i 5.000 abitanti, per recuperare risorse e ridurre la frammentazione decisionale verso una governance condivisa e partecipata, meglio si direbbe di “area vasta”.

Le teorie del mercato, all’interno del circuito della programmazione, si richiamano alle teorie Keynesiane, sostenendo la necessità di alimentare la ripresa e la fiducia dei risparmiatori per l’insufficienza dei meccanismi di autoregolamentazione, collegati ad una presenza dello Stato e delle Municipalità sulle gestioni dei servizi pubblici (a rete), incrementando la convinzione di una progressiva visione economicistica della società, quale misura dello sviluppo solo attraverso i valori del prodotto interno lordo pro capite, ma tale modello (o modelli) di sviluppo incontrano evidenti criticità, specie in un contesto sempre più allargato di competitività e di perdita di sovranità a favore di organismi sovra nazionali, senza considerare gli effetti negativi delle ripercussioni dei mercati finanziari mondiali.

Questa lettura che pone l’accento sul “benessere dell’uomo” di per sé non è completa se non è seguita e unita a una crescita di una serie di variabili sociali (istruzione, sanità, diritti civili e politici, tutela delle minoranze, pari opportunità) da considerarsi essenziali nel processo evolutivo, partendo dal territorio e dalla consapevolezza che i limiti del singolo Comune impediscono una visione allargata, capace di promuovere la singola collettività: attraverso l’Unione di Comuni si aumentano le opportunità, si diversificano i servizi, si migliora la qualità del prodotto finale, contenendo e riducendo (tendenzialmente) i costi e le risorse utilizzate.

Per ricostruire una pianificazione di sviluppo e basare il futuro di una società evoluta in un contesto di piena globalizzazione, è scontato che il dimensionamento urbano disegna le linee per graduare ogni fattore di produzione, per dare risposte pratiche ai cittadini e ad ogni operatore di settore: la consapevolezza dei limiti dimensionali impone l’allargamento dei confini amministrativi e la creazione di “aree vaste”, partendo da strumenti normativi che portando all’aggregazione per giungere alla “fusione” dei Comuni.

L’analisi generale del contesto nazionale fa rientrare tali prospettive in un quadro di analisi riferito alla qualità urbana e alle relazioni strategiche di marketing urbano, per costruire modelli di sviluppo integrati, in una visione completa del vivere all’interno di un centro che gravita nel territorio, attirando investimenti e risorse per aumentare il livello di interesse e di vivibilità (indice di gradimento).

In altri termini, si tratta di dare corso ad una visione complessiva di un “valore – città”, capace di spendere i propri prodotti (materiali e virtuali) per affermare una immagine dinamica, internazionale (cablata e di rete) della “Polis”, in relazione a fattori di progresso sostenibile complessivo per una concreta egemonia sul piano sociale, culturale ed economico.

Sempre più l’ambiente va ad integrarsi nelle politiche pubbliche di sviluppo, con la conseguenza di attrarre le simpatie e la credibilità del mercato per porre l’aspetto ambientale come elemento delle attività, dei prodotti o dei servizi, o più semplicemente quale fine oltre al profitto, da un lato con effetti diretti sull’aumento della credibilità e dell’utenza (consumer confidence), dall’altro lato effetti indiretti sulla collettività, per i risvolti positivi sulla salute umana: la dimensione territoriale è la risposta allo sviluppo del singolo che passa necessariamente per l’esigenza di unificare gli sforzi, unendo le organizzazioni in una dimensione allargata: dal Comune all’Unione di Comuni.

È compito di chi governa formulare proposte e quadri d’insieme per dare il meglio, per cementare valori e principi di benessere, per creare una carta dei servizi a tutto campo in piena sintonia con tutte le forze sociali, per un dialogo continuo e proficuo (verticale e orizzontale: policentrismo istituzionale) tra i diversi livelli istituzionali e associativi che promuovono tale fine.

Governare il cambiamento, proporre azioni mirate nei diversi settore dell’Amministrazione pubblica, è cogliere le esigenze e gli interessi pubblici di una Comunità di cittadini il cui scopo dichiarato è quello di pretendere il “bene comune”, quello di esigere una qualità corrispondente alle aspettative, quello di abitare in piena armonia con l’ambiente, quello di avere una sicurezza contro i pericoli delle nuove emarginazioni e la criminalità: solo attraverso un allargamento del territorio si può rispondere alle nuove sfide politico – amministrative e alla necessità di una ripresa economica locale.

Questo significa che accanto alle imprese le amministrazioni e la componente sociale devono contribuire affinché si sviluppi un modello aggregativo di realtà locali, con un processo culturale che porto alla creazione di più “aree vaste”, capaci di rispondere al mercato globale.

Una compenetrazione tra diversi modelli che tende ad accentuare in maniera sempre più netta il ruolo determinante svolto dall’ambiente urbano e dall’identità che esso esprime (attraverso le risorse e le capacità culturali, economiche, scientifiche e strutturali) nel condizionare l’integrazione del sistema e degli attori che in esso operano nello scenario della competizione e dello sviluppo internazionale.

Le politiche urbane dalla metà degli anni ‘80 ad oggi in quasi tutta Italia hanno dovuto fare i conti col pericolo di delocalizzazione di strutture produttive e imprese, e con enormi difficoltà nell’attrazione di investimenti dall’esterno per i maggiori vantaggi localizzativi per l’impresa che hanno offerto e offrono altre realtà extra territoriale (vedi i Paesi dell’Est).

In definitiva, il processo aggregativo tra Comuni dimostra che il confronto e l’attitudine al cambiamento è entrata all’interno nel patrimonio generale dei Comuni e da questo si muove per rielaborare e ridisegnare gli assetti e i limiti territoriali futuri, in piena sintonia e in contatto diretto con tutti gli agenti esterni, per un continuo e reciproco scambio di informazioni e di strategie per rendere la “città allargata” più vivibile e accessibile a tutti: a rete.

Il Legislatore dovrà concentrare le forze per massimizzare la semplificazione, consolidare i bilanci delle amministrazioni associate, eliminando procedure e documenti inutili, come le inutili duplicazioni di competenze e di controlli, per realizzare un quadro dei servizi (pubblici) basato su parametri diversi da quelli del formalismo documentale per una Amministrazione pubblica aperta, impostata su modelli aziendali (costi – benefici) e il consenso (politico) su rapporti di efficienza ed efficacia per una responsabilità di risultato e un recupero di integrità (alias legalità).

Se un tempo la misurazione della capacità amministrativa si rapportava alla legittimità del suo agire riferito all’assenza di vizi interni dell’atto o del procedimento ora, finalmente, tale capacità si rapporta a criteri di efficienza, di razionalità ed economicità dell’azione amministrativa, intesa come strumento (e non come fine) per realizzare gli obiettivi programmati dagli organi di governo e rendere celere ogni intervento al di là dell’aspetto prettamente formale, in sintonia con le esigenze del cittadino non più considerato suddito – servitore ma utente – cliente di un servizio, inserendo in dette relazioni un rapporto di reciproca fiducia, di razionalità, di equità o meglio di direbbe di libertà e semplificazione, riprendendo i valori e i talenti definiti dall’articolo 54 della Cost.: “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”.

L’analisi condotta può essere conclusa affermando che i processi per una riqualificazione urbana, intesa come modello generale di sviluppo, interessa tutti i settori dell’economia e dell’Amministrazione pubblica, dove si possono cogliere le grandi scommesse per l’innovazione e il rinnovamento del Paese, in simbiosi completa con il suo territorio e i suoi abitanti (assieme ai fattori di produzione culturale, economica e sociale) per il ritorno alla città bella, quella derivata dai modelli storici, nelle forme, negli equilibri, nell’etica, nelle regole in grado di essere coerente con l’innovazione e le tradizioni: l’Unione di Comuni risponde a questi richiami valoriali e ai principi costituzionali sottesi di buona amministrazione[1].

(Estratto, Analisi di fattibilità dell’Unione di comuni di Granze, Sant’Elena, Stanghella, Solesino, Master in Governo delle reti di sviluppo locale, Università degli Studi di Padova, Dipartimento di Scienze Politiche, Giuridiche e Studi Internazionali, A.A. 2013/2014)


[1] LUCCA, Modelli di sviluppo urbano e politiche di governo dell’Ente Locale per rilanciare il cambiamento nella dimensione ottimale dei servizi, Il diritto della Regione, n.5 – 6, 2003.