«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La massima

La sez. giurisdizionale Umbria della Corte dei Conti (Scognamiglio relatore) con la sentenza n. 63 del 13 settembre 2022, interviene per condannare un dirigente pubblico per l’utilizzo improprio dell’auto di servizio[1].

Nello specifico, il danno erariale consistito in viaggi effettuati non per finalità istituzionali, bensì di andata e ritorno dalla sede di lavoro alla propria abitazione ed a viaggi di carattere personale, in violazione alla disciplina interna sull’utilizzo dei mezzi solo per finalità c.d. istituzionali.

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Uso improprio del mezzo di servizio

Uso improprio del mezzo di servizio

La massima

La sez. giurisdizionale Umbria della Corte dei Conti (Scognamiglio relatore) con la sentenza n. 63 del 13 settembre 2022, interviene per condannare un dirigente pubblico per l’utilizzo improprio dell’auto di servizio[1].

Nello specifico, il danno erariale consistito in viaggi effettuati non per finalità istituzionali, bensì di andata e ritorno dalla sede di lavoro alla propria abitazione ed a viaggi di carattere personale, in violazione alla disciplina interna sull’utilizzo dei mezzi solo per finalità c.d. istituzionali.

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La sez. V del Consiglio di Stato, con la sentenza 21 gennaio 2021 n. 653 (est. Gambato Spisani), chiarisce la distinzione (o la presenza o meno) tra domicilio e residenza ai fini dell’esercizio dei servizi legali[1], dichiarando l’illegittimità di un regolamento edilizio che ricomprendeva – tra gli uffici aperti al pubblico – anche quelli per l’esercizio della professione di avvocato.

L’art. 43, Domicilio e residenza, del codice civile definisce «Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi. La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale».

Si chiarisce che:

  • la residenza della persona è determinata dall’abituale e volontaria dimora[2] in un determinato luogo, caratterizzata dalla permanenza per un periodo apprezzabile (elemento oggettivo) e dall’intenzione di abitarvi in modo stabile (elemento soggettivo), rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali, familiari ed affettive, e la verifica di tali requisiti, ai sensi dell’art. 19 d.P.R. n. 223 del 1989, avviene da parte dell’ufficiale d’anagrafe, osservando, altresì, che la stabile permanenza sussiste anche quando la persona si rechi a lavorare o a svolgere altra attività fuori del comune di residenza, sempre che conservi in esso l’abitazione, vi ritorni quando possibile e vi mantenga il centro delle proprie relazioni familiari e sociali[3];
  • di converso, il domicilio va inteso come la sede principale degli affari ed interessi economici, nonché delle relazioni personali, desumibile da elementi presuntivi[4], rilevando, sotto altro profilo, che ai fini dell’individuazione della “residenza fiscale” del contribuente (che non coincide necessariamente con quella anagrafica ma più prossima al domicilio)[5] deve farsi riferimento al centro degli affari e degli interessi vitali dello stesso, dando prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi è esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi, non rivestendo ruolo prioritario, invece, le relazioni affettive e familiari, le quali rilevano solo unitamente ad altri criteri attestanti univocamente il luogo col quale il soggetto ha il più stretto collegamento[6].

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Annullato un regolamento edilizio che dispone oneri per l’abbattimento delle barriere architettoniche a carico del domicilio dell’avvocato

Annullato un regolamento edilizio che dispone oneri per l’abbattimento delle barriere architettoniche a carico del domicilio dell’avvocato

La sez. V del Consiglio di Stato, con la sentenza 21 gennaio 2021 n. 653 (est. Gambato Spisani), chiarisce la distinzione (o la presenza o meno) tra domicilio e residenza ai fini dell’esercizio dei servizi legali[1], dichiarando l’illegittimità di un regolamento edilizio che ricomprendeva – tra gli uffici aperti al pubblico – anche quelli per l’esercizio della professione di avvocato.

L’art. 43, Domicilio e residenza, del codice civile definisce «Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi. La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale».

Si chiarisce che:

  • la residenza della persona è determinata dall’abituale e volontaria dimora[2] in un determinato luogo, caratterizzata dalla permanenza per un periodo apprezzabile (elemento oggettivo) e dall’intenzione di abitarvi in modo stabile (elemento soggettivo), rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali, familiari ed affettive, e la verifica di tali requisiti, ai sensi dell’art. 19 d.P.R. n. 223 del 1989, avviene da parte dell’ufficiale d’anagrafe, osservando, altresì, che la stabile permanenza sussiste anche quando la persona si rechi a lavorare o a svolgere altra attività fuori del comune di residenza, sempre che conservi in esso l’abitazione, vi ritorni quando possibile e vi mantenga il centro delle proprie relazioni familiari e sociali[3];
  • di converso, il domicilio va inteso come la sede principale degli affari ed interessi economici, nonché delle relazioni personali, desumibile da elementi presuntivi[4], rilevando, sotto altro profilo, che ai fini dell’individuazione della “residenza fiscale” del contribuente (che non coincide necessariamente con quella anagrafica ma più prossima al domicilio)[5] deve farsi riferimento al centro degli affari e degli interessi vitali dello stesso, dando prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi è esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi, non rivestendo ruolo prioritario, invece, le relazioni affettive e familiari, le quali rilevano solo unitamente ad altri criteri attestanti univocamente il luogo col quale il soggetto ha il più stretto collegamento[6].

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L’avviso di convocazione, atto di iniziativa e strumento indispensabile per il corretto e regolare funzionamento dell’organo consiliare, assume una funzione informativa primaria tale da consentire al consigliere comunale (rappresentante della comunità dei cittadini) di poter attivamente seguire i lavori dell’adunanza e documentarsi sugli argomenti posti all’ordine del giorno.

La ratio dell’avviso è quella di garantire un “preinformazione” che, collegata ad altri obblighi in capo al presidente dell’assemblea, circoscrive un’esigenza di trasparenza e pubblicità finalizzata ad una partecipazione consapevole all’attività dell’Amministrazione, non impingendo su alcun profilo in ordine al contenuto deliberativo.

In tal senso, non è sufficiente che l’avviso di convocazione, con il relativo ordine del giorno, sia solo regolarmente inviato al consigliere comunale, ma è necessario che lo stesso non solo lo abbia effettivamente ricevuto, ma che tra il momento della ricezione e quello della seduta consiliare intercorra un ragionevole lasso temporale affinché il mandato consiliare possa essere effettivamente svolto in modo serio, completo e consapevole.

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Avviso di convocazione del consiglio comunale via pec, fax, sms

L’avviso di convocazione, atto di iniziativa e strumento indispensabile per il corretto e regolare funzionamento dell’organo consiliare, assume una funzione informativa primaria tale da consentire al consigliere comunale (rappresentante della comunità dei cittadini) di poter attivamente seguire i lavori dell’adunanza e documentarsi sugli argomenti posti all’ordine del giorno.

La ratio dell’avviso è quella di garantire un “preinformazione” che, collegata ad altri obblighi in capo al presidente dell’assemblea, circoscrive un’esigenza di trasparenza e pubblicità finalizzata ad una partecipazione consapevole all’attività dell’Amministrazione, non impingendo su alcun profilo in ordine al contenuto deliberativo.

In tal senso, non è sufficiente che l’avviso di convocazione, con il relativo ordine del giorno, sia solo regolarmente inviato al consigliere comunale, ma è necessario che lo stesso non solo lo abbia effettivamente ricevuto, ma che tra il momento della ricezione e quello della seduta consiliare intercorra un ragionevole lasso temporale affinché il mandato consiliare possa essere effettivamente svolto in modo serio, completo e consapevole.

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