«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

Giova premettere che gli atti deliberativi (o le determinazioni) vanno pubblicate all’albo pretorio on line, con lo scopo da una parte, di rendere legalmente conoscibile il contenuto di atti e provvedimenti autoritativi, dall’altra parte, di darne esecutività/efficacia.

Infatti, la fase di “pubblicazione” della deliberazione/determinazioni è un istituto di partecipazione popolare (di antichissima origine) che, insieme alla necessità di apprestare un meccanismo legale di presunzione di conoscenza nei confronti dei terzi, è rivolto anche a rendere possibile la presentazione di osservazioni, oppure opposizioni da parte di chiunque vi abbia interesse per consentire all’organo emanante di provvedere su di esse e che potrebbero condurre anche ad una modifica della deliberazione stessa prima della sua entrata in vigore[1].

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Responsabilità nella pubblicazione degli atti oltre i termini di legge

Responsabilità nella pubblicazione degli atti oltre i termini di legge

Giova premettere che gli atti deliberativi (o le determinazioni) vanno pubblicate all’albo pretorio on line, con lo scopo da una parte, di rendere legalmente conoscibile il contenuto di atti e provvedimenti autoritativi, dall’altra parte, di darne esecutività/efficacia.

Infatti, la fase di “pubblicazione” della deliberazione/determinazioni è un istituto di partecipazione popolare (di antichissima origine) che, insieme alla necessità di apprestare un meccanismo legale di presunzione di conoscenza nei confronti dei terzi, è rivolto anche a rendere possibile la presentazione di osservazioni, oppure opposizioni da parte di chiunque vi abbia interesse per consentire all’organo emanante di provvedere su di esse e che potrebbero condurre anche ad una modifica della deliberazione stessa prima della sua entrata in vigore[1].

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Occorre, in premessa, rilevare che nella nozione di «servizi pubblici locali» si possono annoverare quelli aventi ad oggetto la produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali, con un’espressione che, nella sua sostanza evolutiva, si aggrega e individua negli scopi sociali e di sviluppo attenenti alle scelte di carattere politico attribuite al primo livello di governo: quello territoriale più prossimo ai cittadini[1].

Volendo andare oltre e precisare le coordinate di riferimento della cit. nozione di servizio pubblico (in contrapposizione a quella di appalto di servizi), si devono tracciare le scelte su due elementi:

  1. la preordinazione dell’attività a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti;
  2. la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e tariffari, volti a conformare l’espletamento dell’attività a regole di continuità, regolarità, capacità tecnico- professionale e qualità[2], rilevando che il fine dell’attività è quello di rendere un’utilità immediatamente percepibile ai singoli o all’utenza complessivamente considerata, che ne sopporta i costi direttamente, mediante pagamento di apposita tariffa, all’interno di un rapporto trilaterale, con assunzione del rischio di impresa a carico del gestore[3].

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Le Autonomie Locali e il servizio pubblico di trasporto scolastico

Le Autonomie Locali e il servizio pubblico di trasporto scolastico

Occorre, in premessa, rilevare che nella nozione di «servizi pubblici locali» si possono annoverare quelli aventi ad oggetto la produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali, con un’espressione che, nella sua sostanza evolutiva, si aggrega e individua negli scopi sociali e di sviluppo attenenti alle scelte di carattere politico attribuite al primo livello di governo: quello territoriale più prossimo ai cittadini[1].

Volendo andare oltre e precisare le coordinate di riferimento della cit. nozione di servizio pubblico (in contrapposizione a quella di appalto di servizi), si devono tracciare le scelte su due elementi:

  1. la preordinazione dell’attività a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti;
  2. la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e tariffari, volti a conformare l’espletamento dell’attività a regole di continuità, regolarità, capacità tecnico- professionale e qualità[2], rilevando che il fine dell’attività è quello di rendere un’utilità immediatamente percepibile ai singoli o all’utenza complessivamente considerata, che ne sopporta i costi direttamente, mediante pagamento di apposita tariffa, all’interno di un rapporto trilaterale, con assunzione del rischio di impresa a carico del gestore[3].

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La presentazione di un’istanza finalizzata all’acquisizione di un titolo edilizio (permesso di costruire o autorizzazione), oltre a rispettare i requisiti richiesti dalla disciplina urbanistica in generale (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, ex D.P.R. n. 380/2001 e norme tecniche interne alla singola Amministrazione) richiede che la documentazione sia corrispondente alle reali situazioni di fatto e che sia formulata da un soggetto proprietario del terreno, o suo legittimato.

Va preliminarmente osservato, su questo ultimo aspetto, che in termini generali nella materia edilizia, la rilevanza dei rapporti tra i privati ricorre nei limiti in cui sia ictu oculi percepibile dall’Amministrazione procedente, richiedendo una verifica sulla legittimazione del soggetto, ovvero una dimostrazione della proprietà (o il dominio indiretto) su cui insiste il bene da edificare o manutentare: «Il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo» (ex art. 11, comma 1 del D.P.R. n. 380/2001).

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Effetti dell’errata rappresentazione dei luoghi e dei titoli di proprietà in ambito edilizio

Effetti dell’errata rappresentazione dei luoghi e dei titoli di proprietà in ambito edilizio

La presentazione di un’istanza finalizzata all’acquisizione di un titolo edilizio (permesso di costruire o autorizzazione), oltre a rispettare i requisiti richiesti dalla disciplina urbanistica in generale (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, ex D.P.R. n. 380/2001 e norme tecniche interne alla singola Amministrazione) richiede che la documentazione sia corrispondente alle reali situazioni di fatto e che sia formulata da un soggetto proprietario del terreno, o suo legittimato.

Va preliminarmente osservato, su questo ultimo aspetto, che in termini generali nella materia edilizia, la rilevanza dei rapporti tra i privati ricorre nei limiti in cui sia ictu oculi percepibile dall’Amministrazione procedente, richiedendo una verifica sulla legittimazione del soggetto, ovvero una dimostrazione della proprietà (o il dominio indiretto) su cui insiste il bene da edificare o manutentare: «Il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo» (ex art. 11, comma 1 del D.P.R. n. 380/2001).

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La seconda sez. Catanzaro del T.A.R. Calabria, con la sentenza n. 614 del 20 marzo 2019, conferma un orientamento granitico che ammette l’accesso agli atti e alle autorizzazioni rilasciate al confinante in relazione all’incisione della propria sfera giuridica, ovvero dei propri diritti a tutela e salvaguardia della proprietà.

Il proprietario di un bene immobile formula alla P.A. una richiesta di accesso all’autorizzazione rilasciata al proprio confinante per la realizzazione di un marciapiede su una strada pubblica, vedendosi rifiutare la stessa mediante silenzio rigetto.

La richiesta ostensiva non era di natura emulativa, ma verteva sulla verifica della costruzione del manufatto che veniva a costituire un ostacolo al deflusso delle acque meteoriche, determinandone il ristagno, con conseguenti danni al proprio muro perimetrale (e al connesso diritto dominicale).

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Niente riservatezza o difetto di legittimazione per il diritto di accesso del confinante

Niente riservatezza o difetto di legittimazione per il diritto di accesso del confinante

La seconda sez. Catanzaro del T.A.R. Calabria, con la sentenza n. 614 del 20 marzo 2019, conferma un orientamento granitico che ammette l’accesso agli atti e alle autorizzazioni rilasciate al confinante in relazione all’incisione della propria sfera giuridica, ovvero dei propri diritti a tutela e salvaguardia della proprietà.

Il proprietario di un bene immobile formula alla P.A. una richiesta di accesso all’autorizzazione rilasciata al proprio confinante per la realizzazione di un marciapiede su una strada pubblica, vedendosi rifiutare la stessa mediante silenzio rigetto.

La richiesta ostensiva non era di natura emulativa, ma verteva sulla verifica della costruzione del manufatto che veniva a costituire un ostacolo al deflusso delle acque meteoriche, determinandone il ristagno, con conseguenti danni al proprio muro perimetrale (e al connesso diritto dominicale).

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L’inquadramento di una strada nell’elenco comunale delle vie pubbliche o vicinali, di cui all’art. 8 della legge n. 126/1958 «Disposizioni per la classificazione e la sistemazione delle strade di uso pubblico», ha valore presuntivo (ha natura dichiarativa non costitutiva), ben potendo dimostrare l’interessato l’inesistenza del transito pubblico del bene, e rivendicare la piena proprietà privata della strada.

La quarta Sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5820 datata 10 ottobre 2018, individua tutta una serie di elementi univoci in grado di qualificare il bene per l’uso pubblico, con la piena libertà di accesso, di circolazione e di utilizzazione da parte di terzi, rispetto ad una strada privata dove tali caratteri non sono rinvenibili.

La destinazione pubblica di una strada privata (c.d. strada vicinale) è titolo sufficiente a legittimare l’esercizio del potere amministrativo dell’Ente locale ai fini della regolamentazione delle attività edilizie e della viabilità, anche se il suolo è privato.

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Strada privata ad uso pubblico: manutenzione a carico del privato

Strada privata ad uso pubblico: manutenzione a carico del privato

L’inquadramento di una strada nell’elenco comunale delle vie pubbliche o vicinali, di cui all’art. 8 della legge n. 126/1958 «Disposizioni per la classificazione e la sistemazione delle strade di uso pubblico», ha valore presuntivo (ha natura dichiarativa non costitutiva), ben potendo dimostrare l’interessato l’inesistenza del transito pubblico del bene, e rivendicare la piena proprietà privata della strada.

La quarta Sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5820 datata 10 ottobre 2018, individua tutta una serie di elementi univoci in grado di qualificare il bene per l’uso pubblico, con la piena libertà di accesso, di circolazione e di utilizzazione da parte di terzi, rispetto ad una strada privata dove tali caratteri non sono rinvenibili.

La destinazione pubblica di una strada privata (c.d. strada vicinale) è titolo sufficiente a legittimare l’esercizio del potere amministrativo dell’Ente locale ai fini della regolamentazione delle attività edilizie e della viabilità, anche se il suolo è privato.

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