«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La sez. I Milano del TAR Lombardia, con la sentenza 24 ottobre 2022, n. 2317, interviene per sostenere l’estensione del diritto di accesso digitale del consigliere comunale, tale da ricomprendere anche i dati a protocollo informatico, con un percorso argomentativo che sicuramente desterà più di qualche perplessità e apre la strada per un controllo generalizzato senza restrizioni, segnando una gerarchia di tutele, dove il bilanciamento dei diritti – di pari grado – potrebbe sfumare.

Al contempo ha il pregio di riaffermare l’obbligo di garantire l’uso delle tecnologie digitali (ICT, Information and Communications Technology) nei rapporti della/con la PA, anche con i consiglieri comunali, dove la mancata sicurezza informatica (sicurezza IT e cyber sicurezza) non può mai costituire giustificazione per impedirne l’uso.

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Estensioni del diritto di accesso digitale del consigliere comunale e sicurezza informatica

Estensioni del diritto di accesso digitale del consigliere comunale e sicurezza informatica

La sez. I Milano del TAR Lombardia, con la sentenza 24 ottobre 2022, n. 2317, interviene per sostenere l’estensione del diritto di accesso digitale del consigliere comunale, tale da ricomprendere anche i dati a protocollo informatico, con un percorso argomentativo che sicuramente desterà più di qualche perplessità e apre la strada per un controllo generalizzato senza restrizioni, segnando una gerarchia di tutele, dove il bilanciamento dei diritti – di pari grado – potrebbe sfumare.

Al contempo ha il pregio di riaffermare l’obbligo di garantire l’uso delle tecnologie digitali (ICT, Information and Communications Technology) nei rapporti della/con la PA, anche con i consiglieri comunali, dove la mancata sicurezza informatica (sicurezza IT e cyber sicurezza) non può mai costituire giustificazione per impedirne l’uso.

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Il principio

La sez. Lavoro della Cassazione civile, con la sentenza del 15 ottobre 2021, n. 28353 interviene per chiarire l’ambito applicativo dei controlli del datore di lavoro e i diritti dei lavoratori a fronte dell’inadempienza del primo in materia di sicurezza: un lavoratore può legittimamente rifiutare la prestazione in assenza di tutele antinfortunistiche, obbligo non ascrivibile al lavoratore ma unicamente al datore di lavoro, cogente con l’esigenza di effettività di tutela e con la stessa natura primaria degli interessi coinvolti.

Giova rammentare che il primo comma dell’art. 1 della Cost. recita «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro» (principio lavoristico), esprimendo un valore costituente fondativo quale strumento qualificato per la realizzazione della personalità e di adempimento del dovere di solidarietà in un ambiente lavorativo sicuro (ex d.lgs. n. 81/2008).

Il lavoro come fine costituzionale di un Paese democratico, in una società che assicuri rapporti economici stabili nella realizzazione di uomini liberi ed uguali (ex art. 3 Cost.): lavoro da rendere effettivo promuovendone le condizioni, e di un dovere, quello di «svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società» (ex art. 4 Cost.), dove il ruolo del datore di lavoro è proprio quello di apprestare ogni azione con il fine di garantire la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro[1].

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La violazione degli obblighi del datore di lavoro in tema di sicurezza legittima l’inadempimento del lavoratore alla propria prestazione

La violazione degli obblighi del datore di lavoro in tema di sicurezza legittima l’inadempimento del lavoratore alla propria prestazione

Il principio

La sez. Lavoro della Cassazione civile, con la sentenza del 15 ottobre 2021, n. 28353 interviene per chiarire l’ambito applicativo dei controlli del datore di lavoro e i diritti dei lavoratori a fronte dell’inadempienza del primo in materia di sicurezza: un lavoratore può legittimamente rifiutare la prestazione in assenza di tutele antinfortunistiche, obbligo non ascrivibile al lavoratore ma unicamente al datore di lavoro, cogente con l’esigenza di effettività di tutela e con la stessa natura primaria degli interessi coinvolti.

Giova rammentare che il primo comma dell’art. 1 della Cost. recita «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro» (principio lavoristico), esprimendo un valore costituente fondativo quale strumento qualificato per la realizzazione della personalità e di adempimento del dovere di solidarietà in un ambiente lavorativo sicuro (ex d.lgs. n. 81/2008).

Il lavoro come fine costituzionale di un Paese democratico, in una società che assicuri rapporti economici stabili nella realizzazione di uomini liberi ed uguali (ex art. 3 Cost.): lavoro da rendere effettivo promuovendone le condizioni, e di un dovere, quello di «svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società» (ex art. 4 Cost.), dove il ruolo del datore di lavoro è proprio quello di apprestare ogni azione con il fine di garantire la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro[1].

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