«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La prima sez. Bologna del T.A.R. Emilia Romagna, con la sentenza n. 462 del 21 maggio 2019, interviene sull’illegittimità di un provvedimento disciplinare basato sull’errata rappresentazione della sfera privata dell’interessato: consapevolezza dei fatti da parte di un agente della Polizia di Stato.

Pare giusto rammentare che per i dipendenti della P.A. anche il comportamento nella vita privata può assumere rilievo ai fini disciplinari, qualora in contrasto con le discipline interne per aver mantenuto magari un contegno tale da “ingenerare rimarchi”: una condotta al di fuori del servizio che assume rilievo di meritevolezza, incidendo sulla carriera professionale, valutata secondo il più rigoroso parametro dell’esigibilità relativa ad un appartenente ad una determinata Amministrazione dello Stato.

In termini diversi, taluni comportamenti estranei alla propria funzione (al lavoro prestato) rilevano in una prospettiva funzionale all’esigenza di tutela dei “valori” dell’Istituzione di appartenenza (da cui dipende e presta servizio), sicché le condotte “irreprensibili” devono essere sempre mantenute in funzione della fiducia riposta dai consociati nei suoi appartenenti.

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Frequentazioni extralavorative, procedimento disciplinare, istruttoria e onere della prova

Frequentazioni extralavorative, procedimento disciplinare, istruttoria e onere della prova

La prima sez. Bologna del T.A.R. Emilia Romagna, con la sentenza n. 462 del 21 maggio 2019, interviene sull’illegittimità di un provvedimento disciplinare basato sull’errata rappresentazione della sfera privata dell’interessato: consapevolezza dei fatti da parte di un agente della Polizia di Stato.

Pare giusto rammentare che per i dipendenti della P.A. anche il comportamento nella vita privata può assumere rilievo ai fini disciplinari, qualora in contrasto con le discipline interne per aver mantenuto magari un contegno tale da “ingenerare rimarchi”: una condotta al di fuori del servizio che assume rilievo di meritevolezza, incidendo sulla carriera professionale, valutata secondo il più rigoroso parametro dell’esigibilità relativa ad un appartenente ad una determinata Amministrazione dello Stato.

In termini diversi, taluni comportamenti estranei alla propria funzione (al lavoro prestato) rilevano in una prospettiva funzionale all’esigenza di tutela dei “valori” dell’Istituzione di appartenenza (da cui dipende e presta servizio), sicché le condotte “irreprensibili” devono essere sempre mantenute in funzione della fiducia riposta dai consociati nei suoi appartenenti.

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La prima sez. del T.A.R. Umbria, con la sentenza 20 febbraio 2019 n. 79, interviene indicando la forma corretta per esprimere il dissenso, da parte di una Amministrazione, in sede di conferenza di servizi, ex art. 14 quater della Legge n. 241/1990, al fine di non lasciare spazio alla mera opposizione non significativa.

La questione verteva sul rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) sull’ampliamento di un impianto di incenerimento, dove la Regione non avrebbe tenuto conto del “dissenso qualificato” di un’Amministrazione locale (espresso dal Sindaco), emesso ai sensi del comma 3 dell’art. 14 quater della legge 241/1990 («In caso di approvazione unanime, la determinazione di cui al comma 1 è immediatamente efficace. In caso di approvazione sulla base delle posizioni prevalenti, l’efficacia della determinazione è sospesa ove siano stati espressi dissensi qualificati ai sensi dell’articolo 14 quinquies e per il periodo utile all’esperimento dei rimedi ivi previsti»)[1], e suffragato da evidenze scientifiche, dovendosi eventualmente rimettere il procedimento al Consiglio dei Ministri[2].

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Dissenso in sede di conferenza di servizi per il rilascio dell’AIA

Dissenso in sede di conferenza di servizi per il rilascio dell’AIA

La prima sez. del T.A.R. Umbria, con la sentenza 20 febbraio 2019 n. 79, interviene indicando la forma corretta per esprimere il dissenso, da parte di una Amministrazione, in sede di conferenza di servizi, ex art. 14 quater della Legge n. 241/1990, al fine di non lasciare spazio alla mera opposizione non significativa.

La questione verteva sul rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) sull’ampliamento di un impianto di incenerimento, dove la Regione non avrebbe tenuto conto del “dissenso qualificato” di un’Amministrazione locale (espresso dal Sindaco), emesso ai sensi del comma 3 dell’art. 14 quater della legge 241/1990 («In caso di approvazione unanime, la determinazione di cui al comma 1 è immediatamente efficace. In caso di approvazione sulla base delle posizioni prevalenti, l’efficacia della determinazione è sospesa ove siano stati espressi dissensi qualificati ai sensi dell’articolo 14 quinquies e per il periodo utile all’esperimento dei rimedi ivi previsti»)[1], e suffragato da evidenze scientifiche, dovendosi eventualmente rimettere il procedimento al Consiglio dei Ministri[2].

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