«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La sez. I Napoli del T.A.R. Campania, con la sentenza del 23 febbraio 2021 n. 1222 (estensore Tallaro), interviene nel dichiarare legittima la richiesta di pagamento dell’indennizzo per la mancata stipulazione del contratto della P.A.: l’inerzia va ristorata con il pagamento di quanto sostenuto in vista della sottoscrizione, escludendo ogni indennizzo o risarcimento del danno (una scelta fatta ex ante direttamente dal legislatore).

Nel caso di specie, si tratta dell’applicazione del comma 9, dell’art. 11 del d.lgs. n. 163/2006 (ora cfr. comma 8, dell’art. 32 del d.lgs. 50/2016)[1], dove si prescrive che «divenuta efficace l’aggiudicazione definitiva, e fatto salvo l’esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione ha luogo entro il termine di sessanta giorni, salvo diverso termine previsto nel bando o nell’invito ad offrire, ovvero l’ipotesi di differimento espressamente concordata con l’aggiudicatario», con la specificazione che in mancanza di stipulazione imputabile all’Amministrazione (i sessanta giorni, termine non perentorio con effetti sulla sua decorrenza, come si avrà modo di scrivere)[2] l’operatore economico:

  • potrà liberarsi, mediante atto formale, da «ogni vincolo o recedere dal contratto»;
  • ha diritto al «rimborso delle spese contrattuali documentate».

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Rimborso delle spese sostenute per la mancata stipulazione del contratto da parte della P.A. e responsabilità del RUP

Rimborso delle spese sostenute per la mancata stipulazione del contratto da parte della P.A. e responsabilità del RUP

La sez. I Napoli del T.A.R. Campania, con la sentenza del 23 febbraio 2021 n. 1222 (estensore Tallaro), interviene nel dichiarare legittima la richiesta di pagamento dell’indennizzo per la mancata stipulazione del contratto della P.A.: l’inerzia va ristorata con il pagamento di quanto sostenuto in vista della sottoscrizione, escludendo ogni indennizzo o risarcimento del danno (una scelta fatta ex ante direttamente dal legislatore).

Nel caso di specie, si tratta dell’applicazione del comma 9, dell’art. 11 del d.lgs. n. 163/2006 (ora cfr. comma 8, dell’art. 32 del d.lgs. 50/2016)[1], dove si prescrive che «divenuta efficace l’aggiudicazione definitiva, e fatto salvo l’esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione ha luogo entro il termine di sessanta giorni, salvo diverso termine previsto nel bando o nell’invito ad offrire, ovvero l’ipotesi di differimento espressamente concordata con l’aggiudicatario», con la specificazione che in mancanza di stipulazione imputabile all’Amministrazione (i sessanta giorni, termine non perentorio con effetti sulla sua decorrenza, come si avrà modo di scrivere)[2] l’operatore economico:

  • potrà liberarsi, mediante atto formale, da «ogni vincolo o recedere dal contratto»;
  • ha diritto al «rimborso delle spese contrattuali documentate».

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La competenza, secondo i principi costituzionali, viene definita dalla legge, consentendo all’organo di esprimere i propri poteri in un determinato ambito, la cui violazione esprime una patologia dell’atto amministrativo: la competenza regolamentare negli Enti locali spetta al consiglio comunale, salvo che per l’organizzazione degli uffici e dei servizi, nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal consiglio, alla giunta comunale (ex terzo comma, dell’art. 48 del D.lgs. n. 267/2000)[1].

La prima sez. del T.A.R. Piemonte, con la sentenza del 9 gennaio 2020, n. 30, interviene per censurare la condotta di una giunta comunale nel dettare apposite condizioni ai titolari di proprietà immobiliari: obblighi di informazione preventiva al Comune prima di concedere in uso o locazione i propri beni, profilando di fatto una norma di natura regolamentare, di competenza esclusiva del consiglio comunale, al di là del merito estrinseco.

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Competenza e limiti regolamentari all’accoglienza diffusa

Competenza e limiti regolamentari all’accoglienza diffusa

La competenza, secondo i principi costituzionali, viene definita dalla legge, consentendo all’organo di esprimere i propri poteri in un determinato ambito, la cui violazione esprime una patologia dell’atto amministrativo: la competenza regolamentare negli Enti locali spetta al consiglio comunale, salvo che per l’organizzazione degli uffici e dei servizi, nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal consiglio, alla giunta comunale (ex terzo comma, dell’art. 48 del D.lgs. n. 267/2000)[1].

La prima sez. del T.A.R. Piemonte, con la sentenza del 9 gennaio 2020, n. 30, interviene per censurare la condotta di una giunta comunale nel dettare apposite condizioni ai titolari di proprietà immobiliari: obblighi di informazione preventiva al Comune prima di concedere in uso o locazione i propri beni, profilando di fatto una norma di natura regolamentare, di competenza esclusiva del consiglio comunale, al di là del merito estrinseco.

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