«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La Corte dei Conti, sez. controllo Veneto con Deliberazione n. 135 del 23 maggio 2019, interviene per chiarire lo spazio di finanziamento, da parte di un’Amministrazione locale, di un’opera pubblica da realizzarsi in un territorio diverso da quello di appartenenza.

Nello specifico: la possibilità di realizzare un intervento di viabilità sovracomunale contenuto nel Piano di assetto del territorio intercomunale (PATI), attraverso un modello convenzionale PP (pubblico – pubblico) che assegna un contributo a fondo perduto, in relazione all’interesse primario per la Comunità.

Nell’ambito delle forme consensuali di esercizio e cooperazione organizzativa dell’azione amministrativa tra Amministrazioni pubbliche o soggetti partecipati, infatti rientrano a pieno titolo gli “accordi di partenariato/cooperazione” nel modello generale individuato dall’articolo 15 della Legge n. 241 del 1990: l’accordo è uno strumento procedurale «per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune» di più Amministrazioni e dovrebbe fungere da strumento normativo di sollecitazione di una possibile ricomposizione, in via consensuale, della inevitabile frammentazione delle competenze tra più livelli e soggetti amministrativi.

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Accordi tra P.A. ed erogazioni a fondo perduto per opere viarie

Accordi tra P.A. ed erogazioni a fondo perduto per opere viarie

La Corte dei Conti, sez. controllo Veneto con Deliberazione n. 135 del 23 maggio 2019, interviene per chiarire lo spazio di finanziamento, da parte di un’Amministrazione locale, di un’opera pubblica da realizzarsi in un territorio diverso da quello di appartenenza.

Nello specifico: la possibilità di realizzare un intervento di viabilità sovracomunale contenuto nel Piano di assetto del territorio intercomunale (PATI), attraverso un modello convenzionale PP (pubblico – pubblico) che assegna un contributo a fondo perduto, in relazione all’interesse primario per la Comunità.

Nell’ambito delle forme consensuali di esercizio e cooperazione organizzativa dell’azione amministrativa tra Amministrazioni pubbliche o soggetti partecipati, infatti rientrano a pieno titolo gli “accordi di partenariato/cooperazione” nel modello generale individuato dall’articolo 15 della Legge n. 241 del 1990: l’accordo è uno strumento procedurale «per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune» di più Amministrazioni e dovrebbe fungere da strumento normativo di sollecitazione di una possibile ricomposizione, in via consensuale, della inevitabile frammentazione delle competenze tra più livelli e soggetti amministrativi.

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La deliberazione n. 72 del 9 aprile 2019, della Corte dei Conti, sez. Controllo Veneto, interviene per rispondere ad una serie di quesiti sulla corretta destinazione e contabilizzazione degli incentivi di funzioni tecniche, di cui all’art. 113 del Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici).

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Gli incentivi del Codice dei contratti pubblici e lo sblocca cantieri

Gli incentivi del Codice dei contratti pubblici e lo sblocca cantieri

La deliberazione n. 72 del 9 aprile 2019, della Corte dei Conti, sez. Controllo Veneto, interviene per rispondere ad una serie di quesiti sulla corretta destinazione e contabilizzazione degli incentivi di funzioni tecniche, di cui all’art. 113 del Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici).

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La sez. VII del T.A.R. Campania, Napoli, con la sentenza n. 2706 del 21 maggio 2019, interviene sulla corretta determinazione dell’importo da porre a base d’asta (superiore alla soglia comunitaria di € 636.788,44) in una concessione non potendosi limitare al solo importo concessorio (inferiore alla soglia comunitaria di € 32.000).

La questione, nella sua sinteticità, riguarda l’impugnazione (di un già affidatario e unico concorrente alla gara) di un annullamento d’ufficio di una procedura di selezione del concessionario della gestione di un campo sportivo per la durata di anni quattro.

Tra i motivi del ricorso:

  • l’assenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 21 nonies della Legge n. 241/1990, in particolare, delle ragioni di interesse pubblico, l’omessa considerazione dell’affidamento del privato e la partecipazione;
  • l’aver investito ingenti risorse nelle attività preparatorie ed organizzative per la partecipazione ai vari campionati per l’anno sportivo 2018/2019, oltre a quelle destinate ai lavori di manutenzione dell’impianto.

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Determinazione del valore a base d’asta di una concessione di impianti sportivi

Determinazione del valore a base d’asta di una concessione di impianti sportivi

La sez. VII del T.A.R. Campania, Napoli, con la sentenza n. 2706 del 21 maggio 2019, interviene sulla corretta determinazione dell’importo da porre a base d’asta (superiore alla soglia comunitaria di € 636.788,44) in una concessione non potendosi limitare al solo importo concessorio (inferiore alla soglia comunitaria di € 32.000).

La questione, nella sua sinteticità, riguarda l’impugnazione (di un già affidatario e unico concorrente alla gara) di un annullamento d’ufficio di una procedura di selezione del concessionario della gestione di un campo sportivo per la durata di anni quattro.

Tra i motivi del ricorso:

  • l’assenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 21 nonies della Legge n. 241/1990, in particolare, delle ragioni di interesse pubblico, l’omessa considerazione dell’affidamento del privato e la partecipazione;
  • l’aver investito ingenti risorse nelle attività preparatorie ed organizzative per la partecipazione ai vari campionati per l’anno sportivo 2018/2019, oltre a quelle destinate ai lavori di manutenzione dell’impianto.

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L’Autorità Nazionale Anticorruzione con la Delibera n. 272 del 3 aprile 2019 (Fascicolo n. 5446/2017) interviene, in relazione all’attività di vigilanza in materia di contratti pubblici, sull’affitto di fondi rustici da parte di un’Amministrazione locale, a seguito di un esposto con il quale venivano segnalate alcune presunte anomalie gestionali[1].

L’Amministrazione (nel 1981) divenuta in possesso di numerosi fondi rustici, di un disciolto Ente ospedaliero, provvedeva a regolarizzare (nel 1985) la conduzione (risalente nel tempo) da parte di alcuni imprenditori agricoli: provvedeva con atto consiliare all’adozione di schemi contrattuali di affitto e alla loro sottoscrizione, inserendo i soggetti – conduttori di fatto – individuati dalla ricognizione operata dai tecnici del Comune.

Nel 2004, con atto giuntale, ritenendo i contratti rinnovati tacitamente in applicazione dell’art. 4 della legge 3 maggio 1982, n. 203, recante «Norme sui contratti agrari» il Comune autorizzava la stipula dei contratti di affitto con quelli che risultavano essere conduttori dei terreni, con decorrenza 11 novembre 2001 e scadenza 10 novembre 2016.

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I fondi rustici (e i beni pubblici) vanno affidati con gara.

I fondi rustici (e i beni pubblici) vanno affidati con gara.

L’Autorità Nazionale Anticorruzione con la Delibera n. 272 del 3 aprile 2019 (Fascicolo n. 5446/2017) interviene, in relazione all’attività di vigilanza in materia di contratti pubblici, sull’affitto di fondi rustici da parte di un’Amministrazione locale, a seguito di un esposto con il quale venivano segnalate alcune presunte anomalie gestionali[1].

L’Amministrazione (nel 1981) divenuta in possesso di numerosi fondi rustici, di un disciolto Ente ospedaliero, provvedeva a regolarizzare (nel 1985) la conduzione (risalente nel tempo) da parte di alcuni imprenditori agricoli: provvedeva con atto consiliare all’adozione di schemi contrattuali di affitto e alla loro sottoscrizione, inserendo i soggetti – conduttori di fatto – individuati dalla ricognizione operata dai tecnici del Comune.

Nel 2004, con atto giuntale, ritenendo i contratti rinnovati tacitamente in applicazione dell’art. 4 della legge 3 maggio 1982, n. 203, recante «Norme sui contratti agrari» il Comune autorizzava la stipula dei contratti di affitto con quelli che risultavano essere conduttori dei terreni, con decorrenza 11 novembre 2001 e scadenza 10 novembre 2016.

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La prima sez. del T.A.R. Umbria, con la sentenza 20 febbraio 2019 n. 79, interviene indicando la forma corretta per esprimere il dissenso, da parte di una Amministrazione, in sede di conferenza di servizi, ex art. 14 quater della Legge n. 241/1990, al fine di non lasciare spazio alla mera opposizione non significativa.

La questione verteva sul rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) sull’ampliamento di un impianto di incenerimento, dove la Regione non avrebbe tenuto conto del “dissenso qualificato” di un’Amministrazione locale (espresso dal Sindaco), emesso ai sensi del comma 3 dell’art. 14 quater della legge 241/1990 («In caso di approvazione unanime, la determinazione di cui al comma 1 è immediatamente efficace. In caso di approvazione sulla base delle posizioni prevalenti, l’efficacia della determinazione è sospesa ove siano stati espressi dissensi qualificati ai sensi dell’articolo 14 quinquies e per il periodo utile all’esperimento dei rimedi ivi previsti»)[1], e suffragato da evidenze scientifiche, dovendosi eventualmente rimettere il procedimento al Consiglio dei Ministri[2].

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Dissenso in sede di conferenza di servizi per il rilascio dell’AIA

Dissenso in sede di conferenza di servizi per il rilascio dell’AIA

La prima sez. del T.A.R. Umbria, con la sentenza 20 febbraio 2019 n. 79, interviene indicando la forma corretta per esprimere il dissenso, da parte di una Amministrazione, in sede di conferenza di servizi, ex art. 14 quater della Legge n. 241/1990, al fine di non lasciare spazio alla mera opposizione non significativa.

La questione verteva sul rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) sull’ampliamento di un impianto di incenerimento, dove la Regione non avrebbe tenuto conto del “dissenso qualificato” di un’Amministrazione locale (espresso dal Sindaco), emesso ai sensi del comma 3 dell’art. 14 quater della legge 241/1990 («In caso di approvazione unanime, la determinazione di cui al comma 1 è immediatamente efficace. In caso di approvazione sulla base delle posizioni prevalenti, l’efficacia della determinazione è sospesa ove siano stati espressi dissensi qualificati ai sensi dell’articolo 14 quinquies e per il periodo utile all’esperimento dei rimedi ivi previsti»)[1], e suffragato da evidenze scientifiche, dovendosi eventualmente rimettere il procedimento al Consiglio dei Ministri[2].

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