«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La sez. III Lecce, del T.A.R. Puglia III, con la sentenza 4 maggio 2020, n. 487, interviene per perimetrare il significato del silenzio della P.A. a fronte di un’istanza in materia di occupazione del suolo pubblico: il mancato esercizio del potere nei termini stabiliti dalle norme in contrasto ad un obbligo di facere il cui accoglimento produce gli effetti di un’azione di condanna laddove il giudice ordina all’Amministrazione silente di provvedere entro un termine.

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Il silenzio sull’istallazione di impianti pubblicitari e obbligo di provvedere

Il silenzio sull’istallazione di impianti pubblicitari e obbligo di provvedere

La sez. III Lecce, del T.A.R. Puglia III, con la sentenza 4 maggio 2020, n. 487, interviene per perimetrare il significato del silenzio della P.A. a fronte di un’istanza in materia di occupazione del suolo pubblico: il mancato esercizio del potere nei termini stabiliti dalle norme in contrasto ad un obbligo di facere il cui accoglimento produce gli effetti di un’azione di condanna laddove il giudice ordina all’Amministrazione silente di provvedere entro un termine.

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L’affidamento diretto di un bene pubblico – senza alcuna procedura comparativa – costituisce un’aperta violazione ai principi generali della contrattualistica pubblica che impongono da una parte, la redditività dei beni (con una conseguente entrata all’erario), dall’altra, una procedura aperta e trasparente (in piena aderenza alla disciplina comunitaria, deve intendersi «concorrenza»)[1].

Non va sottaciuto che secondo un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, soltanto in presenza di beni demaniali o del patrimonio indisponibile, si impone il ricorso a procedura di concessione di beni, nel mentre di norma il rapporto avente ad oggetto il godimento di bene immobile compreso nel patrimonio disponibile si qualifica in termini privatistici[2]; di converso, la natura patrimoniale disponibile del bene pubblico discende che l’attribuzione in godimento a soggetti terzi venga effettuata secondo le categorie negoziali di diritto comune[3], non esimendo l’Amministrazione (in entrambi i casi) da una procedura di gara.

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Questioni sull’affidamento diretto di un bene e responsabilità

Questioni sull’affidamento diretto di un bene e responsabilità

L’affidamento diretto di un bene pubblico – senza alcuna procedura comparativa – costituisce un’aperta violazione ai principi generali della contrattualistica pubblica che impongono da una parte, la redditività dei beni (con una conseguente entrata all’erario), dall’altra, una procedura aperta e trasparente (in piena aderenza alla disciplina comunitaria, deve intendersi «concorrenza»)[1].

Non va sottaciuto che secondo un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, soltanto in presenza di beni demaniali o del patrimonio indisponibile, si impone il ricorso a procedura di concessione di beni, nel mentre di norma il rapporto avente ad oggetto il godimento di bene immobile compreso nel patrimonio disponibile si qualifica in termini privatistici[2]; di converso, la natura patrimoniale disponibile del bene pubblico discende che l’attribuzione in godimento a soggetti terzi venga effettuata secondo le categorie negoziali di diritto comune[3], non esimendo l’Amministrazione (in entrambi i casi) da una procedura di gara.

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