«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La VI sez. Napoli del T.A.R. Campania, con la sentenza 19 ottobre 2020 n. 4568, interviene per delineare la legittimazione alla sottoscrizione dell’actio ad exibendum, in sede processuale in mancanza del mandato o della procura del titolare del diritto.

Giova rammentare che:

  • l’art. 6, del d.P.R. n. 184/2006, al comma 4 disciplina la richiesta formale di accesso, il cui procedimento «deve concludersi nel termine di trenta giorni, ai sensi dell’articolo 25, comma 4, della legge, decorrenti dalla presentazione della richiesta all’ufficio competente o dalla ricezione della medesima nell’ipotesi disciplinata dal comma 2», mentre all’art. 7 «Accoglimento della richiesta e modalità di accesso», comma 5 precisa che «l’esame dei documenti è effettuato dal richiedente o da persona da lui incaricata, con l’eventuale accompagnamento di altra persona di cui vanno specificate le generalità, che devono essere poi registrate in calce alla richiesta».
  • l’art. 25, «Modalità di esercizio del diritto di accesso e ricorsi», della legge n. 241/1990, al comma 4 dispone che «Decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta. In caso di diniego dell’accesso, espresso o tacito, o di differimento dello stesso ai sensi dell’articolo 24, comma 4, il richiedente può presentare ricorso al tribunale amministrativo regionale ai sensi del comma 5, ovvero chiedere, nello stesso termine e nei confronti degli atti delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali, al difensore civico competente per ambito territoriale, ove costituito, che sia riesaminata la suddetta determinazione», distinguendo, al successivo comma 5, che «Le controversie relative all’accesso ai documenti amministrativi sono disciplinate dal codice del processo amministrativo».

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Legittimazione (rappresentanza) sull’istanza di accesso agli atti in caso di silenzio

Legittimazione (rappresentanza) sull’istanza di accesso agli atti in caso di silenzio

La VI sez. Napoli del T.A.R. Campania, con la sentenza 19 ottobre 2020 n. 4568, interviene per delineare la legittimazione alla sottoscrizione dell’actio ad exibendum, in sede processuale in mancanza del mandato o della procura del titolare del diritto.

Giova rammentare che:

  • l’art. 6, del d.P.R. n. 184/2006, al comma 4 disciplina la richiesta formale di accesso, il cui procedimento «deve concludersi nel termine di trenta giorni, ai sensi dell’articolo 25, comma 4, della legge, decorrenti dalla presentazione della richiesta all’ufficio competente o dalla ricezione della medesima nell’ipotesi disciplinata dal comma 2», mentre all’art. 7 «Accoglimento della richiesta e modalità di accesso», comma 5 precisa che «l’esame dei documenti è effettuato dal richiedente o da persona da lui incaricata, con l’eventuale accompagnamento di altra persona di cui vanno specificate le generalità, che devono essere poi registrate in calce alla richiesta».
  • l’art. 25, «Modalità di esercizio del diritto di accesso e ricorsi», della legge n. 241/1990, al comma 4 dispone che «Decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta. In caso di diniego dell’accesso, espresso o tacito, o di differimento dello stesso ai sensi dell’articolo 24, comma 4, il richiedente può presentare ricorso al tribunale amministrativo regionale ai sensi del comma 5, ovvero chiedere, nello stesso termine e nei confronti degli atti delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali, al difensore civico competente per ambito territoriale, ove costituito, che sia riesaminata la suddetta determinazione», distinguendo, al successivo comma 5, che «Le controversie relative all’accesso ai documenti amministrativi sono disciplinate dal codice del processo amministrativo».

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Il sorteggio della commissione

Leggendo il secondo periodo del comma 3, dell’art. 77 (Commissione giudicatrici) del d.lgs. n. 50/2016, viene stabilito un criterio generale per la scelta dei commissari di gara; esperti «individuati dalle stazioni appaltanti mediante pubblico sorteggio da una lista di candidati costituita da un numero di nominativi almeno doppio rispetto a quello dei componenti da nominare e comunque nel rispetto del principio di rotazione».

Il criterio di buona amministrazione prevede un’operazione di sorteggio:

  • da una lista prestabilita;
  • lista composta da un numero minimo che non può essere inferiore al doppio dei soggetti da nominare, con una chance di almeno la metà;
  • assicurando il principio della rotazione, ovvero dell’alternanza della scelta, evitando di riproporre i medesimi soggetti.

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Il criterio del sorteggio sulla nomina dei commissari esterni (e delle offerte uguali)

Il criterio del sorteggio sulla nomina dei commissari esterni (e delle offerte uguali)

Il sorteggio della commissione

Leggendo il secondo periodo del comma 3, dell’art. 77 (Commissione giudicatrici) del d.lgs. n. 50/2016, viene stabilito un criterio generale per la scelta dei commissari di gara; esperti «individuati dalle stazioni appaltanti mediante pubblico sorteggio da una lista di candidati costituita da un numero di nominativi almeno doppio rispetto a quello dei componenti da nominare e comunque nel rispetto del principio di rotazione».

Il criterio di buona amministrazione prevede un’operazione di sorteggio:

  • da una lista prestabilita;
  • lista composta da un numero minimo che non può essere inferiore al doppio dei soggetti da nominare, con una chance di almeno la metà;
  • assicurando il principio della rotazione, ovvero dell’alternanza della scelta, evitando di riproporre i medesimi soggetti.

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La sez. III quater Roma del T.A.R. Lazio, con la sentenza 6 luglio 2020, n. 7704 (estensore Marotta) consolida un orientamento sulla legittimazione all’accesso delle organizzazione sindacali a beneficio dei propri iscritti.

L’organizzazione sindacale tra i propri scopi statutari coinvolge indubbiamente la tutela degli interessi degli associati, ossia della categoria di riferimento, innestando una piena legittimazione a ricorrere in relazione all’esistenza di una posizione soggettiva qualificata: la legittimazione attiva consiste, infatti, nell’affermata titolarità di tale posizione giuridica in capo al sindacato, individuando l’interesse al ricorso che risiede nella possibilità di ottenere un vantaggio attinente ad uno specifico bene della vita, che rientra tra i propri scopi (come si vedrà)[1].

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Diritto di accesso delle organizzazioni sindacali

Diritto di accesso delle organizzazioni sindacali

La sez. III quater Roma del T.A.R. Lazio, con la sentenza 6 luglio 2020, n. 7704 (estensore Marotta) consolida un orientamento sulla legittimazione all’accesso delle organizzazione sindacali a beneficio dei propri iscritti.

L’organizzazione sindacale tra i propri scopi statutari coinvolge indubbiamente la tutela degli interessi degli associati, ossia della categoria di riferimento, innestando una piena legittimazione a ricorrere in relazione all’esistenza di una posizione soggettiva qualificata: la legittimazione attiva consiste, infatti, nell’affermata titolarità di tale posizione giuridica in capo al sindacato, individuando l’interesse al ricorso che risiede nella possibilità di ottenere un vantaggio attinente ad uno specifico bene della vita, che rientra tra i propri scopi (come si vedrà)[1].

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La sez. I Palermo del T.A.R. Sicilia, con la sentenza 8 giugno 2020 n. 1144, interviene per dichiarare l’illegittimità della revoca in autotutela una volta sottoscritto il contratto: non è giustificato l’esercizio dello ius poenitendi.

Va premesso, in linea generale, che la facoltà di revocare od annullare una gara va esercitata quando vi siano preminenti esigenze pubbliche che lo impongano, fatta salva l’eventuale responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c., dovendo rilevare che una volta avvenuta l’aggiudicazione e la sottoscrizione del contratto il vincolo negoziale è perfezionato.

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Poteri di revoca dopo l’aggiudicazione e la stipula del contratto: solo il recesso

Poteri di revoca dopo l’aggiudicazione e la stipula del contratto: solo il recesso

La sez. I Palermo del T.A.R. Sicilia, con la sentenza 8 giugno 2020 n. 1144, interviene per dichiarare l’illegittimità della revoca in autotutela una volta sottoscritto il contratto: non è giustificato l’esercizio dello ius poenitendi.

Va premesso, in linea generale, che la facoltà di revocare od annullare una gara va esercitata quando vi siano preminenti esigenze pubbliche che lo impongano, fatta salva l’eventuale responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c., dovendo rilevare che una volta avvenuta l’aggiudicazione e la sottoscrizione del contratto il vincolo negoziale è perfezionato.

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La sez. V del Consiglio di Stato, con la sentenza 24 gennaio 2020 n. 608, chiarisce le condizioni per il ricorso agli «affidamenti d’urgenza», mediante una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, ai sensi dell’art. 63 del D.lgs. n. 50/2016 (riproduttivo dell’art. 57 del D.lgs. n. 163/2006)[1], con lo scopo di garantire il servizio di raccolta rifiuti[2].

Il ricorso a tale sistema derogatorio postula la presenza di una motivazione rafforzata da indicare nel primo atto della procedura, essendo la stessa caratterizzata dall’eccezionalità rispetto all’obbligo delle Amministrazioni aggiudicatrici di individuare il loro contraente attraverso il confronto concorrenziale, sicché la scelta di tale modalità richiede un particolare rigore nell’individuazione dei presupposti giustificativi, da interpretarsi restrittivamente, ed è onere dell’Amministrazione committente dimostrarne l’effettiva esistenza[3].

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Affidamento d’urgenza del contratto di gestione rifiuti

Affidamento d’urgenza del contratto di gestione rifiuti

La sez. V del Consiglio di Stato, con la sentenza 24 gennaio 2020 n. 608, chiarisce le condizioni per il ricorso agli «affidamenti d’urgenza», mediante una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, ai sensi dell’art. 63 del D.lgs. n. 50/2016 (riproduttivo dell’art. 57 del D.lgs. n. 163/2006)[1], con lo scopo di garantire il servizio di raccolta rifiuti[2].

Il ricorso a tale sistema derogatorio postula la presenza di una motivazione rafforzata da indicare nel primo atto della procedura, essendo la stessa caratterizzata dall’eccezionalità rispetto all’obbligo delle Amministrazioni aggiudicatrici di individuare il loro contraente attraverso il confronto concorrenziale, sicché la scelta di tale modalità richiede un particolare rigore nell’individuazione dei presupposti giustificativi, da interpretarsi restrittivamente, ed è onere dell’Amministrazione committente dimostrarne l’effettiva esistenza[3].

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La sesta sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza 29 agosto 2019 n. 5934 (estensore Caputo) definisce i poteri di tutela esecutoria dell’Amministrazione in presenza di occupazioni da terzi sine titulo quando agisca in area appartenente al patrimonio disponibile, dove l’esercizio di tale potere autoritativo non trova fondamento, dovendo ricorrere alle comuni azioni possessorie o della rei vindicatio civilistica.

È noto che sono soggetti al regime del demanio pubblico i beni indicati dagli artt. 823 e 824 c.c., e, in tale materia, non è possibile ipotizzare la modifica della titolarità del bene per effetto di comportamenti occupativi o di impossessamento da parte dei privati, stante il divieto di usucapione del demanio di cui all’art. 823 c.c.[1].

Il potere di autotutela demaniale, ai sensi dell’art. 378 della Legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F), legittima la P.A. ad esercitare la tutela possessoria in presenza dell’apposizione di limiti od occupazioni da parte del privato: il potere esercitato attraverso l’ordinanza di sgombero non è riducibile all’azione possessoria privatistica (ex artt. 1168 e ss. cod. civ.) ma è correlato alla finalità di ripristinare la disponibilità del bene pubblico in favore della collettività, a prescindere dalle modalità concrete nelle quali si è giunti all’occupazione abusiva in via di fatto e quali ne siano le cause[2].

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Niente tutela esecutoria (ordinanza di sgombero) sul patrimonio disponibile

Niente tutela esecutoria (ordinanza di sgombero) sul patrimonio disponibile

La sesta sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza 29 agosto 2019 n. 5934 (estensore Caputo) definisce i poteri di tutela esecutoria dell’Amministrazione in presenza di occupazioni da terzi sine titulo quando agisca in area appartenente al patrimonio disponibile, dove l’esercizio di tale potere autoritativo non trova fondamento, dovendo ricorrere alle comuni azioni possessorie o della rei vindicatio civilistica.

È noto che sono soggetti al regime del demanio pubblico i beni indicati dagli artt. 823 e 824 c.c., e, in tale materia, non è possibile ipotizzare la modifica della titolarità del bene per effetto di comportamenti occupativi o di impossessamento da parte dei privati, stante il divieto di usucapione del demanio di cui all’art. 823 c.c.[1].

Il potere di autotutela demaniale, ai sensi dell’art. 378 della Legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F), legittima la P.A. ad esercitare la tutela possessoria in presenza dell’apposizione di limiti od occupazioni da parte del privato: il potere esercitato attraverso l’ordinanza di sgombero non è riducibile all’azione possessoria privatistica (ex artt. 1168 e ss. cod. civ.) ma è correlato alla finalità di ripristinare la disponibilità del bene pubblico in favore della collettività, a prescindere dalle modalità concrete nelle quali si è giunti all’occupazione abusiva in via di fatto e quali ne siano le cause[2].

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