«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La massima

La sez. I Bari del TAR Puglia con la sentenza 26 novembre 2021, n. 1742, interviene sui poteri rogatori del Segretario comunale che non incontrano limiti territoriali.

I poteri rogatori del Segretario comunale

Il comma 4, lettera c) dell’art. 97 del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL) postula che il Segretario «roga, su richiesta dell’ente, i contratti nei quali l’ente è parte e autentica scritture private ed atti unilaterali nell’interesse dell’ente», esprimendo un potere proprio (ex art. 97 Cost. «Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari») e un’indicazione di principio che lo pone come soggetto a cui compete – in via principale – la funzione notarile dell’Ente, rispetto alla precedente versione (riproduttiva dell’art. 17, comma 68, lettera b) della Bassanini bis) «può rogare tutti i contratti nei quali l’ente è parte ed autenticare scritture private ed atti unilaterali nell’interesse dell’ente»[1].

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Poteri rogatori del Segretario comunale: limiti territoriali estesi al di fuori del territorio comunale

Poteri rogatori del Segretario comunale: limiti territoriali estesi al di fuori del territorio comunale

La massima

La sez. I Bari del TAR Puglia con la sentenza 26 novembre 2021, n. 1742, interviene sui poteri rogatori del Segretario comunale che non incontrano limiti territoriali.

I poteri rogatori del Segretario comunale

Il comma 4, lettera c) dell’art. 97 del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL) postula che il Segretario «roga, su richiesta dell’ente, i contratti nei quali l’ente è parte e autentica scritture private ed atti unilaterali nell’interesse dell’ente», esprimendo un potere proprio (ex art. 97 Cost. «Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari») e un’indicazione di principio che lo pone come soggetto a cui compete – in via principale – la funzione notarile dell’Ente, rispetto alla precedente versione (riproduttiva dell’art. 17, comma 68, lettera b) della Bassanini bis) «può rogare tutti i contratti nei quali l’ente è parte ed autenticare scritture private ed atti unilaterali nell’interesse dell’ente»[1].

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La sez. II Catania, del TAR Sicilia, con la sentenza 9 giugno 2021 n. 1875 si esprime sull’obbligo o meno di provvedere, a fronte di un’istanza del privato con la quale si sollecitava la P.A. all’acquisizione del terreno occupato senza titolo.

È noto che il comma 1 (primo periodo), dell’art. 2, Conclusione del procedimento, della legge n. 241/1990 prevede che «Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso».

A fronte di una richiesta l’Amministrazione, il secondo periodo del cit. comma, dispone che «Se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo».

A tal proposito, va osservato che quando non vi sia un obbligo giuridico di riscontro il silenzio può assumere, a seconda dei casi, il significato di “rifiuto” o “rigetto[1], specie quando l’attività d’impulso del privato sia priva di una fonte di riferimento, manca (cioè) un correlato “obbligo” di provvedere, ossia quando la procedura attivata non presenti quel carattere di doverosità, pertanto, il silenzio serbato dall’Amministrazione può legittimamente integrare un silenzio rifiuto[2].

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Occupazione di un terreno (strada) senza titolo e obblighi del Comune

Occupazione di un terreno (strada) senza titolo e obblighi del Comune

La sez. II Catania, del TAR Sicilia, con la sentenza 9 giugno 2021 n. 1875 si esprime sull’obbligo o meno di provvedere, a fronte di un’istanza del privato con la quale si sollecitava la P.A. all’acquisizione del terreno occupato senza titolo.

È noto che il comma 1 (primo periodo), dell’art. 2, Conclusione del procedimento, della legge n. 241/1990 prevede che «Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso».

A fronte di una richiesta l’Amministrazione, il secondo periodo del cit. comma, dispone che «Se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo».

A tal proposito, va osservato che quando non vi sia un obbligo giuridico di riscontro il silenzio può assumere, a seconda dei casi, il significato di “rifiuto” o “rigetto[1], specie quando l’attività d’impulso del privato sia priva di una fonte di riferimento, manca (cioè) un correlato “obbligo” di provvedere, ossia quando la procedura attivata non presenti quel carattere di doverosità, pertanto, il silenzio serbato dall’Amministrazione può legittimamente integrare un silenzio rifiuto[2].

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Il T.A.R. Lazio, Roma, sez. II quater, con la sentenza n. 4554 del 2 maggio 2020 definisce la giurisdizione del G.O. relativamente ad una controversia riferita allo sgombero di un alloggio di edilizia residenziale pubblica occupato abusivamente.

Il pronunciamento conferma (di converso) l’assenza di un potere autoritativo (tutela esecutoria) in presenza di occupazioni da terzi sine titulo quando la P.A. agisce su un bene appartenente al patrimonio disponibile, dovendo ricorrere alle azioni di natura civilistica[1]: non è possibile ricorrere al potere di autotutela demaniale, ai sensi dell’art. 378 della Legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F).

Si deve affermare che a fronte di un provvedimento di sgombero emesso dall’Autorità amministrativa non siamo di fronte ad un provvedimento di autotutela demaniale, collegato al regime dominicale del bene pubblico concesso mediante un apposito provvedimento concessorio (di assegnazione), ma ad una comune azione che deve trovare tutela nella giurisdizione ordinaria.

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Sgombero di alloggio di edilizia residenziale pubblica

Sgombero di alloggio di edilizia residenziale pubblica

Il T.A.R. Lazio, Roma, sez. II quater, con la sentenza n. 4554 del 2 maggio 2020 definisce la giurisdizione del G.O. relativamente ad una controversia riferita allo sgombero di un alloggio di edilizia residenziale pubblica occupato abusivamente.

Il pronunciamento conferma (di converso) l’assenza di un potere autoritativo (tutela esecutoria) in presenza di occupazioni da terzi sine titulo quando la P.A. agisce su un bene appartenente al patrimonio disponibile, dovendo ricorrere alle azioni di natura civilistica[1]: non è possibile ricorrere al potere di autotutela demaniale, ai sensi dell’art. 378 della Legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F).

Si deve affermare che a fronte di un provvedimento di sgombero emesso dall’Autorità amministrativa non siamo di fronte ad un provvedimento di autotutela demaniale, collegato al regime dominicale del bene pubblico concesso mediante un apposito provvedimento concessorio (di assegnazione), ma ad una comune azione che deve trovare tutela nella giurisdizione ordinaria.

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