«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

Sotto un profilo generale e comune, l’art. 23, Pratiche commerciali considerate in ogni caso ingannevoli, del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, Codice del consumo, a norma dell’articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229, individua una serie di condotte che “falsano” la realtà (il vero), esempi traslabili anche nell’ordinaria azione amministrativa a fronte del dovere di trasparenza (dall’accesso documentale al FOIA), nonché dei principi di collaborazione e buona fede tra PA e cittadino, ex comma 2 bis, dell’art. 1 della legge n. 241/1990 (evidente precipitato del principio costituzionale di cui all’art. 97 Cost.).

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Pubblicità occulta e trasparenza

Pubblicità occulta e trasparenza

Sotto un profilo generale e comune, l’art. 23, Pratiche commerciali considerate in ogni caso ingannevoli, del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, Codice del consumo, a norma dell’articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229, individua una serie di condotte che “falsano” la realtà (il vero), esempi traslabili anche nell’ordinaria azione amministrativa a fronte del dovere di trasparenza (dall’accesso documentale al FOIA), nonché dei principi di collaborazione e buona fede tra PA e cittadino, ex comma 2 bis, dell’art. 1 della legge n. 241/1990 (evidente precipitato del principio costituzionale di cui all’art. 97 Cost.).

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La sez. V del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2911 del 23 marzo 2023, interviene nel definire l’esercizio del potere amministrativo a fronte di una richiesta da parte dei cittadini del suo riesame.

I motivi del ricorso

Il ricorso viene improntato (da quanto si comprende nella sentenza) a fronte del silenzio serbato da un Comune alla sollecitazione popolare (una petizione con 940 sottoscrizioni), finalizzata a garantire la gestione pubblica e partecipata del servizio idrico integrato (SII), l’acqua un bene comune fondamentale di natura demaniale, attraverso la continuità nell’affidamento del servizio al gestore esistente, opponendosi alla scelta di aggregazione (l’affidamento ad una società), oppure – in alternanza – alla reinternalizzazione delle funzioni.

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Gli istituti di partecipazione popolare non rendono doverosa l’autotutela amministrativa sulla scelta del gestore del servizio idrico integrato

Gli istituti di partecipazione popolare non rendono doverosa l’autotutela amministrativa sulla scelta del gestore del servizio idrico integrato

La sez. V del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2911 del 23 marzo 2023, interviene nel definire l’esercizio del potere amministrativo a fronte di una richiesta da parte dei cittadini del suo riesame.

I motivi del ricorso

Il ricorso viene improntato (da quanto si comprende nella sentenza) a fronte del silenzio serbato da un Comune alla sollecitazione popolare (una petizione con 940 sottoscrizioni), finalizzata a garantire la gestione pubblica e partecipata del servizio idrico integrato (SII), l’acqua un bene comune fondamentale di natura demaniale, attraverso la continuità nell’affidamento del servizio al gestore esistente, opponendosi alla scelta di aggregazione (l’affidamento ad una società), oppure – in alternanza – alla reinternalizzazione delle funzioni.

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La mancata assegnazione dell’alloggio

La sez. II del TAR Piemonte, con la sentenza 4 aprile 2022 n. 316, accoglie la richiesta di risarcimento del danno derivante dal diniego (illegittimo) di assegnazione di un alloggio di edilizia sociale.

La questione prende l’avvio dalla mancata consegna (ripetuti dinieghi) di un alloggio di emergenza abitativa da parte di un Ente locale, giustificata dalla morosità pregressa (una precedente assegnazione), dal sovradimensionamento dell’immobile di proprietà rispetto al nucleo, dalla dichiarazione ISEE non veritiera, tutte condizioni che certificavano la mancanza dei requisiti richiesti dalla disciplina regolamentare, oltre (riferiva l’Ente civico) la mancata collaborazione partecipativa del richiedente.

Successivamente, a seguito di una sentenza favorevole alla parte ricorrente, l’Ente assegnava un’abitazione e sottoscriveva il relativo contratto.

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Risarcimento derivante dal diniego dell’assegnazione di alloggio

Risarcimento derivante dal diniego dell’assegnazione di alloggio

La mancata assegnazione dell’alloggio

La sez. II del TAR Piemonte, con la sentenza 4 aprile 2022 n. 316, accoglie la richiesta di risarcimento del danno derivante dal diniego (illegittimo) di assegnazione di un alloggio di edilizia sociale.

La questione prende l’avvio dalla mancata consegna (ripetuti dinieghi) di un alloggio di emergenza abitativa da parte di un Ente locale, giustificata dalla morosità pregressa (una precedente assegnazione), dal sovradimensionamento dell’immobile di proprietà rispetto al nucleo, dalla dichiarazione ISEE non veritiera, tutte condizioni che certificavano la mancanza dei requisiti richiesti dalla disciplina regolamentare, oltre (riferiva l’Ente civico) la mancata collaborazione partecipativa del richiedente.

Successivamente, a seguito di una sentenza favorevole alla parte ricorrente, l’Ente assegnava un’abitazione e sottoscriveva il relativo contratto.

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Il pronunciamento

La Corte Cost., con la sentenza n. 240 del 7 dicembre 2021 (redattore Stefano Petitti), interviene per allarmare il legislatore (quello che dovrebbe scrivere le leggi) affinché sia assicurata la libertà di voto, espressione compiuta delle democrazie evolute dove, a fianco della separazione dei poteri e non della loro concentrazione (diversamente saremo di fronte ad un regime) la rappresentanza degli Enti esponenziali delle Comunità (quelle territoriali) avviene previa elezione da parte del corpo elettorale: il popolo.

In termini più diretti, l’elezione attuale (come definita dalla riforma degli “Enti di area vasta”) dei Sindaci delle Città metropolitane (enti di secondo livello) è in contrasto con il principio di uguaglianza del voto (attiene ai diritti politici e, segnatamente di elettorato attivo) e pregiudica la responsabilità politica del vertice nominato (con elezioni di secondo grado, ossia da parte degli amministratori locali eletti o automaticamente coincidente per legge, ovvero il Sindaco metropolitano risulta «di diritto» il Sindaco del Comune capoluogo) nei confronti degli elettori: è necessario assicurare ai cittadini la possibilità di esprimere, in via diretta o indiretta, i propri rappresentanti: la persistenza di questo sistema risulta «del tutto ingiustificato».

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La riforma delle Città Metropolitane e delle Province: un fallimento dei diritti politici

La riforma delle Città Metropolitane e delle Province: un fallimento dei diritti politici

Il pronunciamento

La Corte Cost., con la sentenza n. 240 del 7 dicembre 2021 (redattore Stefano Petitti), interviene per allarmare il legislatore (quello che dovrebbe scrivere le leggi) affinché sia assicurata la libertà di voto, espressione compiuta delle democrazie evolute dove, a fianco della separazione dei poteri e non della loro concentrazione (diversamente saremo di fronte ad un regime) la rappresentanza degli Enti esponenziali delle Comunità (quelle territoriali) avviene previa elezione da parte del corpo elettorale: il popolo.

In termini più diretti, l’elezione attuale (come definita dalla riforma degli “Enti di area vasta”) dei Sindaci delle Città metropolitane (enti di secondo livello) è in contrasto con il principio di uguaglianza del voto (attiene ai diritti politici e, segnatamente di elettorato attivo) e pregiudica la responsabilità politica del vertice nominato (con elezioni di secondo grado, ossia da parte degli amministratori locali eletti o automaticamente coincidente per legge, ovvero il Sindaco metropolitano risulta «di diritto» il Sindaco del Comune capoluogo) nei confronti degli elettori: è necessario assicurare ai cittadini la possibilità di esprimere, in via diretta o indiretta, i propri rappresentanti: la persistenza di questo sistema risulta «del tutto ingiustificato».

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Assistiamo, come spettatori (non come ospiti), ad un lento e inesorabile declino dell’occidente (la c.d. democrazia partecipata o popolare) a fronte di un nuovo comandamento sanitario, dove le libertà sono immolate al “Sacro Graal” delle vaccinazioni di massa, in una costante manipolazione di dati e informazioni, addomesticando l’uomo alla perdita della propria umanità, al distanziamento sociale in nome di un futuro blindato alla sicurezza (delle nostre paure), in un innaturale stato di sottomissione delle menti, senza alcuna ribellione all’esercizio di un potere che non trova fondamento nello ius e nella iustitia.

In questo nuovo ordine mondiale (NWO), i costruttori di pace e i poteri forti (corporate finanziarie), generalmente senza alcuna legittima investitura e di nomina esterna, stabiliscono le nuove regole della società, imponendo un pensiero unico dove le diversità di opinione sono considerate dissenso, pur (tuttavia) celebrando nuovi modelli di genere e nuove chiese, dove (il) tutto è sostituibile purché siano negate le proprie radici storiche, affidandosi nelle mani del relativismo culturale, cancellando l’identità del singolo (e, dunque, collettiva).

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Le 10 Meraviglie del Rinascimento Italiano

Le 10 Meraviglie del Rinascimento Italiano

Assistiamo, come spettatori (non come ospiti), ad un lento e inesorabile declino dell’occidente (la c.d. democrazia partecipata o popolare) a fronte di un nuovo comandamento sanitario, dove le libertà sono immolate al “Sacro Graal” delle vaccinazioni di massa, in una costante manipolazione di dati e informazioni, addomesticando l’uomo alla perdita della propria umanità, al distanziamento sociale in nome di un futuro blindato alla sicurezza (delle nostre paure), in un innaturale stato di sottomissione delle menti, senza alcuna ribellione all’esercizio di un potere che non trova fondamento nello ius e nella iustitia.

In questo nuovo ordine mondiale (NWO), i costruttori di pace e i poteri forti (corporate finanziarie), generalmente senza alcuna legittima investitura e di nomina esterna, stabiliscono le nuove regole della società, imponendo un pensiero unico dove le diversità di opinione sono considerate dissenso, pur (tuttavia) celebrando nuovi modelli di genere e nuove chiese, dove (il) tutto è sostituibile purché siano negate le proprie radici storiche, affidandosi nelle mani del relativismo culturale, cancellando l’identità del singolo (e, dunque, collettiva).

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