«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

Il pronunciamento

La Corte Cost., con la sentenza n. 240 del 7 dicembre 2021 (redattore Stefano Petitti), interviene per allarmare il legislatore (quello che dovrebbe scrivere le leggi) affinché sia assicurata la libertà di voto, espressione compiuta delle democrazie evolute dove, a fianco della separazione dei poteri e non della loro concentrazione (diversamente saremo di fronte ad un regime) la rappresentanza degli Enti esponenziali delle Comunità (quelle territoriali) avviene previa elezione da parte del corpo elettorale: il popolo.

In termini più diretti, l’elezione attuale (come definita dalla riforma degli “Enti di area vasta”) dei Sindaci delle Città metropolitane (enti di secondo livello) è in contrasto con il principio di uguaglianza del voto (attiene ai diritti politici e, segnatamente di elettorato attivo) e pregiudica la responsabilità politica del vertice nominato (con elezioni di secondo grado, ossia da parte degli amministratori locali eletti o automaticamente coincidente per legge, ovvero il Sindaco metropolitano risulta «di diritto» il Sindaco del Comune capoluogo) nei confronti degli elettori: è necessario assicurare ai cittadini la possibilità di esprimere, in via diretta o indiretta, i propri rappresentanti: la persistenza di questo sistema risulta «del tutto ingiustificato».

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La riforma delle Città Metropolitane e delle Province: un fallimento dei diritti politici

La riforma delle Città Metropolitane e delle Province: un fallimento dei diritti politici

Il pronunciamento

La Corte Cost., con la sentenza n. 240 del 7 dicembre 2021 (redattore Stefano Petitti), interviene per allarmare il legislatore (quello che dovrebbe scrivere le leggi) affinché sia assicurata la libertà di voto, espressione compiuta delle democrazie evolute dove, a fianco della separazione dei poteri e non della loro concentrazione (diversamente saremo di fronte ad un regime) la rappresentanza degli Enti esponenziali delle Comunità (quelle territoriali) avviene previa elezione da parte del corpo elettorale: il popolo.

In termini più diretti, l’elezione attuale (come definita dalla riforma degli “Enti di area vasta”) dei Sindaci delle Città metropolitane (enti di secondo livello) è in contrasto con il principio di uguaglianza del voto (attiene ai diritti politici e, segnatamente di elettorato attivo) e pregiudica la responsabilità politica del vertice nominato (con elezioni di secondo grado, ossia da parte degli amministratori locali eletti o automaticamente coincidente per legge, ovvero il Sindaco metropolitano risulta «di diritto» il Sindaco del Comune capoluogo) nei confronti degli elettori: è necessario assicurare ai cittadini la possibilità di esprimere, in via diretta o indiretta, i propri rappresentanti: la persistenza di questo sistema risulta «del tutto ingiustificato».

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La sez. controllo Lombardia della Corte dei Conti, con la delibera n. 164 del 8 maggio 2019, chiarisce che il Comune non può fare donazioni.

La donazione si caratterizza per incrementare il patrimonio altrui con la concorrenza di un elemento soggettivo (lo spirito di liberalità), consistente nella consapevolezza di attribuire ad altri un vantaggio patrimoniale senza esservi in alcun modo costretti, e di un elemento di carattere obbiettivo, dato dal depauperamento di chi ha disposto del diritto o ha assunto l’obbligazione[1].

In generale, occorre tenere presente che tutti gli atti di disposizione del patrimonio pubblico, a prescindere dalla forma giuridica adottata non possono che essere funzionalizzati, in ogni caso, all’interesse pubblico, dovendo rilevare che la perdita di un cespite deve essere adeguatamente compensata da una partita di carattere finanziario o con un’“utilitas” di carattere patrimoniale (in termini di uso, proprietà, servizi)[2].

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Impossibilità o limiti per la P.A. di fare donazione

Impossibilità o limiti per la P.A. di fare donazione

La sez. controllo Lombardia della Corte dei Conti, con la delibera n. 164 del 8 maggio 2019, chiarisce che il Comune non può fare donazioni.

La donazione si caratterizza per incrementare il patrimonio altrui con la concorrenza di un elemento soggettivo (lo spirito di liberalità), consistente nella consapevolezza di attribuire ad altri un vantaggio patrimoniale senza esservi in alcun modo costretti, e di un elemento di carattere obbiettivo, dato dal depauperamento di chi ha disposto del diritto o ha assunto l’obbligazione[1].

In generale, occorre tenere presente che tutti gli atti di disposizione del patrimonio pubblico, a prescindere dalla forma giuridica adottata non possono che essere funzionalizzati, in ogni caso, all’interesse pubblico, dovendo rilevare che la perdita di un cespite deve essere adeguatamente compensata da una partita di carattere finanziario o con un’“utilitas” di carattere patrimoniale (in termini di uso, proprietà, servizi)[2].

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