«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La sez. V del Consiglio di Stato, con la sentenza 24 gennaio 2020 n. 608, chiarisce le condizioni per il ricorso agli «affidamenti d’urgenza», mediante una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, ai sensi dell’art. 63 del D.lgs. n. 50/2016 (riproduttivo dell’art. 57 del D.lgs. n. 163/2006)[1], con lo scopo di garantire il servizio di raccolta rifiuti[2].

Il ricorso a tale sistema derogatorio postula la presenza di una motivazione rafforzata da indicare nel primo atto della procedura, essendo la stessa caratterizzata dall’eccezionalità rispetto all’obbligo delle Amministrazioni aggiudicatrici di individuare il loro contraente attraverso il confronto concorrenziale, sicché la scelta di tale modalità richiede un particolare rigore nell’individuazione dei presupposti giustificativi, da interpretarsi restrittivamente, ed è onere dell’Amministrazione committente dimostrarne l’effettiva esistenza[3].

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Affidamento d’urgenza del contratto di gestione rifiuti

Affidamento d’urgenza del contratto di gestione rifiuti

La sez. V del Consiglio di Stato, con la sentenza 24 gennaio 2020 n. 608, chiarisce le condizioni per il ricorso agli «affidamenti d’urgenza», mediante una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, ai sensi dell’art. 63 del D.lgs. n. 50/2016 (riproduttivo dell’art. 57 del D.lgs. n. 163/2006)[1], con lo scopo di garantire il servizio di raccolta rifiuti[2].

Il ricorso a tale sistema derogatorio postula la presenza di una motivazione rafforzata da indicare nel primo atto della procedura, essendo la stessa caratterizzata dall’eccezionalità rispetto all’obbligo delle Amministrazioni aggiudicatrici di individuare il loro contraente attraverso il confronto concorrenziale, sicché la scelta di tale modalità richiede un particolare rigore nell’individuazione dei presupposti giustificativi, da interpretarsi restrittivamente, ed è onere dell’Amministrazione committente dimostrarne l’effettiva esistenza[3].

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È noto che le attività promozionali, anche culturali e musicali, vanno assegnate con una procedura concorsuale, nei limiti delle procedure sotto soglia, ex art. 36, comma 2, lettera a) e successive lettere previa consultazione del D.Lgs. n. 50/2016, rilevando (al di là della possibilità di affidamenti diretti) che la consultazione di più operatori economici costituisce una regola di “buona amministrazione” (c.d. best practice), poiché oltre ad evitare arbitrarietà dell’affidamento (sia pure contemperato dalla rotazione) permette un confronto tra più proposte/soluzioni e prezzi, in funzione di un principio di economicità, ex art. 1 della Legge n. 241/1990.

Già la terza sezione Lecce del T.A.R. Puglia, con la sentenza 6 dicembre 2018, n. 1834, affermò la piena legittimità di un affidamento diretto a seguito di una manifestazione di interesse (avviso pubblico), indetta da un’Amministrazione locale per individuare un soggetto organizzatore di eventi estivi, indicando la bontà della decisione a seguito di un’effettiva – reale fase di pubblicità (alias concorrenza e principio del favor partecipationis).

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Eventi o manifestazioni culturali, museali, musicali, estive e concorrenza

Eventi o manifestazioni culturali, museali, musicali, estive e concorrenza

È noto che le attività promozionali, anche culturali e musicali, vanno assegnate con una procedura concorsuale, nei limiti delle procedure sotto soglia, ex art. 36, comma 2, lettera a) e successive lettere previa consultazione del D.Lgs. n. 50/2016, rilevando (al di là della possibilità di affidamenti diretti) che la consultazione di più operatori economici costituisce una regola di “buona amministrazione” (c.d. best practice), poiché oltre ad evitare arbitrarietà dell’affidamento (sia pure contemperato dalla rotazione) permette un confronto tra più proposte/soluzioni e prezzi, in funzione di un principio di economicità, ex art. 1 della Legge n. 241/1990.

Già la terza sezione Lecce del T.A.R. Puglia, con la sentenza 6 dicembre 2018, n. 1834, affermò la piena legittimità di un affidamento diretto a seguito di una manifestazione di interesse (avviso pubblico), indetta da un’Amministrazione locale per individuare un soggetto organizzatore di eventi estivi, indicando la bontà della decisione a seguito di un’effettiva – reale fase di pubblicità (alias concorrenza e principio del favor partecipationis).

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La terza sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza 2 maggio 2019 n. 2841 (Est. Manzione), delinea gli effetti e le modalità del ricorso alla revisione prezzi, quale condizione negoziale che si impone in via automatica nei contratti di fornitura continuativa o periodica (caso di specie, fornitura triennale di guanti monouso e chirurgici), meccanismo di bilanciamento del sinallagma contrattuale voluto dal legislatore, che necessariamente proprio ai sensi dell’art. 1339 c.c. trova ingresso nel contratto.

La questione si presenta nella richiesta di revisione prezzi subito dopo la stipulazione del contratto, giustificata dall’innalzamento dei costi di mercato delle materie prime e del conseguente aumento unilaterale del prezzo convenuto; al termine del contratto l’operatore economico ingiungeva il pagamento della differenza, pagamento contestato ripetutamente dall’Amministrazione aggiudicataria, ergo il ricorso in giudizio.

Il Tribunale di prime cure rigettava le richieste revisionali per mancanza di prova dell’aumento dei costi, rinvenibile – a detta del ricorrente – dalle rilevazioni delle Camere di commercio; di contro l’Azienda ospedaliera invocava un precedente sulla correttezza del prezzo convenuto ab origine con il contratto[1].

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Effetti e modalità della revisione prezzi: la prova

Effetti e modalità della revisione prezzi: la prova

La terza sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza 2 maggio 2019 n. 2841 (Est. Manzione), delinea gli effetti e le modalità del ricorso alla revisione prezzi, quale condizione negoziale che si impone in via automatica nei contratti di fornitura continuativa o periodica (caso di specie, fornitura triennale di guanti monouso e chirurgici), meccanismo di bilanciamento del sinallagma contrattuale voluto dal legislatore, che necessariamente proprio ai sensi dell’art. 1339 c.c. trova ingresso nel contratto.

La questione si presenta nella richiesta di revisione prezzi subito dopo la stipulazione del contratto, giustificata dall’innalzamento dei costi di mercato delle materie prime e del conseguente aumento unilaterale del prezzo convenuto; al termine del contratto l’operatore economico ingiungeva il pagamento della differenza, pagamento contestato ripetutamente dall’Amministrazione aggiudicataria, ergo il ricorso in giudizio.

Il Tribunale di prime cure rigettava le richieste revisionali per mancanza di prova dell’aumento dei costi, rinvenibile – a detta del ricorrente – dalle rilevazioni delle Camere di commercio; di contro l’Azienda ospedaliera invocava un precedente sulla correttezza del prezzo convenuto ab origine con il contratto[1].

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La quinta sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza 9 aprile 2019 n. 2327, conferma la condotta legittima di un’Amministrazione civica, capoluogo di regione, che ha negato l’affissione di manifesti pubblicitari contenenti la promozione dell’obiezione di coscienza in ambito sanitario, riformando il pronunciamento del giudice di primo grado nella sua neutralità di pensiero (come si ha avuto modo di riferire in sede di analisi giuridica della sentenza della seconda sez. del T.A.R. Liguria, n. 174 del 4 marzo 2019)[1].

L’Amministrazione civica impugnava la sentenza del Tribunale di prime cure di accoglimento del ricorso avverso il diniego di affissione di centotrenta manifesti della campagna informativa nazionale «Non affidarti al caso», in tema di obiezione di coscienza in ambito sanitario.

In premessa, viene analizzata la motivazione del diniego alla pubblicazione dei manifesti in considerazione che gli stessi presenterebbero «una possibile violazione di norme vigenti in riferimento alla protezione della coscienza individuale (artt. 2, 13, 19 e 21 della Costituzione; Sentenza della Corte Costituzionale n. 467/1991; premessa e art. 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo; artt. 9 e 10 della Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo) e al rispetto e tutela dovuti ad ogni confessione religiosa, a chi la professa e ai ministri di culto nonché agli oggetti che formano oggetto di culto (artt. 403 e 404 c.p.; art. 10, comma 2 del vigente Piano generale degli Impianti del Comune…; artt. 10 e 11 del vigente Codice di autodisciplina della Comunicazione Commerciale dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria)».

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Diniego di affissione di manifesti pubblicitari sull’obiezione di coscienza in ambito sanitario, condotte discriminatorie e diritto di critica

Diniego di affissione di manifesti pubblicitari sull’obiezione di coscienza in ambito sanitario, condotte discriminatorie e diritto di critica

La quinta sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza 9 aprile 2019 n. 2327, conferma la condotta legittima di un’Amministrazione civica, capoluogo di regione, che ha negato l’affissione di manifesti pubblicitari contenenti la promozione dell’obiezione di coscienza in ambito sanitario, riformando il pronunciamento del giudice di primo grado nella sua neutralità di pensiero (come si ha avuto modo di riferire in sede di analisi giuridica della sentenza della seconda sez. del T.A.R. Liguria, n. 174 del 4 marzo 2019)[1].

L’Amministrazione civica impugnava la sentenza del Tribunale di prime cure di accoglimento del ricorso avverso il diniego di affissione di centotrenta manifesti della campagna informativa nazionale «Non affidarti al caso», in tema di obiezione di coscienza in ambito sanitario.

In premessa, viene analizzata la motivazione del diniego alla pubblicazione dei manifesti in considerazione che gli stessi presenterebbero «una possibile violazione di norme vigenti in riferimento alla protezione della coscienza individuale (artt. 2, 13, 19 e 21 della Costituzione; Sentenza della Corte Costituzionale n. 467/1991; premessa e art. 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo; artt. 9 e 10 della Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo) e al rispetto e tutela dovuti ad ogni confessione religiosa, a chi la professa e ai ministri di culto nonché agli oggetti che formano oggetto di culto (artt. 403 e 404 c.p.; art. 10, comma 2 del vigente Piano generale degli Impianti del Comune…; artt. 10 e 11 del vigente Codice di autodisciplina della Comunicazione Commerciale dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria)».

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La terza sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 518 del 21 gennaio 2019, interviene per riaffermare l’esigenza indifferibile di garantire la trasparenza mediante la pubblicazione on line di un avviso per l’individuazione di un responsabile per la protezione dei dati (caso di specie, affidamento del servizio di data protection officer).

Un’Amministrazione sanitaria affidava, con procedura negoziata (ex art. 36, comma 2, lettera b), del D.Lgs. n. 50/2016), il servizio di DPO (RDP, ex art. 37 del Regolamento UE 679/2016, GDPR) per un anno prorogabile di un altro anno ad un determinato operatore economico.

Un professionista impugnava in primo grado gli atti di gara, rilevando che la stazione appaltante, in violazione dell’art. 36, cit. e delle Linee Guida ANAC n. 4 (approvate con deliberazione n. 206/2018) ha omesso di pubblicare l’avviso per individuare i cinque soggetti da consultare nella procedura negoziata, non sussistendo neppure i presupposti per dare corso all’affidamento diretto, ai sensi dell’art. 63 «Uso della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara», del D.Lgs. 50/2016: il ricorso risultava fondato con conseguente annullamento degli atti di gara.

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In principio era la gara: trasparenza e confronto competitivo per l’individuazione del DPO

In principio era la gara: trasparenza e confronto competitivo per l’individuazione del DPO

La terza sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 518 del 21 gennaio 2019, interviene per riaffermare l’esigenza indifferibile di garantire la trasparenza mediante la pubblicazione on line di un avviso per l’individuazione di un responsabile per la protezione dei dati (caso di specie, affidamento del servizio di data protection officer).

Un’Amministrazione sanitaria affidava, con procedura negoziata (ex art. 36, comma 2, lettera b), del D.Lgs. n. 50/2016), il servizio di DPO (RDP, ex art. 37 del Regolamento UE 679/2016, GDPR) per un anno prorogabile di un altro anno ad un determinato operatore economico.

Un professionista impugnava in primo grado gli atti di gara, rilevando che la stazione appaltante, in violazione dell’art. 36, cit. e delle Linee Guida ANAC n. 4 (approvate con deliberazione n. 206/2018) ha omesso di pubblicare l’avviso per individuare i cinque soggetti da consultare nella procedura negoziata, non sussistendo neppure i presupposti per dare corso all’affidamento diretto, ai sensi dell’art. 63 «Uso della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara», del D.Lgs. 50/2016: il ricorso risultava fondato con conseguente annullamento degli atti di gara.

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La concorrenza esige l’assolvimento di obblighi di pubblicità, mettendo tutti i potenziali offerenti in condizioni di parità informativa, senza discriminazioni, scegliendo il contraente con una procedura aperta: con gara.

L’assegnazione della gestione degli spazi pubblicitari con l’evidenza pubblica è legittima, e può essere validamente inserita nel regolamento che disciplina la pubblicità.

In questi termini, il TAR Bari, sez. III, con sentenza n. 1526 del 26 novembre 2018 ha dichiarato la piena legittimità di una norma regolamentare che individua l’operatore economico mediante una procedura concorsuale, ritenendo che tale “metodologia” non possa essere considerata una condizione restrittiva del mercato.

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Affidamento con gara della gestione degli spazi pubblicitari

Affidamento con gara della gestione degli spazi pubblicitari

La concorrenza esige l’assolvimento di obblighi di pubblicità, mettendo tutti i potenziali offerenti in condizioni di parità informativa, senza discriminazioni, scegliendo il contraente con una procedura aperta: con gara.

L’assegnazione della gestione degli spazi pubblicitari con l’evidenza pubblica è legittima, e può essere validamente inserita nel regolamento che disciplina la pubblicità.

In questi termini, il TAR Bari, sez. III, con sentenza n. 1526 del 26 novembre 2018 ha dichiarato la piena legittimità di una norma regolamentare che individua l’operatore economico mediante una procedura concorsuale, ritenendo che tale “metodologia” non possa essere considerata una condizione restrittiva del mercato.

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