«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La sez. II del T.A.R. Campania, Salerno, con la sentenza 15 settembre 2020, n. 1143, dichiara la legittimità di una procedura di revoca dell’aggiudicazione, avviata con richiesta d’offerta sul Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione (cd. RDO), a seguito dell’adesione di una convenzione di un soggetto aggregatore, ex art. 26 della legge n. 488/1999 e art. 1, comma 499, della legge n. 208/2015, giustificata da un risparmio di spesa.

Di converso, sussiste la facoltà per le Amministrazioni (ivi comprese le amministrazioni statali centrali e periferiche) di attivare in concreto propri strumenti di negoziazione laddove tale opzione sia orientata a conseguire condizioni economiche più favorevoli rispetto a quelle fissate all’esito delle convenzioni-quadro, rilevando che qualora più convenienti l’Amministrazione ben può ricorrere, senza peraltro un’articolata motivazione[1].

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Revoca aggiudicazione e risparmi di spesa

Revoca aggiudicazione e risparmi di spesa

La sez. II del T.A.R. Campania, Salerno, con la sentenza 15 settembre 2020, n. 1143, dichiara la legittimità di una procedura di revoca dell’aggiudicazione, avviata con richiesta d’offerta sul Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione (cd. RDO), a seguito dell’adesione di una convenzione di un soggetto aggregatore, ex art. 26 della legge n. 488/1999 e art. 1, comma 499, della legge n. 208/2015, giustificata da un risparmio di spesa.

Di converso, sussiste la facoltà per le Amministrazioni (ivi comprese le amministrazioni statali centrali e periferiche) di attivare in concreto propri strumenti di negoziazione laddove tale opzione sia orientata a conseguire condizioni economiche più favorevoli rispetto a quelle fissate all’esito delle convenzioni-quadro, rilevando che qualora più convenienti l’Amministrazione ben può ricorrere, senza peraltro un’articolata motivazione[1].

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La sez. II del T.A.R. Toscana, con la sentenza 15 luglio 2020 n. 926, delimita i poteri di recesso da una convenzione (concessione – contratto) da parte dell’Amministrazione locale in assenza di un contradditorio, impedendo la risoluzione ad nutum mediante revoca, istituto diverso dalla disdetta[1].

Va osservato, a tal proposito, che la revoca (provvedimento di secondo grado) si distingue dalla disdetta, quest’ultima si conforma al modello proprio della c.d. concessione – contratto, e si fonda su una dichiarazione dell’Amministrazione concedente che, almeno entro una determinata data dalla scadenza della concessione, notifica al concessionario la propria volontà di non rinnovare il rapporto in essere, con la conseguenza che la dichiarazione medesima toglie effetto alla rinnovazione tacita della concessione ottenuta dal concessionario mediante la prosecuzione nel pagamento del canone, oppure, più semplicemente, l’interesse a continuare il rapporto[2].

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Revoca (o disdetta) di una convenzione (concessione – contratto) e oneri partecipativi

Revoca (o disdetta) di una convenzione (concessione – contratto) e oneri partecipativi

La sez. II del T.A.R. Toscana, con la sentenza 15 luglio 2020 n. 926, delimita i poteri di recesso da una convenzione (concessione – contratto) da parte dell’Amministrazione locale in assenza di un contradditorio, impedendo la risoluzione ad nutum mediante revoca, istituto diverso dalla disdetta[1].

Va osservato, a tal proposito, che la revoca (provvedimento di secondo grado) si distingue dalla disdetta, quest’ultima si conforma al modello proprio della c.d. concessione – contratto, e si fonda su una dichiarazione dell’Amministrazione concedente che, almeno entro una determinata data dalla scadenza della concessione, notifica al concessionario la propria volontà di non rinnovare il rapporto in essere, con la conseguenza che la dichiarazione medesima toglie effetto alla rinnovazione tacita della concessione ottenuta dal concessionario mediante la prosecuzione nel pagamento del canone, oppure, più semplicemente, l’interesse a continuare il rapporto[2].

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La sez. II del T.A.R. Toscana, con la sentenza 15 luglio 2020 n. 926, delimita i poteri di recesso da una convenzione da parte dell’Amministrazione locale in assenza di un contradditorio: niente risoluzione ad nutum.

Il Comune dopo aver sottoscritto una convenzione, con una procedura aperta, per la concessione di punti di ristoro e relativi parchi comunali, con determina da «atto dell’avvenuta risoluzione di diritto della convenzione» (su una presunta condizione risolutiva) per una violazione di una norma regolamentare sulla gestione del verde pubblico (nel caso di specie, un uso non autorizzato), ordinando al concessionario di rilasciare l’area e ripristinare lo stato dei luoghi, entro un termine stabilito: seguiva ricorso.

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Revoca di una convenzione e mancata comunicazione di avvio del procedimento

Revoca di una convenzione e mancata comunicazione di avvio del procedimento

La sez. II del T.A.R. Toscana, con la sentenza 15 luglio 2020 n. 926, delimita i poteri di recesso da una convenzione da parte dell’Amministrazione locale in assenza di un contradditorio: niente risoluzione ad nutum.

Il Comune dopo aver sottoscritto una convenzione, con una procedura aperta, per la concessione di punti di ristoro e relativi parchi comunali, con determina da «atto dell’avvenuta risoluzione di diritto della convenzione» (su una presunta condizione risolutiva) per una violazione di una norma regolamentare sulla gestione del verde pubblico (nel caso di specie, un uso non autorizzato), ordinando al concessionario di rilasciare l’area e ripristinare lo stato dei luoghi, entro un termine stabilito: seguiva ricorso.

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La sez. I Latina del T.A.R. Lazio, con la sentenza 16 maggio 2020 n. 164, interviene per riaffermare gli effetti instabili dell’aggiudicazione provvisoria, incapace di consolidare un’aspettativa qualificata (e il preteso indennizzo/risarcimento a favore dell’aggiudicatario provvisorio) ben potendo la stazione appaltante revocare la gara.

Giova premettere che solo l’aggiudicazione costituisce provvedimento impugnabile, ai sensi dell’art. 120, comma 2 bis, ultimo periodo del d.lgs. n. 104/2010, essendo inammissibile l’impugnazione della proposta di aggiudicazione, di cui all’art. 33 del d.lgs. n. 50/2016 e degli atti endoprocedimentali privi di immediata lesività[1].

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Revoca (senza indennizzo o risarcimento) dell’aggiudicazione provvisoria a distanza di tempo

Revoca (senza indennizzo o risarcimento) dell’aggiudicazione provvisoria a distanza di tempo

La sez. I Latina del T.A.R. Lazio, con la sentenza 16 maggio 2020 n. 164, interviene per riaffermare gli effetti instabili dell’aggiudicazione provvisoria, incapace di consolidare un’aspettativa qualificata (e il preteso indennizzo/risarcimento a favore dell’aggiudicatario provvisorio) ben potendo la stazione appaltante revocare la gara.

Giova premettere che solo l’aggiudicazione costituisce provvedimento impugnabile, ai sensi dell’art. 120, comma 2 bis, ultimo periodo del d.lgs. n. 104/2010, essendo inammissibile l’impugnazione della proposta di aggiudicazione, di cui all’art. 33 del d.lgs. n. 50/2016 e degli atti endoprocedimentali privi di immediata lesività[1].

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La quinta sez. del Consiglio di Stato con la sentenza 10 aprile 2020, n. 2358 (estensore Grasso) affronta compiutamente l’analisi degli atti di ritiro di una procedura di gara e le posizioni dei partecipanti.

Il fatto: a seguito della procedura di infrazione dello Stato italiano, in merito all’adeguamento del sistema depurativo e fognario di alcuni Comuni italiani, si procedeva all’individuazione di interventi prioritari finanziati dalla Stato.

Un’Amministrazione locale indiceva una procedura di gara per l’affidamento in project financing della progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva, nonché l’esecuzione di lavori di adeguamento e costruzione degli impianti di depurazione e rete fognante nel territorio comunale e successiva gestione funzionale ed economica del servizio di depurazione e collettamento.

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Atti di ritiro nelle procedure di gara in itinere, nessun indennizzo o risarcimento

Atti di ritiro nelle procedure di gara in itinere, nessun indennizzo o risarcimento

La quinta sez. del Consiglio di Stato con la sentenza 10 aprile 2020, n. 2358 (estensore Grasso) affronta compiutamente l’analisi degli atti di ritiro di una procedura di gara e le posizioni dei partecipanti.

Il fatto: a seguito della procedura di infrazione dello Stato italiano, in merito all’adeguamento del sistema depurativo e fognario di alcuni Comuni italiani, si procedeva all’individuazione di interventi prioritari finanziati dalla Stato.

Un’Amministrazione locale indiceva una procedura di gara per l’affidamento in project financing della progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva, nonché l’esecuzione di lavori di adeguamento e costruzione degli impianti di depurazione e rete fognante nel territorio comunale e successiva gestione funzionale ed economica del servizio di depurazione e collettamento.

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Il Consiglio di Stato, sez. V, con la sentenza 22 agosto 2019 n. 5780, delinea le conseguenze della mancata (rifiuto) stipula del contratto, pur in presenza di una consegna anticipata del bene oggetto della concessione.

La questione nella sua essenzialità, vede il rifiuto di stipulare un contratto di concessione di un impianto sportivo aggiudicato a seguito di gara e consegnato nelle more del perfezionamento degli atti; il concessionario al momento dell’invito, e a seguito di ripetute diffide, mostrava la volontà di evitare la sottoscrizione del contratto, sollevando una serie di contestazioni non rilevate sino a quel momento[1].

Giova rammentare che, già nel vigore della legge sulla contabilità di Stato, si è consolidato nella giurisprudenza un principio generale, per il quale – quando l’aggiudicatario di una gara pubblica “senza giustificazione” non stipula il contratto – siamo di fronte alla presenza di un danno risarcibile, che può andare oltre all’eventuale cauzione versata[2].

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Forma scritta, rifiuto alla stipula del contratto concessorio e consegna anticipata di impianti sportivi

Forma scritta, rifiuto alla stipula del contratto concessorio e consegna anticipata di impianti sportivi

Il Consiglio di Stato, sez. V, con la sentenza 22 agosto 2019 n. 5780, delinea le conseguenze della mancata (rifiuto) stipula del contratto, pur in presenza di una consegna anticipata del bene oggetto della concessione.

La questione nella sua essenzialità, vede il rifiuto di stipulare un contratto di concessione di un impianto sportivo aggiudicato a seguito di gara e consegnato nelle more del perfezionamento degli atti; il concessionario al momento dell’invito, e a seguito di ripetute diffide, mostrava la volontà di evitare la sottoscrizione del contratto, sollevando una serie di contestazioni non rilevate sino a quel momento[1].

Giova rammentare che, già nel vigore della legge sulla contabilità di Stato, si è consolidato nella giurisprudenza un principio generale, per il quale – quando l’aggiudicatario di una gara pubblica “senza giustificazione” non stipula il contratto – siamo di fronte alla presenza di un danno risarcibile, che può andare oltre all’eventuale cauzione versata[2].

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