«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La mancata assegnazione dell’alloggio

La sez. II del TAR Piemonte, con la sentenza 4 aprile 2022 n. 316, accoglie la richiesta di risarcimento del danno derivante dal diniego (illegittimo) di assegnazione di un alloggio di edilizia sociale.

La questione prende l’avvio dalla mancata consegna (ripetuti dinieghi) di un alloggio di emergenza abitativa da parte di un Ente locale, giustificata dalla morosità pregressa (una precedente assegnazione), dal sovradimensionamento dell’immobile di proprietà rispetto al nucleo, dalla dichiarazione ISEE non veritiera, tutte condizioni che certificavano la mancanza dei requisiti richiesti dalla disciplina regolamentare, oltre (riferiva l’Ente civico) la mancata collaborazione partecipativa del richiedente.

Successivamente, a seguito di una sentenza favorevole alla parte ricorrente, l’Ente assegnava un’abitazione e sottoscriveva il relativo contratto.

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Risarcimento derivante dal diniego dell’assegnazione di alloggio

Risarcimento derivante dal diniego dell’assegnazione di alloggio

La mancata assegnazione dell’alloggio

La sez. II del TAR Piemonte, con la sentenza 4 aprile 2022 n. 316, accoglie la richiesta di risarcimento del danno derivante dal diniego (illegittimo) di assegnazione di un alloggio di edilizia sociale.

La questione prende l’avvio dalla mancata consegna (ripetuti dinieghi) di un alloggio di emergenza abitativa da parte di un Ente locale, giustificata dalla morosità pregressa (una precedente assegnazione), dal sovradimensionamento dell’immobile di proprietà rispetto al nucleo, dalla dichiarazione ISEE non veritiera, tutte condizioni che certificavano la mancanza dei requisiti richiesti dalla disciplina regolamentare, oltre (riferiva l’Ente civico) la mancata collaborazione partecipativa del richiedente.

Successivamente, a seguito di una sentenza favorevole alla parte ricorrente, l’Ente assegnava un’abitazione e sottoscriveva il relativo contratto.

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La sez. I Napoli del T.A.R. Campania, con la sentenza del 23 febbraio 2021 n. 1222 (estensore Tallaro), interviene nel dichiarare legittima la richiesta di pagamento dell’indennizzo per la mancata stipulazione del contratto della P.A.: l’inerzia va ristorata con il pagamento di quanto sostenuto in vista della sottoscrizione, escludendo ogni indennizzo o risarcimento del danno (una scelta fatta ex ante direttamente dal legislatore).

Nel caso di specie, si tratta dell’applicazione del comma 9, dell’art. 11 del d.lgs. n. 163/2006 (ora cfr. comma 8, dell’art. 32 del d.lgs. 50/2016)[1], dove si prescrive che «divenuta efficace l’aggiudicazione definitiva, e fatto salvo l’esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione ha luogo entro il termine di sessanta giorni, salvo diverso termine previsto nel bando o nell’invito ad offrire, ovvero l’ipotesi di differimento espressamente concordata con l’aggiudicatario», con la specificazione che in mancanza di stipulazione imputabile all’Amministrazione (i sessanta giorni, termine non perentorio con effetti sulla sua decorrenza, come si avrà modo di scrivere)[2] l’operatore economico:

  • potrà liberarsi, mediante atto formale, da «ogni vincolo o recedere dal contratto»;
  • ha diritto al «rimborso delle spese contrattuali documentate».

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Rimborso delle spese sostenute per la mancata stipulazione del contratto da parte della P.A. e responsabilità del RUP

Rimborso delle spese sostenute per la mancata stipulazione del contratto da parte della P.A. e responsabilità del RUP

La sez. I Napoli del T.A.R. Campania, con la sentenza del 23 febbraio 2021 n. 1222 (estensore Tallaro), interviene nel dichiarare legittima la richiesta di pagamento dell’indennizzo per la mancata stipulazione del contratto della P.A.: l’inerzia va ristorata con il pagamento di quanto sostenuto in vista della sottoscrizione, escludendo ogni indennizzo o risarcimento del danno (una scelta fatta ex ante direttamente dal legislatore).

Nel caso di specie, si tratta dell’applicazione del comma 9, dell’art. 11 del d.lgs. n. 163/2006 (ora cfr. comma 8, dell’art. 32 del d.lgs. 50/2016)[1], dove si prescrive che «divenuta efficace l’aggiudicazione definitiva, e fatto salvo l’esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione ha luogo entro il termine di sessanta giorni, salvo diverso termine previsto nel bando o nell’invito ad offrire, ovvero l’ipotesi di differimento espressamente concordata con l’aggiudicatario», con la specificazione che in mancanza di stipulazione imputabile all’Amministrazione (i sessanta giorni, termine non perentorio con effetti sulla sua decorrenza, come si avrà modo di scrivere)[2] l’operatore economico:

  • potrà liberarsi, mediante atto formale, da «ogni vincolo o recedere dal contratto»;
  • ha diritto al «rimborso delle spese contrattuali documentate».

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La quinta sez. del Consiglio di Stato con la sentenza 10 aprile 2020, n. 2358 (estensore Grasso) affronta compiutamente l’analisi degli atti di ritiro di una procedura di gara e le posizioni dei partecipanti.

Il fatto: a seguito della procedura di infrazione dello Stato italiano, in merito all’adeguamento del sistema depurativo e fognario di alcuni Comuni italiani, si procedeva all’individuazione di interventi prioritari finanziati dalla Stato.

Un’Amministrazione locale indiceva una procedura di gara per l’affidamento in project financing della progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva, nonché l’esecuzione di lavori di adeguamento e costruzione degli impianti di depurazione e rete fognante nel territorio comunale e successiva gestione funzionale ed economica del servizio di depurazione e collettamento.

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Atti di ritiro nelle procedure di gara in itinere, nessun indennizzo o risarcimento

Atti di ritiro nelle procedure di gara in itinere, nessun indennizzo o risarcimento

La quinta sez. del Consiglio di Stato con la sentenza 10 aprile 2020, n. 2358 (estensore Grasso) affronta compiutamente l’analisi degli atti di ritiro di una procedura di gara e le posizioni dei partecipanti.

Il fatto: a seguito della procedura di infrazione dello Stato italiano, in merito all’adeguamento del sistema depurativo e fognario di alcuni Comuni italiani, si procedeva all’individuazione di interventi prioritari finanziati dalla Stato.

Un’Amministrazione locale indiceva una procedura di gara per l’affidamento in project financing della progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva, nonché l’esecuzione di lavori di adeguamento e costruzione degli impianti di depurazione e rete fognante nel territorio comunale e successiva gestione funzionale ed economica del servizio di depurazione e collettamento.

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Le sez. Unite Civ. della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16335 del 18 giugno 2019, interviene per definire lo spoil system nelle società partecipate, in occasione dell’insediamento della nuova Amministrazione (socio di riferimento diretto e attraverso una controllata dell’intero capitale sociale) a fronte di una richiesta dei componenti del C.d.A., di risarcimento dei danni patrimoniale ed all’immagine, per la revoca anzi tempo in violazione (si vorrebbe) delle regole codicistiche, di cui al comma 3 dell’art. 2383, «Nomina e revoca degli amministratori» (prima della scadenza di anni tre del mandato).

Giova rammentare che il presupposto della “giusta causa” per la revoca degli amministratori della società per azioni non è condizione di efficacia della deliberazione assembleare di revoca (essa resta in ogni caso ferma e non caducabile) ma ha il ruolo di escludere in radice l’obbligo risarcitorio, altrimenti previsto a carico della società: la revoca degli amministratori consiste, infatti, nell’esercizio del potere di recesso che l’assemblea può esercitare «in qualunque tempo», indipendentemente dagli esercizi stabiliti in origine per la carica, sicché quando nomina e revoca gli amministratori della società, non esercita un potere a titolo proprio ma esercita l’ordinario potere dell’assemblea, ad essa surrogandosi, quale organo della società, per autorizzazione della legge o dello statuto.

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Neo Sindaco e neo amministratori delle società partecipate: piena validità dello spoil system entro 45 giorni dall’insediamento

Neo Sindaco e neo amministratori delle società partecipate: piena validità dello spoil system entro 45 giorni dall’insediamento

Le sez. Unite Civ. della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16335 del 18 giugno 2019, interviene per definire lo spoil system nelle società partecipate, in occasione dell’insediamento della nuova Amministrazione (socio di riferimento diretto e attraverso una controllata dell’intero capitale sociale) a fronte di una richiesta dei componenti del C.d.A., di risarcimento dei danni patrimoniale ed all’immagine, per la revoca anzi tempo in violazione (si vorrebbe) delle regole codicistiche, di cui al comma 3 dell’art. 2383, «Nomina e revoca degli amministratori» (prima della scadenza di anni tre del mandato).

Giova rammentare che il presupposto della “giusta causa” per la revoca degli amministratori della società per azioni non è condizione di efficacia della deliberazione assembleare di revoca (essa resta in ogni caso ferma e non caducabile) ma ha il ruolo di escludere in radice l’obbligo risarcitorio, altrimenti previsto a carico della società: la revoca degli amministratori consiste, infatti, nell’esercizio del potere di recesso che l’assemblea può esercitare «in qualunque tempo», indipendentemente dagli esercizi stabiliti in origine per la carica, sicché quando nomina e revoca gli amministratori della società, non esercita un potere a titolo proprio ma esercita l’ordinario potere dell’assemblea, ad essa surrogandosi, quale organo della società, per autorizzazione della legge o dello statuto.

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In via generale, spetta il risarcimento danni all’operatore economico che viene illegittimamente escluso da una procedura di gara (c.d. perdita di chance)[1], qualora dimostri (fornisca prova), anche in via presuntiva, ma pur sempre sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate, la sussistenza di un valido nesso causale tra la condotta lesiva e la ragionevole probabilità del conseguimento del vantaggio alternativo perduto[2].

Inoltre, l’impresa ingiustamente privata dell’esecuzione di un appalto può rivendicare anche la perdita della specifica possibilità concreta di incrementare il proprio avviamento per la parte relativa al curriculum professionale (c.d. danno curriculare), da intendersi anche come immagine e prestigio professionale, al di là dell’incremento degli specifici requisiti di qualificazione e di partecipazione alle singole gare[3].

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Azioni di risarcimento danni (in sede civile) nei confronti della P.A.

Azioni di risarcimento danni (in sede civile) nei confronti della P.A.

In via generale, spetta il risarcimento danni all’operatore economico che viene illegittimamente escluso da una procedura di gara (c.d. perdita di chance)[1], qualora dimostri (fornisca prova), anche in via presuntiva, ma pur sempre sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate, la sussistenza di un valido nesso causale tra la condotta lesiva e la ragionevole probabilità del conseguimento del vantaggio alternativo perduto[2].

Inoltre, l’impresa ingiustamente privata dell’esecuzione di un appalto può rivendicare anche la perdita della specifica possibilità concreta di incrementare il proprio avviamento per la parte relativa al curriculum professionale (c.d. danno curriculare), da intendersi anche come immagine e prestigio professionale, al di là dell’incremento degli specifici requisiti di qualificazione e di partecipazione alle singole gare[3].

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L’articolo 28, della legge 9 agosto 2013, n. 98 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto -legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”, introduce il diritto per l’interessato di chiedere un indennizzo, sino alla somma massima di euro duemila, per il “semplice ritardo” della pubblica amministrazione, nella conclusione dei procedimenti amministrativi iniziati a istanza di parte, precisando, in prima applicazione e in via sperimentale, che l’efficacia di tale istituto avviene esclusivamente per i procedimenti relativi all’avvio e all’esercizio di un’attività d’impresa iniziati successivamente all’entrata in vigore della legge (21 agosto 2013).

Inoltre, l’articolo citato integra l’articolo 2 bis della legge 241 del 1990 con l’estensione dell’indennizzo da “mero ritardo”, alle condizioni e con le modalità da stabilirsi con apposito atto normativo, a tutti i procedimenti ad istanza di parte, precisando che le somme corrisposte o da corrispondere vanno detratte dal risarcimento del danno.

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Indenizzo per il mero ritardo della p.a.

L’articolo 28, della legge 9 agosto 2013, n. 98 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto -legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”, introduce il diritto per l’interessato di chiedere un indennizzo, sino alla somma massima di euro duemila, per il “semplice ritardo” della pubblica amministrazione, nella conclusione dei procedimenti amministrativi iniziati a istanza di parte, precisando, in prima applicazione e in via sperimentale, che l’efficacia di tale istituto avviene esclusivamente per i procedimenti relativi all’avvio e all’esercizio di un’attività d’impresa iniziati successivamente all’entrata in vigore della legge (21 agosto 2013).

Inoltre, l’articolo citato integra l’articolo 2 bis della legge 241 del 1990 con l’estensione dell’indennizzo da “mero ritardo”, alle condizioni e con le modalità da stabilirsi con apposito atto normativo, a tutti i procedimenti ad istanza di parte, precisando che le somme corrisposte o da corrispondere vanno detratte dal risarcimento del danno.

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