«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

In via di principio, le scelte urbanistiche di carattere generale costituiscono apprezzamenti di merito tendenzialmente sottratte al sindacato di legittimità, salvo che siano inficiate da errori di fatto, oppure da gravi o abnormi illogicità, oppure da irragionevolezza o da contraddittorietà, significando che il “Governo del Territorio” rientra tra le decisioni ampiamente “libere”, dove viene espresso e impresso un determinato assetto all’ambiente urbano, segnando inesorabilmente le modalità di “politica di sviluppo” di una Comunità.

In effetti, le scelte di politica urbanistica operate dagli amministratori nell’esercizio dell’attività politica di governo del territorio non necessitano di specifica ed articolata motivazione, essendo sufficiente che dallo strumento pianificatorio emergano i criteri generali ai quali esso si ispira e gli obiettivi che lo stesso intende realizzare[1], tralasciando quelli aspetti (degenerativi) di “bottega” del consenso, quel debito insito (rare volte) nello “scambio” elettorale di promesse di varia natura e contenuto.

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Discrezionalità della PA nella destinazione del sedime stradale

Discrezionalità della PA nella destinazione del sedime stradale

In via di principio, le scelte urbanistiche di carattere generale costituiscono apprezzamenti di merito tendenzialmente sottratte al sindacato di legittimità, salvo che siano inficiate da errori di fatto, oppure da gravi o abnormi illogicità, oppure da irragionevolezza o da contraddittorietà, significando che il “Governo del Territorio” rientra tra le decisioni ampiamente “libere”, dove viene espresso e impresso un determinato assetto all’ambiente urbano, segnando inesorabilmente le modalità di “politica di sviluppo” di una Comunità.

In effetti, le scelte di politica urbanistica operate dagli amministratori nell’esercizio dell’attività politica di governo del territorio non necessitano di specifica ed articolata motivazione, essendo sufficiente che dallo strumento pianificatorio emergano i criteri generali ai quali esso si ispira e gli obiettivi che lo stesso intende realizzare[1], tralasciando quelli aspetti (degenerativi) di “bottega” del consenso, quel debito insito (rare volte) nello “scambio” elettorale di promesse di varia natura e contenuto.

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Va premesso che le condizioni di ammissibilità, dell’intervento nel giudizio amministrativo per la tutela del territorio e dell’ambiente, da parte di un terzo (associazione) va compiuta avendo riguardo alla posizione assunta nel sistema ordinamentale, dovendo dimostrare in via immediata il perimetro delle finalità statutarie, nel senso della produzione di effetti del provvedimento impugnato (ex art. 21 bis della Legge n. 241/1990) lesivi dello scopo istituzionale, e non nella mera sommatoria degli interessi imputabili ai singoli associati[1].

In termini diversi, l’interesse tutelato con l’intervento in giudizio deve essere comune a tutti gli associati e non siano configurabili conflitti interni che implicherebbero automaticamente il difetto del carattere generale e rappresentativo della posizione azionata in giudizio: la legittimazione attiva di singole associazioni o comitati, pur riconosciuta la legittimazione processuale “speciale” alle sole associazioni riconosciute, ex art. 310 D.Lgs. n. 152/2006 «Norme in materia ambientale»[2] e art. 139 D.Lgs. n. 206/2005, ha, tuttavia, riconosciuto la legittimazione attiva

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Tutela del territorio e dell’ambiente, legittimazione ad agire e criterio della vicinitas

Tutela del territorio e dell’ambiente, legittimazione ad agire e criterio della vicinitas

Va premesso che le condizioni di ammissibilità, dell’intervento nel giudizio amministrativo per la tutela del territorio e dell’ambiente, da parte di un terzo (associazione) va compiuta avendo riguardo alla posizione assunta nel sistema ordinamentale, dovendo dimostrare in via immediata il perimetro delle finalità statutarie, nel senso della produzione di effetti del provvedimento impugnato (ex art. 21 bis della Legge n. 241/1990) lesivi dello scopo istituzionale, e non nella mera sommatoria degli interessi imputabili ai singoli associati[1].

In termini diversi, l’interesse tutelato con l’intervento in giudizio deve essere comune a tutti gli associati e non siano configurabili conflitti interni che implicherebbero automaticamente il difetto del carattere generale e rappresentativo della posizione azionata in giudizio: la legittimazione attiva di singole associazioni o comitati, pur riconosciuta la legittimazione processuale “speciale” alle sole associazioni riconosciute, ex art. 310 D.Lgs. n. 152/2006 «Norme in materia ambientale»[2] e art. 139 D.Lgs. n. 206/2005, ha, tuttavia, riconosciuto la legittimazione attiva

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