«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La Massima

La sez. V del Consiglio di Stato, con la sentenza 7 settembre 2021, n. 6232, interviene sull’affidamento di servizi sociali, disponendo che in presenza di un corrispettivo per il servizio si devono applicare le regole del Codice dei contratti pubblici, con la conseguenza che si può prescindere dalla sua applicazione quando non vi è alcuna remunerazione della prestazione, ossia in presenza del mero rimborso delle spese documentate, escludendo tassativamente ogni forma di introito diretto o indiretto, pur anche marginale.

Il caso

Un Ente Locale ha indetto una procedura per l’affidamento del servizio di gestione di una spiaggia attrezzata comunale destinata a persone con disabilità, prevedendo che il gestore debba garantire l’accesso gratuito alla struttura balneare e ai servizi della persona con disabilità e del suo accompagnatore e la gratuità dell’assistenza socio sanitaria del disabile, disponendo che in relazione alla finalità non lucrativa del servizio la selezione si limitasse esclusivamente ad «un soggetto del terzo settore al quale affidare, per la durata di tre anni, il servizio di gestione della spiaggia».

L’affidatario uscente impugnava l’avviso di gara, lamentando l’illegittimità della indizione di una procedura di gara non aperta a tutti gli operatori economici.

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Nessuna concorrenza per l’affidamento di servizi sociali senza corrispettivo

Nessuna concorrenza per l’affidamento di servizi sociali senza corrispettivo

La Massima

La sez. V del Consiglio di Stato, con la sentenza 7 settembre 2021, n. 6232, interviene sull’affidamento di servizi sociali, disponendo che in presenza di un corrispettivo per il servizio si devono applicare le regole del Codice dei contratti pubblici, con la conseguenza che si può prescindere dalla sua applicazione quando non vi è alcuna remunerazione della prestazione, ossia in presenza del mero rimborso delle spese documentate, escludendo tassativamente ogni forma di introito diretto o indiretto, pur anche marginale.

Il caso

Un Ente Locale ha indetto una procedura per l’affidamento del servizio di gestione di una spiaggia attrezzata comunale destinata a persone con disabilità, prevedendo che il gestore debba garantire l’accesso gratuito alla struttura balneare e ai servizi della persona con disabilità e del suo accompagnatore e la gratuità dell’assistenza socio sanitaria del disabile, disponendo che in relazione alla finalità non lucrativa del servizio la selezione si limitasse esclusivamente ad «un soggetto del terzo settore al quale affidare, per la durata di tre anni, il servizio di gestione della spiaggia».

L’affidatario uscente impugnava l’avviso di gara, lamentando l’illegittimità della indizione di una procedura di gara non aperta a tutti gli operatori economici.

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La sez. I Napoli del T.A.R. Campania, con la sentenza del 23 febbraio 2021 n. 1222 (estensore Tallaro), interviene nel dichiarare legittima la richiesta di pagamento dell’indennizzo per la mancata stipulazione del contratto della P.A.: l’inerzia va ristorata con il pagamento di quanto sostenuto in vista della sottoscrizione, escludendo ogni indennizzo o risarcimento del danno (una scelta fatta ex ante direttamente dal legislatore).

Nel caso di specie, si tratta dell’applicazione del comma 9, dell’art. 11 del d.lgs. n. 163/2006 (ora cfr. comma 8, dell’art. 32 del d.lgs. 50/2016)[1], dove si prescrive che «divenuta efficace l’aggiudicazione definitiva, e fatto salvo l’esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione ha luogo entro il termine di sessanta giorni, salvo diverso termine previsto nel bando o nell’invito ad offrire, ovvero l’ipotesi di differimento espressamente concordata con l’aggiudicatario», con la specificazione che in mancanza di stipulazione imputabile all’Amministrazione (i sessanta giorni, termine non perentorio con effetti sulla sua decorrenza, come si avrà modo di scrivere)[2] l’operatore economico:

  • potrà liberarsi, mediante atto formale, da «ogni vincolo o recedere dal contratto»;
  • ha diritto al «rimborso delle spese contrattuali documentate».

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Rimborso delle spese sostenute per la mancata stipulazione del contratto da parte della P.A. e responsabilità del RUP

Rimborso delle spese sostenute per la mancata stipulazione del contratto da parte della P.A. e responsabilità del RUP

La sez. I Napoli del T.A.R. Campania, con la sentenza del 23 febbraio 2021 n. 1222 (estensore Tallaro), interviene nel dichiarare legittima la richiesta di pagamento dell’indennizzo per la mancata stipulazione del contratto della P.A.: l’inerzia va ristorata con il pagamento di quanto sostenuto in vista della sottoscrizione, escludendo ogni indennizzo o risarcimento del danno (una scelta fatta ex ante direttamente dal legislatore).

Nel caso di specie, si tratta dell’applicazione del comma 9, dell’art. 11 del d.lgs. n. 163/2006 (ora cfr. comma 8, dell’art. 32 del d.lgs. 50/2016)[1], dove si prescrive che «divenuta efficace l’aggiudicazione definitiva, e fatto salvo l’esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione ha luogo entro il termine di sessanta giorni, salvo diverso termine previsto nel bando o nell’invito ad offrire, ovvero l’ipotesi di differimento espressamente concordata con l’aggiudicatario», con la specificazione che in mancanza di stipulazione imputabile all’Amministrazione (i sessanta giorni, termine non perentorio con effetti sulla sua decorrenza, come si avrà modo di scrivere)[2] l’operatore economico:

  • potrà liberarsi, mediante atto formale, da «ogni vincolo o recedere dal contratto»;
  • ha diritto al «rimborso delle spese contrattuali documentate».

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La sez. seconda della Corte di Cassazione, con l’ordinanza 19 ottobre 2020 n. 22652, conferma un orientamento consolidato secondo il quale il rapporto negoziale, ossia il vincolo giuridico, si perfeziona con l’incontro di volontà mediante atto scritto (forma ad substantiam) o lo scambio di corrispondenza (proposta e accettazione), non rilevando gli atti interni della P.A. (deliberazioni o determinazioni) incapaci di perfezionare validamente le obbligazioni giuridiche delle parti.

L’obbligazione sorge con la sottoscrizione del contratto, osservando la forma scritta ad substantiam[1], con le precisazioni che seguono con riferimento agli incarichi legali.

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Perfezionamento dell’incarico di servizi legali

Perfezionamento dell’incarico di servizi legali

La sez. seconda della Corte di Cassazione, con l’ordinanza 19 ottobre 2020 n. 22652, conferma un orientamento consolidato secondo il quale il rapporto negoziale, ossia il vincolo giuridico, si perfeziona con l’incontro di volontà mediante atto scritto (forma ad substantiam) o lo scambio di corrispondenza (proposta e accettazione), non rilevando gli atti interni della P.A. (deliberazioni o determinazioni) incapaci di perfezionare validamente le obbligazioni giuridiche delle parti.

L’obbligazione sorge con la sottoscrizione del contratto, osservando la forma scritta ad substantiam[1], con le precisazioni che seguono con riferimento agli incarichi legali.

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La sez. II del Consiglio di Stato, con la sentenza 24 agosto 2020 n. 5182 (est. Luttazi), conferma un orientamento che riconosce il rimborso alle spese legali solo sul presupposto che il fatto, o l’atto oggetto del giudizio, sia stato compiuto nell’esercizio delle attribuzioni affidate al dipendente pubblico e vi sia un nesso di strumentalità – tra l’adempimento del dovere e il compimento dell’atto – nel senso che il dipendente non avrebbe eseguito ai suoi compiti se non compiendo quel fatto o quell’atto, oltre, la dovuta assenza del conflitto di interessi[1].

La questione del negato rimborso (su parere dell’Avvocatura dello Stato) per la pretesa attività connessa al servizio verte sul seguente fatto: un militare, nell’ambito di un processo penale subito dallo stesso per fatto connesso al servizio, richiede il ristoro delle spese legali «nel processo penale in cui egli era stato assolto dall’accusa di omicidio colposo a seguito di un sinistro stradale in cui era stato coinvolto nel recarsi con la propria autovettura ad un corso di aggiornamento che si svolgeva in regione diversa da quella di residenza».

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Niente rimborso delle spese legali per omicidio colposo durante un viaggio di servizio

Niente rimborso delle spese legali per omicidio colposo durante un viaggio di servizio

La sez. II del Consiglio di Stato, con la sentenza 24 agosto 2020 n. 5182 (est. Luttazi), conferma un orientamento che riconosce il rimborso alle spese legali solo sul presupposto che il fatto, o l’atto oggetto del giudizio, sia stato compiuto nell’esercizio delle attribuzioni affidate al dipendente pubblico e vi sia un nesso di strumentalità – tra l’adempimento del dovere e il compimento dell’atto – nel senso che il dipendente non avrebbe eseguito ai suoi compiti se non compiendo quel fatto o quell’atto, oltre, la dovuta assenza del conflitto di interessi[1].

La questione del negato rimborso (su parere dell’Avvocatura dello Stato) per la pretesa attività connessa al servizio verte sul seguente fatto: un militare, nell’ambito di un processo penale subito dallo stesso per fatto connesso al servizio, richiede il ristoro delle spese legali «nel processo penale in cui egli era stato assolto dall’accusa di omicidio colposo a seguito di un sinistro stradale in cui era stato coinvolto nel recarsi con la propria autovettura ad un corso di aggiornamento che si svolgeva in regione diversa da quella di residenza».

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La sez. contr. Liguria della Corte Conti con la deliberazione del 30 marzo 2020, n. 38 interviene per definire i criteri di rimborso delle spese legali a favore di dipendenti coinvolti in un procedimento penale – per ragioni d’ufficio – assolti con la formula “perché il fatto non sussiste” (ex art. 530 c.p.p.), qualora l’Amministrazione si sia costituita “parte civile”.

I riferimenti normativi:

  • l’art 530 «Sentenza di assoluzione» c.p.p. dispone «se il fatto non sussiste, se l’imputato non lo ha commesso, se il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero se il reato è stato commesso da persona non imputabile o non punibile per un’altra ragione, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione indicandone la causa nel dispositivo», dove – nella prima formula – il giudicato di assoluzione contiene un effettivo e specifico accertamento circa l’insussistenza del fatto addebitabile, espressione dell’irrilevanza di alcun addebito, mancando la fattispecie criminosa e l’imputabilità (espressione dell’assoluzione con formula piena);
  • 74 «Legittimazione all’azione civile» c.p.p. dispone che «l’azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno di cui all’articolo 185 del codice penale può essere esercitata nel processo penale dal soggetto al quale il reato ha recato danno ovvero dai suoi successori universali, nei confronti dell’imputato e del responsabile civile», con lo scopo di coltivare gli interessi della Comunità a tutela del bene giuridico protetto dalla norma e leso dalla condotta posta in essere dal dipendente.

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Costituzione di parte civile, conflitto di interessi, assoluzione e diniego al rimborso delle spese legali al dipendente

Costituzione di parte civile, conflitto di interessi, assoluzione e diniego al rimborso delle spese legali al dipendente

La sez. contr. Liguria della Corte Conti con la deliberazione del 30 marzo 2020, n. 38 interviene per definire i criteri di rimborso delle spese legali a favore di dipendenti coinvolti in un procedimento penale – per ragioni d’ufficio – assolti con la formula “perché il fatto non sussiste” (ex art. 530 c.p.p.), qualora l’Amministrazione si sia costituita “parte civile”.

I riferimenti normativi:

  • l’art 530 «Sentenza di assoluzione» c.p.p. dispone «se il fatto non sussiste, se l’imputato non lo ha commesso, se il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero se il reato è stato commesso da persona non imputabile o non punibile per un’altra ragione, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione indicandone la causa nel dispositivo», dove – nella prima formula – il giudicato di assoluzione contiene un effettivo e specifico accertamento circa l’insussistenza del fatto addebitabile, espressione dell’irrilevanza di alcun addebito, mancando la fattispecie criminosa e l’imputabilità (espressione dell’assoluzione con formula piena);
  • 74 «Legittimazione all’azione civile» c.p.p. dispone che «l’azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno di cui all’articolo 185 del codice penale può essere esercitata nel processo penale dal soggetto al quale il reato ha recato danno ovvero dai suoi successori universali, nei confronti dell’imputato e del responsabile civile», con lo scopo di coltivare gli interessi della Comunità a tutela del bene giuridico protetto dalla norma e leso dalla condotta posta in essere dal dipendente.

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La Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la regione Piemonte, con la sentenza n. 170 del 27 maggio 2019, interviene per definire le condizioni necessarie per poter procedere al rimborso delle spese legali sostenute da un dipendente pubblico in relazione alla formula assolutoria.

La questione viene affrontata in via indiretta (in un giudizio erariale) in relazione alla liquidazione delle spese legali in favore di un dipendente, coinvolto in un procedimento penale (relativo a diverse ipotesi di reato in relazione alla procedura di appalto), che si è concluso «con la formula dell’estinzione del giudizio per intervenuta prescrizione dei reati».

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Nessun rimborso spese legali per intervenuta prescrizione dei reati

Nessun rimborso spese legali per intervenuta prescrizione dei reati

La Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la regione Piemonte, con la sentenza n. 170 del 27 maggio 2019, interviene per definire le condizioni necessarie per poter procedere al rimborso delle spese legali sostenute da un dipendente pubblico in relazione alla formula assolutoria.

La questione viene affrontata in via indiretta (in un giudizio erariale) in relazione alla liquidazione delle spese legali in favore di un dipendente, coinvolto in un procedimento penale (relativo a diverse ipotesi di reato in relazione alla procedura di appalto), che si è concluso «con la formula dell’estinzione del giudizio per intervenuta prescrizione dei reati».

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