«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

Il posizionamento (o sostituzione, sempre da provarsi)[1] di un cancello o di una rete (o recinzione), quale limitazione fisica all’accesso ad uno spazio privato (estrinsecazione dello ius excludendi alios proprio del diritto di proprietà), esige il titolo edilizio (autorizzazione), specie se sono necessarie opere murarie, ossia il consolidamento delle fondamenta.

L’intervento sanzionatorio è avvenuto a distanza di tempo: questo fatto non inficia l’intervento repressivo del Comune, non potendo invocare il legittimo affidamento ingenerato, così come pure un unico atto di applicazione di più sanzioni per interventi diversi illecitamente eseguiti.

L’abusività

È noto, altresì, che la realizzazione di qualsiasi manufatto in una zona coperta da vincolo paesaggistico, altera il pregresso stato dei luoghi, deve essere preceduto da autorizzazione paesaggistica anche quando trattasi di opere realizzabili mediante una dichiarazione d’inizio attività; di contro, è obbligata l’Amministrazione ad adottare un provvedimento di demolizione per tutte le opere che siano comunque costruite senza titolo in aree sottoposte a vincolo paesistico, a prescindere dalla classificazione degli abusi valevole nel diverso contesto dei titoli edilizi[2].

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Cancello o rete di sbarramento: serve il titolo edilizio

Cancello o rete di sbarramento: serve il titolo edilizio

Il posizionamento (o sostituzione, sempre da provarsi)[1] di un cancello o di una rete (o recinzione), quale limitazione fisica all’accesso ad uno spazio privato (estrinsecazione dello ius excludendi alios proprio del diritto di proprietà), esige il titolo edilizio (autorizzazione), specie se sono necessarie opere murarie, ossia il consolidamento delle fondamenta.

L’intervento sanzionatorio è avvenuto a distanza di tempo: questo fatto non inficia l’intervento repressivo del Comune, non potendo invocare il legittimo affidamento ingenerato, così come pure un unico atto di applicazione di più sanzioni per interventi diversi illecitamente eseguiti.

L’abusività

È noto, altresì, che la realizzazione di qualsiasi manufatto in una zona coperta da vincolo paesaggistico, altera il pregresso stato dei luoghi, deve essere preceduto da autorizzazione paesaggistica anche quando trattasi di opere realizzabili mediante una dichiarazione d’inizio attività; di contro, è obbligata l’Amministrazione ad adottare un provvedimento di demolizione per tutte le opere che siano comunque costruite senza titolo in aree sottoposte a vincolo paesistico, a prescindere dalla classificazione degli abusi valevole nel diverso contesto dei titoli edilizi[2].

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Il pronunciamento

Il TAR Veneto, con l’ordinanza n. 22 del 15 gennaio 2021, interviene per affermare la legittimità del diniego al subappalto manifestata dal RUP della Stazione Appaltante ad un’impresa appartenente ad un Consorzio stabile, ex art. 45, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, il quale necessariamente si caratterizza in ragione della strutturale alterità rispetto alle singole imprese che in esso, per ragioni essenzialmente mutualistiche[1], si sono aggregate: il subappalto diretto ad una consorziata svilirebbe l’essenza stessa del soggetto (unico) appaltatore, ben potendo demandare nei limiti consentiti alle consorziate solo quando interviene l’autorizzazione preventiva della P.A., acclarando una sostanziale e formale distinzione tra Consorzio stabile (parte negoziale del contratto di appalto) e sue consorziate (estranee al contratto principale con la S.A.)[2].

Il consorzio

In via generale, nell’ambito di una procedura ad evidenza pubblica il consorzio è il soggetto che domanda di essere ammesso alla procedura e va a stipulare il contratto con l’Amministrazione appaltante in nome proprio, anche se per conto delle consorziate cui affida i lavori, essendo lo stesso responsabile dell’esecuzione delle prestazioni anche quando per la loro esecuzione si avvale delle imprese consorziate[3].

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Il Consorzio stabile d’impresa non può subappaltare ad una sua consorziata senza l’autorizzazione della P.A.

Il Consorzio stabile d’impresa non può subappaltare ad una sua consorziata senza l’autorizzazione della P.A.

Il pronunciamento

Il TAR Veneto, con l’ordinanza n. 22 del 15 gennaio 2021, interviene per affermare la legittimità del diniego al subappalto manifestata dal RUP della Stazione Appaltante ad un’impresa appartenente ad un Consorzio stabile, ex art. 45, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, il quale necessariamente si caratterizza in ragione della strutturale alterità rispetto alle singole imprese che in esso, per ragioni essenzialmente mutualistiche[1], si sono aggregate: il subappalto diretto ad una consorziata svilirebbe l’essenza stessa del soggetto (unico) appaltatore, ben potendo demandare nei limiti consentiti alle consorziate solo quando interviene l’autorizzazione preventiva della P.A., acclarando una sostanziale e formale distinzione tra Consorzio stabile (parte negoziale del contratto di appalto) e sue consorziate (estranee al contratto principale con la S.A.)[2].

Il consorzio

In via generale, nell’ambito di una procedura ad evidenza pubblica il consorzio è il soggetto che domanda di essere ammesso alla procedura e va a stipulare il contratto con l’Amministrazione appaltante in nome proprio, anche se per conto delle consorziate cui affida i lavori, essendo lo stesso responsabile dell’esecuzione delle prestazioni anche quando per la loro esecuzione si avvale delle imprese consorziate[3].

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