«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La seconda sez. Salerno del T.A.R. Campania, con la sentenza n. 406 del 18 marzo 2019, interviene nel definire la procedura per individuare l’esperto in “Legislazione Beni Culturali”, a seguito di avviso pubblico su presentazione di appositi titoli professionali ed anche preferenziali, quali quelli riferiti alle materie dei beni culturali, ambientali e paesaggistici o con esperienza (per non meno di tre anni e nelle stesse materie) in ambito della Pubblica Amministrazione.

La nomina, a seguito di accesso agli atti, sarebbe ritenuta illegittima dal ricorrente per i seguenti motivi:

  • veniva effettuata senza la benché minima comparazione tra le varie candidature pervenute (nel numero di cinque);
  • mancava una motivazione sulle ragioni della scelta, non potendo ritenere ammissibile la sua elisione anche se riferita a nomine di componenti onorari;
  • l’avviso pubblico finalizzato al solo scopo di «manifestare la disponibilità all’assunzione della nomina, il possesso dei requisiti, non essendo stata posta in essere alcuna procedura concorsuale, para-concorsuale, gara d’appalto o di graduatoria, attribuzione di punteggi o altre classificazioni di merito», non poteva assorbire – in termini di discrezionalità assoluta – l’onere, gravante sulla P.A., di dare contezza della scelta, in concreto effettuata, ove si considera che la disciplina interna richiamava l’obbligo di una “procedura ad evidenza pubblica”;
  • il professionista individuato non avrebbe avuto i titoli richiesti, né l’esperienza maturata nelle materie della selezione, ergo «un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia» (ex 148, comma 2 del D.Lgs. n. 42/2004, ove si stabilisce che «Le commissioni sono composte da soggetti con particolare, pluriennale e qualificata esperienza nella tutela del paesaggio»).

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Nomina dell’esperto nella Commissione locale per il Paesaggio: motivazione e comparazione dei candidati

Nomina dell’esperto nella Commissione locale per il Paesaggio: motivazione e comparazione dei candidati

La seconda sez. Salerno del T.A.R. Campania, con la sentenza n. 406 del 18 marzo 2019, interviene nel definire la procedura per individuare l’esperto in “Legislazione Beni Culturali”, a seguito di avviso pubblico su presentazione di appositi titoli professionali ed anche preferenziali, quali quelli riferiti alle materie dei beni culturali, ambientali e paesaggistici o con esperienza (per non meno di tre anni e nelle stesse materie) in ambito della Pubblica Amministrazione.

La nomina, a seguito di accesso agli atti, sarebbe ritenuta illegittima dal ricorrente per i seguenti motivi:

  • veniva effettuata senza la benché minima comparazione tra le varie candidature pervenute (nel numero di cinque);
  • mancava una motivazione sulle ragioni della scelta, non potendo ritenere ammissibile la sua elisione anche se riferita a nomine di componenti onorari;
  • l’avviso pubblico finalizzato al solo scopo di «manifestare la disponibilità all’assunzione della nomina, il possesso dei requisiti, non essendo stata posta in essere alcuna procedura concorsuale, para-concorsuale, gara d’appalto o di graduatoria, attribuzione di punteggi o altre classificazioni di merito», non poteva assorbire – in termini di discrezionalità assoluta – l’onere, gravante sulla P.A., di dare contezza della scelta, in concreto effettuata, ove si considera che la disciplina interna richiamava l’obbligo di una “procedura ad evidenza pubblica”;
  • il professionista individuato non avrebbe avuto i titoli richiesti, né l’esperienza maturata nelle materie della selezione, ergo «un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia» (ex 148, comma 2 del D.Lgs. n. 42/2004, ove si stabilisce che «Le commissioni sono composte da soggetti con particolare, pluriennale e qualificata esperienza nella tutela del paesaggio»).

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L’Autorità Nazionale Anticorruzione con la Delibera n. 272 del 3 aprile 2019 (Fascicolo n. 5446/2017) interviene, in relazione all’attività di vigilanza in materia di contratti pubblici, sull’affitto di fondi rustici da parte di un’Amministrazione locale, a seguito di un esposto con il quale venivano segnalate alcune presunte anomalie gestionali[1].

L’Amministrazione (nel 1981) divenuta in possesso di numerosi fondi rustici, di un disciolto Ente ospedaliero, provvedeva a regolarizzare (nel 1985) la conduzione (risalente nel tempo) da parte di alcuni imprenditori agricoli: provvedeva con atto consiliare all’adozione di schemi contrattuali di affitto e alla loro sottoscrizione, inserendo i soggetti – conduttori di fatto – individuati dalla ricognizione operata dai tecnici del Comune.

Nel 2004, con atto giuntale, ritenendo i contratti rinnovati tacitamente in applicazione dell’art. 4 della legge 3 maggio 1982, n. 203, recante «Norme sui contratti agrari» il Comune autorizzava la stipula dei contratti di affitto con quelli che risultavano essere conduttori dei terreni, con decorrenza 11 novembre 2001 e scadenza 10 novembre 2016.

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I fondi rustici (e i beni pubblici) vanno affidati con gara.

I fondi rustici (e i beni pubblici) vanno affidati con gara.

L’Autorità Nazionale Anticorruzione con la Delibera n. 272 del 3 aprile 2019 (Fascicolo n. 5446/2017) interviene, in relazione all’attività di vigilanza in materia di contratti pubblici, sull’affitto di fondi rustici da parte di un’Amministrazione locale, a seguito di un esposto con il quale venivano segnalate alcune presunte anomalie gestionali[1].

L’Amministrazione (nel 1981) divenuta in possesso di numerosi fondi rustici, di un disciolto Ente ospedaliero, provvedeva a regolarizzare (nel 1985) la conduzione (risalente nel tempo) da parte di alcuni imprenditori agricoli: provvedeva con atto consiliare all’adozione di schemi contrattuali di affitto e alla loro sottoscrizione, inserendo i soggetti – conduttori di fatto – individuati dalla ricognizione operata dai tecnici del Comune.

Nel 2004, con atto giuntale, ritenendo i contratti rinnovati tacitamente in applicazione dell’art. 4 della legge 3 maggio 1982, n. 203, recante «Norme sui contratti agrari» il Comune autorizzava la stipula dei contratti di affitto con quelli che risultavano essere conduttori dei terreni, con decorrenza 11 novembre 2001 e scadenza 10 novembre 2016.

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Una qualche premessa impone di soffermarsi sulla “digitalizzazione”, intesa nel suo aspetto organizzativo e produttivo del processo di sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione ad uso della Pubblica Amministrazione (P.A.), capace di aumentare l’integrazione dei servizi fra le diverse Amministrazioni e l’interazione degli utenti (facilitando l’accesso ai dati), con lo scopo dichiarato (secondo il Piano Triennale per l’informatica 2019 – 2021 che indica le linee di azione per promuovere la trasformazione digitale del settore pubblico e della P.A.) di puntare su qualità e standardizzazione dei dati, agevolando lo sviluppo e la diffusione degli open data e della API economy, non può prescindere dal bilanciamento delle relazioni tra “trasparenza” e “tutela dei dati personali”, ove la sicurezza (sul trattamento e la profilazione) assume una funzione di garanzia e tutela della persona e delle sue libertà.

Il Codice dell’Amministrazione Digitale (c.d. CAD, ex D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82), nel definire la cittadinanza digitale e il diritto all’uso delle connesse tecnologie, intende realizzare gli obiettivi di efficienza, efficacia, economicità, imparzialità, trasparenza, semplificazione e partecipazione, nel rispetto dei principi di uguaglianza e di non discriminazione, dei cittadini alla vita pubblica (alias procedimento amministrativo informatizzato), affermando all’art. 20, comma 1 bis che il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del Codice civile, quando vi è apposta una firma digitale (o altro tipo di firma elettronica rispettosa dei requisiti fissati dall’AgID), con l’evidente volontà di allargare e coprire – con la digitalizzazione procedimentale (anche processuale) e la connettività (tecnologia 5G, aumento di velocità download e upload) – i rapporti sociali/economici e giuridici.

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Il valore giuridico delle comunicazioni digitali in rete

Il valore giuridico delle comunicazioni digitali in rete

Una qualche premessa impone di soffermarsi sulla “digitalizzazione”, intesa nel suo aspetto organizzativo e produttivo del processo di sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione ad uso della Pubblica Amministrazione (P.A.), capace di aumentare l’integrazione dei servizi fra le diverse Amministrazioni e l’interazione degli utenti (facilitando l’accesso ai dati), con lo scopo dichiarato (secondo il Piano Triennale per l’informatica 2019 – 2021 che indica le linee di azione per promuovere la trasformazione digitale del settore pubblico e della P.A.) di puntare su qualità e standardizzazione dei dati, agevolando lo sviluppo e la diffusione degli open data e della API economy, non può prescindere dal bilanciamento delle relazioni tra “trasparenza” e “tutela dei dati personali”, ove la sicurezza (sul trattamento e la profilazione) assume una funzione di garanzia e tutela della persona e delle sue libertà.

Il Codice dell’Amministrazione Digitale (c.d. CAD, ex D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82), nel definire la cittadinanza digitale e il diritto all’uso delle connesse tecnologie, intende realizzare gli obiettivi di efficienza, efficacia, economicità, imparzialità, trasparenza, semplificazione e partecipazione, nel rispetto dei principi di uguaglianza e di non discriminazione, dei cittadini alla vita pubblica (alias procedimento amministrativo informatizzato), affermando all’art. 20, comma 1 bis che il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del Codice civile, quando vi è apposta una firma digitale (o altro tipo di firma elettronica rispettosa dei requisiti fissati dall’AgID), con l’evidente volontà di allargare e coprire – con la digitalizzazione procedimentale (anche processuale) e la connettività (tecnologia 5G, aumento di velocità download e upload) – i rapporti sociali/economici e giuridici.

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La trasparenza nella Legge n. 241/1990 riveste una funzione partecipativa (ex art. 10) conoscitiva (ex artt. 22 ss.) dell’azione amministrativa, ed anche come rimedio per il consapevole diritto di difesa dall’esercizio della funzione pubblica, consentendo l’accesso agli atti amministrativi (visione ed estrazione) per la cura di una situazione giuridicamente tutelata (sotto il profilo della legittimazione e dell’interesse).

La trasparenza viene (poi) considerata (o trattata) come una misura di prevenzione della corruzione, secondo gli obblighi del D.Lgs. n. 33/2013 (c.d. Decreto Trasparenza) e delle Linee Guida ANAC 1309 e 1310 del 2016 (importando il modello FOIA) per il “controllo sociale” dell’organizzazione e della spesa pubblica.

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La trasparenza del bilancio arboreo di fine mandato

La trasparenza del bilancio arboreo di fine mandato

La trasparenza nella Legge n. 241/1990 riveste una funzione partecipativa (ex art. 10) conoscitiva (ex artt. 22 ss.) dell’azione amministrativa, ed anche come rimedio per il consapevole diritto di difesa dall’esercizio della funzione pubblica, consentendo l’accesso agli atti amministrativi (visione ed estrazione) per la cura di una situazione giuridicamente tutelata (sotto il profilo della legittimazione e dell’interesse).

La trasparenza viene (poi) considerata (o trattata) come una misura di prevenzione della corruzione, secondo gli obblighi del D.Lgs. n. 33/2013 (c.d. Decreto Trasparenza) e delle Linee Guida ANAC 1309 e 1310 del 2016 (importando il modello FOIA) per il “controllo sociale” dell’organizzazione e della spesa pubblica.

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La terza sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 518 del 21 gennaio 2019, interviene per riaffermare l’esigenza indifferibile di garantire la trasparenza mediante la pubblicazione on line di un avviso per l’individuazione di un responsabile per la protezione dei dati (caso di specie, affidamento del servizio di data protection officer).

Un’Amministrazione sanitaria affidava, con procedura negoziata (ex art. 36, comma 2, lettera b), del D.Lgs. n. 50/2016), il servizio di DPO (RDP, ex art. 37 del Regolamento UE 679/2016, GDPR) per un anno prorogabile di un altro anno ad un determinato operatore economico.

Un professionista impugnava in primo grado gli atti di gara, rilevando che la stazione appaltante, in violazione dell’art. 36, cit. e delle Linee Guida ANAC n. 4 (approvate con deliberazione n. 206/2018) ha omesso di pubblicare l’avviso per individuare i cinque soggetti da consultare nella procedura negoziata, non sussistendo neppure i presupposti per dare corso all’affidamento diretto, ai sensi dell’art. 63 «Uso della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara», del D.Lgs. 50/2016: il ricorso risultava fondato con conseguente annullamento degli atti di gara.

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In principio era la gara: trasparenza e confronto competitivo per l’individuazione del DPO

In principio era la gara: trasparenza e confronto competitivo per l’individuazione del DPO

La terza sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 518 del 21 gennaio 2019, interviene per riaffermare l’esigenza indifferibile di garantire la trasparenza mediante la pubblicazione on line di un avviso per l’individuazione di un responsabile per la protezione dei dati (caso di specie, affidamento del servizio di data protection officer).

Un’Amministrazione sanitaria affidava, con procedura negoziata (ex art. 36, comma 2, lettera b), del D.Lgs. n. 50/2016), il servizio di DPO (RDP, ex art. 37 del Regolamento UE 679/2016, GDPR) per un anno prorogabile di un altro anno ad un determinato operatore economico.

Un professionista impugnava in primo grado gli atti di gara, rilevando che la stazione appaltante, in violazione dell’art. 36, cit. e delle Linee Guida ANAC n. 4 (approvate con deliberazione n. 206/2018) ha omesso di pubblicare l’avviso per individuare i cinque soggetti da consultare nella procedura negoziata, non sussistendo neppure i presupposti per dare corso all’affidamento diretto, ai sensi dell’art. 63 «Uso della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara», del D.Lgs. 50/2016: il ricorso risultava fondato con conseguente annullamento degli atti di gara.

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La sez. controllo regionale della Corte dei Conti Lombardia, con la deliberazione n. 8 della camera di Consiglio del giorno 29 gennaio 2019, interviene per ribadire un principio generale della contrattualista pubblica, prima in chiave “contabilitistica” (alias, risparmio di spesa) poi in visione comunitaria di apertura al mercato della concorrenza, la vendita o cessione di quote societarie avviene mediante una procedura di evidenza pubblica[1].

L’art. 10 «Alienazione di partecipazioni sociali» del D.Lgs. n. 175/2016 (TUSP) prevede per la validità delle operazioni di cessione che «gli atti deliberativi aventi ad oggetto l’alienazione o la costituzione di vincoli su partecipazioni sociali delle amministrazioni pubbliche» sono adottati dal Consiglio comunale (in ambito comunale), imponendo, al secondo comma, che «l’alienazione delle partecipazioni è effettuata nel rispetto dei princìpi di pubblicità, trasparenza e non discriminazione. In casi eccezionali, a seguito di deliberazione motivata dell’organo competente…, che dà analiticamente atto della convenienza economica dell’operazione, con particolare riferimento alla congruità del prezzo di vendita, l’alienazione può essere effettuata mediante negoziazione diretta con un singolo acquirente… fatto salvo il diritto di prelazione dei soci eventualmente previsto dalla legge o dallo statuto».

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Vendita di quote societarie ed evidenza pubblica

Vendita di quote societarie ed evidenza pubblica

La sez. controllo regionale della Corte dei Conti Lombardia, con la deliberazione n. 8 della camera di Consiglio del giorno 29 gennaio 2019, interviene per ribadire un principio generale della contrattualista pubblica, prima in chiave “contabilitistica” (alias, risparmio di spesa) poi in visione comunitaria di apertura al mercato della concorrenza, la vendita o cessione di quote societarie avviene mediante una procedura di evidenza pubblica[1].

L’art. 10 «Alienazione di partecipazioni sociali» del D.Lgs. n. 175/2016 (TUSP) prevede per la validità delle operazioni di cessione che «gli atti deliberativi aventi ad oggetto l’alienazione o la costituzione di vincoli su partecipazioni sociali delle amministrazioni pubbliche» sono adottati dal Consiglio comunale (in ambito comunale), imponendo, al secondo comma, che «l’alienazione delle partecipazioni è effettuata nel rispetto dei princìpi di pubblicità, trasparenza e non discriminazione. In casi eccezionali, a seguito di deliberazione motivata dell’organo competente…, che dà analiticamente atto della convenienza economica dell’operazione, con particolare riferimento alla congruità del prezzo di vendita, l’alienazione può essere effettuata mediante negoziazione diretta con un singolo acquirente… fatto salvo il diritto di prelazione dei soci eventualmente previsto dalla legge o dallo statuto».

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