«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La seconda sez. Catanzaro del T.A.R. Calabria, con la sentenza n. 614 del 20 marzo 2019, conferma un orientamento granitico che ammette l’accesso agli atti e alle autorizzazioni rilasciate al confinante in relazione all’incisione della propria sfera giuridica, ovvero dei propri diritti a tutela e salvaguardia della proprietà.

Il proprietario di un bene immobile formula alla P.A. una richiesta di accesso all’autorizzazione rilasciata al proprio confinante per la realizzazione di un marciapiede su una strada pubblica, vedendosi rifiutare la stessa mediante silenzio rigetto.

La richiesta ostensiva non era di natura emulativa, ma verteva sulla verifica della costruzione del manufatto che veniva a costituire un ostacolo al deflusso delle acque meteoriche, determinandone il ristagno, con conseguenti danni al proprio muro perimetrale (e al connesso diritto dominicale).

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Niente riservatezza o difetto di legittimazione per il diritto di accesso del confinante

Niente riservatezza o difetto di legittimazione per il diritto di accesso del confinante

La seconda sez. Catanzaro del T.A.R. Calabria, con la sentenza n. 614 del 20 marzo 2019, conferma un orientamento granitico che ammette l’accesso agli atti e alle autorizzazioni rilasciate al confinante in relazione all’incisione della propria sfera giuridica, ovvero dei propri diritti a tutela e salvaguardia della proprietà.

Il proprietario di un bene immobile formula alla P.A. una richiesta di accesso all’autorizzazione rilasciata al proprio confinante per la realizzazione di un marciapiede su una strada pubblica, vedendosi rifiutare la stessa mediante silenzio rigetto.

La richiesta ostensiva non era di natura emulativa, ma verteva sulla verifica della costruzione del manufatto che veniva a costituire un ostacolo al deflusso delle acque meteoriche, determinandone il ristagno, con conseguenti danni al proprio muro perimetrale (e al connesso diritto dominicale).

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La sez. IV Milano, del T.A.R. Lombardia, con la sentenza 5 dicembre 2018, n. 2737, stabilisce che non può essere escluso un concorrente ad una procedura di gara (concessione d’uso di varie unità immobiliari), per ritardo nella consegna del plico rispetto al termine di scadenza di presentazione dell’offerta, quando la responsabilità sia imputabile alla stazione appaltante.

È noto che la concessione di beni pubblici va disposta con il preventivo esperimento di una procedura di evidenza pubblica: le concessioni demaniali, in quanto concernenti beni economicamente contendibili, devono essere affidate mediante procedura di gara, compresa le locazioni di beni, pena l’attivazione di un procedimento di autotutela e l’annullamento dell’assegnazione (Cons. Stato, sez. V, 11 giugno 2018, n. 3588).

È noto, altresì, che nelle gare di appalto il termine ultimo di presentazione delle offerte non è un valore in sé ma è, al contrario, funzionale e strumentale, da un lato, alla tutela delle esigenze di trasparenza, efficacia, economicità e speditezza dell’azione amministrativa e, dall’altro, del primario criterio della par condicio fra i concorrenti (T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 6 marzo 2015, n. 626).

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Il ritardo non imputabile all’operatore economico non è causa di esclusione dalla gara

Il ritardo non imputabile all’operatore economico non è causa di esclusione dalla gara

La sez. IV Milano, del T.A.R. Lombardia, con la sentenza 5 dicembre 2018, n. 2737, stabilisce che non può essere escluso un concorrente ad una procedura di gara (concessione d’uso di varie unità immobiliari), per ritardo nella consegna del plico rispetto al termine di scadenza di presentazione dell’offerta, quando la responsabilità sia imputabile alla stazione appaltante.

È noto che la concessione di beni pubblici va disposta con il preventivo esperimento di una procedura di evidenza pubblica: le concessioni demaniali, in quanto concernenti beni economicamente contendibili, devono essere affidate mediante procedura di gara, compresa le locazioni di beni, pena l’attivazione di un procedimento di autotutela e l’annullamento dell’assegnazione (Cons. Stato, sez. V, 11 giugno 2018, n. 3588).

È noto, altresì, che nelle gare di appalto il termine ultimo di presentazione delle offerte non è un valore in sé ma è, al contrario, funzionale e strumentale, da un lato, alla tutela delle esigenze di trasparenza, efficacia, economicità e speditezza dell’azione amministrativa e, dall’altro, del primario criterio della par condicio fra i concorrenti (T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 6 marzo 2015, n. 626).

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L’Amministrazione è titolare della competenza sulla valutazione della nuova destinazione di un bene (adibito al culto e alla preghiera) anche in assenza di un espresso divieto.

La seconda sezione Milano del T.A.R. Lombardia, con la sentenza n. 2018 del 27 agosto 2018, ritiene legittimo il diniego opposto da un Comune al cambio di destinazione urbanistica per la realizzazione di un edificio di culto, anche in assenza di un divieto espresso dalle norme o della realizzazione di nuove opere edilizie.

Il Comune rigettava la domanda di permesso di costruire, presentata da un’Associazione, per realizzare un luogo di culto in un determinato immobile:

A margine, veniva segnalato nel bene adibito a luogo di culto risultava, da un rapporto di Polizia Locale, «una rilevante presenza di persone da ultimo nelle serate di venerdì e sabato desumibile dal numero consistente di veicoli nell’area esterna e dal via vai di persone in entrata e uscita dall’immobile».

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Edifici di culto e destinazione urbanistica

Edifici di culto e destinazione urbanistica

L’Amministrazione è titolare della competenza sulla valutazione della nuova destinazione di un bene (adibito al culto e alla preghiera) anche in assenza di un espresso divieto.

La seconda sezione Milano del T.A.R. Lombardia, con la sentenza n. 2018 del 27 agosto 2018, ritiene legittimo il diniego opposto da un Comune al cambio di destinazione urbanistica per la realizzazione di un edificio di culto, anche in assenza di un divieto espresso dalle norme o della realizzazione di nuove opere edilizie.

Il Comune rigettava la domanda di permesso di costruire, presentata da un’Associazione, per realizzare un luogo di culto in un determinato immobile:

A margine, veniva segnalato nel bene adibito a luogo di culto risultava, da un rapporto di Polizia Locale, «una rilevante presenza di persone da ultimo nelle serate di venerdì e sabato desumibile dal numero consistente di veicoli nell’area esterna e dal via vai di persone in entrata e uscita dall’immobile».

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L’autotutela d’ufficio del titolo edilizio opera in presenza dell’originaria illegittimità del provvedimento, dall’interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione, della tutela dell’affidamento, previa adeguata istruttoria motivazionale.

La quarta sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5277 del 7 settembre 2018, interviene definendo il perimetro dell’autotutela in ambito edilizio, non collegata al semplice ripristino della legalità violata, giungendo a confermare l’annullamento degli atti di autotutela in violazione alle regole del paradigma normativo generale.

La fonte generale di riferimento si rinviene nell’art. 21 nonies «Annullamento d’ufficio» della Legge n. 241/1990 ove si prevede che il provvedimento amministrativo illegittimo, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, «può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti…, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge… È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole».

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Annullamento del titolo edilizio: presupposti di legge

Annullamento del titolo edilizio: presupposti di legge

L’autotutela d’ufficio del titolo edilizio opera in presenza dell’originaria illegittimità del provvedimento, dall’interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione, della tutela dell’affidamento, previa adeguata istruttoria motivazionale.

La quarta sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5277 del 7 settembre 2018, interviene definendo il perimetro dell’autotutela in ambito edilizio, non collegata al semplice ripristino della legalità violata, giungendo a confermare l’annullamento degli atti di autotutela in violazione alle regole del paradigma normativo generale.

La fonte generale di riferimento si rinviene nell’art. 21 nonies «Annullamento d’ufficio» della Legge n. 241/1990 ove si prevede che il provvedimento amministrativo illegittimo, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, «può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti…, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge… È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole».

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Motivazione per tutti gli affidamenti

Non può mancare in questa prospettiva l’obbligo di motivare (ex art. 3 della legge n. 241/1990) le proprie determinazioni, le scelte compiute rendendo conto del processo decisionale, dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche, motivazione (anche sintetica per gli affidamenti diretti) che deve trovare una propria coerenza con l’istruttoria, dimostrando che i criteri di scelta reggono su determinati presupposti da elencare “in chiaro” nel testo redazionale della determinazione a contrarre o dell’atto ad essa equivalente, al fine di assicurare la massima trasparenza, dando dettagliatamente conto del possesso da parte dell’operatore economico selezionato dei requisiti richiesti, della rispondenza di quanto offerto all’interesse pubblico che la stazione appaltante deve soddisfare, di eventuali caratteristiche migliorative offerte dall’affidatario, della congruità del prezzo in rapporto alla qualità della prestazione, nonché del rispetto del principio di rotazione [41].

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La motivazione negli affidamenti

La motivazione negli affidamenti

Motivazione per tutti gli affidamenti

Non può mancare in questa prospettiva l’obbligo di motivare (ex art. 3 della legge n. 241/1990) le proprie determinazioni, le scelte compiute rendendo conto del processo decisionale, dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche, motivazione (anche sintetica per gli affidamenti diretti) che deve trovare una propria coerenza con l’istruttoria, dimostrando che i criteri di scelta reggono su determinati presupposti da elencare “in chiaro” nel testo redazionale della determinazione a contrarre o dell’atto ad essa equivalente, al fine di assicurare la massima trasparenza, dando dettagliatamente conto del possesso da parte dell’operatore economico selezionato dei requisiti richiesti, della rispondenza di quanto offerto all’interesse pubblico che la stazione appaltante deve soddisfare, di eventuali caratteristiche migliorative offerte dall’affidatario, della congruità del prezzo in rapporto alla qualità della prestazione, nonché del rispetto del principio di rotazione [41].

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Il diritto di accesso agli atti amministrativi, delineato dalla Legge n. 241 del 1990, rappresenta un diritto riconosciuto all’interessato (singolo o portatore di interessi pubblici o diffusi) di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi, detenuti da un soggetto che esercita una funzione pubblica, con lo scopo di garantire da una parte, la tutela di una situazione giuridica rilevante (in grado di incidere i propri interessi), dall’altra garantire la partecipazione all’azione amministrativa, assicurando (così facendo) l’imparzialità e la trasparenza.

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Il diritto di accesso e la trasparenza

Il diritto di accesso e la trasparenza

Il diritto di accesso agli atti amministrativi, delineato dalla Legge n. 241 del 1990, rappresenta un diritto riconosciuto all’interessato (singolo o portatore di interessi pubblici o diffusi) di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi, detenuti da un soggetto che esercita una funzione pubblica, con lo scopo di garantire da una parte, la tutela di una situazione giuridica rilevante (in grado di incidere i propri interessi), dall’altra garantire la partecipazione all’azione amministrativa, assicurando (così facendo) l’imparzialità e la trasparenza.

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