«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

Le sez. Unite Civ. della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33365 del 24 dicembre 2018, acclarano – in via definitiva – la colpa grave del Sindaco, del capoluogo di una Regione, per assunzione di personale privo di titoli necessari (12 persone, tra dirigenti e addetti stampa), pur in presenza di una militanza politica e riposta fiduciarietà (che, si presumeva, “fa curriculum”).

Viene, confermato, la c.d. sussistenza dell’elemento psicologico della colpa grave del Sindaco nell’attività svolta nella sua duplice veste di:

  1. proponente dei soggetti beneficiari degli incarichi;
  2. componente dell’organo politico collegiale che approvò le proposte.

L’intervento segue il ricorso avverso la sentenza n. 1391 del 22 dicembre 2016 della Corte Conti, sez. giurisdizionale Centrale di Appello, che disponeva condanne per varie fattispecie di danno erariale subito dal Comune, quali:

  1. illegittimi incarichi dirigenziali (6 persone), in mancanza dei presupposti normativi di cui all’art. 110 del D.Lgs. n. 267/2000 (c.d. TUEL), in relazione al necessario possesso delle specifiche competenze professionali da individuare, ex art. 19, comma 6, del D.Lgs. n. 165 del 2001, sottolineando l’irrilevanza al riguardo delle esperienze politiche;
  2. assunzioni addetti all’Ufficio Stampa (6 persone), carenti di presupposti stabiliti dalla Legge n. 150 del 2000 e dal regolamento attuativo d.P.R. 21 settembre 2001, n. 422.

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Colpa grave del Sindaco che nomina dirigenti e addetti stampa senza titoli

Colpa grave del Sindaco che nomina dirigenti e addetti stampa senza titoli

Le sez. Unite Civ. della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33365 del 24 dicembre 2018, acclarano – in via definitiva – la colpa grave del Sindaco, del capoluogo di una Regione, per assunzione di personale privo di titoli necessari (12 persone, tra dirigenti e addetti stampa), pur in presenza di una militanza politica e riposta fiduciarietà (che, si presumeva, “fa curriculum”).

Viene, confermato, la c.d. sussistenza dell’elemento psicologico della colpa grave del Sindaco nell’attività svolta nella sua duplice veste di:

  1. proponente dei soggetti beneficiari degli incarichi;
  2. componente dell’organo politico collegiale che approvò le proposte.

L’intervento segue il ricorso avverso la sentenza n. 1391 del 22 dicembre 2016 della Corte Conti, sez. giurisdizionale Centrale di Appello, che disponeva condanne per varie fattispecie di danno erariale subito dal Comune, quali:

  1. illegittimi incarichi dirigenziali (6 persone), in mancanza dei presupposti normativi di cui all’art. 110 del D.Lgs. n. 267/2000 (c.d. TUEL), in relazione al necessario possesso delle specifiche competenze professionali da individuare, ex art. 19, comma 6, del D.Lgs. n. 165 del 2001, sottolineando l’irrilevanza al riguardo delle esperienze politiche;
  2. assunzioni addetti all’Ufficio Stampa (6 persone), carenti di presupposti stabiliti dalla Legge n. 150 del 2000 e dal regolamento attuativo d.P.R. 21 settembre 2001, n. 422.

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Riforma del pubblico impiego

Dalla legge delega in materia di “riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche” (legge 7 agosto 2015, n. 124, c.d. “riforma Madia”) sono stati partoriti due decreti legislativi, uno di riforma del pubblico impiego, con il decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75 (incidendo sul d.lgs. n. 165/2001, c.d. TUPI), l’altro di riforma delle valutazioni della performance dei dipendenti pubblici, con il decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 74 (incidendo sul d.lgs. n. 150/2009, c.d. “riforma Brunetta”), con l’intento di riformare il pubblico impiego, semplificare le norme, valorizzare la dirigenza e il merito, consentire il licenziamento dei soggetti inadeguati, premiare il risultato, garantire la partecipazione del cittadino ai processi di valutazione.

Ovviamente, per rispettare il pareggio finanziario e il principio contabile (ex art. 97 Cost. “Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico”) tutta la “riforma per pubblico impiego” avviene ad invarianza di spesa, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, che già di per sé è una disposizione che si pone al di fuori di ogni logica di riforma, essendo noto che le riforme a costo zero non possono esistere per evidenti motivi strutturali, necessitando di investimenti in risorse economiche, tecnologiche, umane, fosse solo per garantire un minimo di formazione al personale dipendente.

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La (non) riforma del pubblico impiego

La (non) riforma del pubblico impiego

Riforma del pubblico impiego

Dalla legge delega in materia di “riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche” (legge 7 agosto 2015, n. 124, c.d. “riforma Madia”) sono stati partoriti due decreti legislativi, uno di riforma del pubblico impiego, con il decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75 (incidendo sul d.lgs. n. 165/2001, c.d. TUPI), l’altro di riforma delle valutazioni della performance dei dipendenti pubblici, con il decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 74 (incidendo sul d.lgs. n. 150/2009, c.d. “riforma Brunetta”), con l’intento di riformare il pubblico impiego, semplificare le norme, valorizzare la dirigenza e il merito, consentire il licenziamento dei soggetti inadeguati, premiare il risultato, garantire la partecipazione del cittadino ai processi di valutazione.

Ovviamente, per rispettare il pareggio finanziario e il principio contabile (ex art. 97 Cost. “Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico”) tutta la “riforma per pubblico impiego” avviene ad invarianza di spesa, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, che già di per sé è una disposizione che si pone al di fuori di ogni logica di riforma, essendo noto che le riforme a costo zero non possono esistere per evidenti motivi strutturali, necessitando di investimenti in risorse economiche, tecnologiche, umane, fosse solo per garantire un minimo di formazione al personale dipendente.

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Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana (C.G.A., sez. giurisdizionale), con la sentenza n. 163 del 16 giugno 2016, chiarisce la distinzione tra “fiducia” e “competenza”, tra nomina “tecnica” e nomina “politica”, riconfermando che il “buon andamento” della P.A. (precipitato diretto dell’art. 97 Cost.) mal si concilia con la revoca (ritiro designazione) ad personam, compromettendo insanabilmente la stabilità e la certezza dei rapporti giuridici.

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La nuova dirigenza a chiamata

La nuova dirigenza a chiamata

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana (C.G.A., sez. giurisdizionale), con la sentenza n. 163 del 16 giugno 2016, chiarisce la distinzione tra “fiducia” e “competenza”, tra nomina “tecnica” e nomina “politica”, riconfermando che il “buon andamento” della P.A. (precipitato diretto dell’art. 97 Cost.) mal si concilia con la revoca (ritiro designazione) ad personam, compromettendo insanabilmente la stabilità e la certezza dei rapporti giuridici.

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